Il numero di vittime in quest’angolo di Thailandia meridionale lacerata da conflitti si muove inesorabilmente verso l’alto. Sei anni di attacchi degli insorti e di battaglie con l’esercito thailandese hanno lasciato sul tappeto 4400 morti, una cifra destinata a salire, immergendo questa regione, fatta di risaie e piantaggioni di caucciù, in una paura sempre costante.
E’ uno dei conflitti più difficili in Asia, ma l’identità dei suoi artefici e dei fini ultimi rimane così vaga che la dura violenza è talvolta meglio espressa con la poesia.
Sento piangere la pace
e le grida risuonare
per le diverse strade
attorno alle torre dell’orologio delle città
sui tavoli da pranzo, nelle sale da tè
Sono i versi di Zakariya Amataya, un poeta musulmano di trentacinque anni, cresciuto in uno dei distretti ora distrutti dalla violenza, a causa di un risentimento a lungo covato per la lingua, la religione e il nazionalismo.
I rivoltosi sono musulmani Malay, dal punto di vista etnico, e le unità dell’esercito Thai inviate qui per combatterli sono in gran parte buddisti. Zakariya, un poeta musulmano in terra buddista, si trova nel mezzo.
Il mese prossimo, Zakariya riceverà formalmente il premio più importante della regione che renderà onore al suo primo libro di poesia. Il premio, Southeast Asian Writers Award, è un successo inusuale per il figlio di contadini analfabeti.
E’ anche da notare che la lingua della sua poesia, il Thai, non è la sua lingua madre. E’ cresciuto parlando un dialetto Malay parlato dalla maggioranza della gente che vive nelle tre province più meridionali della Thailandia, lungo i confini con la Malesia. Queste differenze etniche e linguistiche, unito al sentire tra i Malay il dominio culturale dei Thai, sono ciò che alimenta il fuoco dell’insorgenza.
Zakariya ha passato la maggior parte della sua gioventù a Bangkok, molti dei suoi poemi non hanno alcun legame con la violenza. Ma nel suo lavoro più toccante ci sono i lamenti di quella che la sua terra bucolica della sua infanzia è diventata e i poemi sui conflitti nel mondo. Scrive di armate d’occupazione, inclusi due poemi sull’Iraq, uno vissuto attraverso gli occhi di un cecchino, un altro dal punto di vista di un bambino
Oh padre, ti prego spegni il fuoco che sta bruciando la nostra terra.
Padre, prendi tutti i secchi di acqua che abbiamo e versali
su quei semi di ciliegia che possano riprendere a vivere
dalle ceneri e dai resti delle città.
Le farfalle torneranno ancora a svolazzare per le nostre foreste
e se l’acqua non spegnerà le fiamme vigorose,
padre prendi le mie lacrime.
Agli inizi del mese, Zakariya è ritornato nella sua provincia, il primo ritorno a casa dopo aver vinto il premio. Nei due giorni di guida attraverso la regione conosciuta come il profondo meridione, ha incontrato altri scrittori e ha parlato con i comandanti dell’esercito thailandese che erano accampati nella sua vecchia scuola elementare.
Ha incontrato di nuovo anche la maestra che, per prima, lo introdusse alla lingua thailandese.. La violenza lo ha seguito: un’ora dopo che Zakariya ha pranzato con pollo al curry in un ristorante nella città di Naratiwat, un meccanico è ucciso da assassini qualche angolo più in là. Due ore dopo che ha attraversato in macchina una zona proibita, riconosciuta per la sua violenza costante, tre commercianti che consegnavano i polli sono stati sparati ed uccisi nel loro veicolo da lavoro.
Il conto giornaliero della violenza del profondo sud è così amaro che ogni nuova decollazione, esplosione e sparatoria da auto in corsa si perde sempre più nei fondo-pagina dei giornali thailandesi. La minoranza Malay per secoli ha sfidato il controllo di Bangkok dell’area, ma gli esperti non riescono a spiegare perché negli anni recenti gli attacchi siano aumentati così drammaticamente. Diversamente dagli altri movimenti di ribellione nel mondo, gli insorti hanno raramente rivendicato i loro attacchi.
L’opera di Zakariya tira fuori il nazionalismo del conflitto e dà la giusta umanità al terrore e alle vittime sconosciute.Cerca col suo lavoro di andare oltre la questione dell’identità e dice: «Con la mente ed i pensieri posso decidere chi voglio essere. Voglio dar valore all’uomo più che ai gruppi etnici o ai nazionalismi»
Il presidente della giuria che gli ha consegnato il premio ha detto che etnicità e politica non comparivano.
«Non sapevamo chi fosse o da dove venisse» dice Adul Chantarasak, presidente della giuria di sette membri, che ha definito i poemi di Zakariya «potenti ed intensi». L’annuncio ufficiale descriveva la sua opera come «senza frontiere».
«Viaggia nel tempo e nello spazio. E’ una provocazione per il pensiero e incoraggia la nostra immaginazione a pensare e ripensare.»
Il titolo del libro di Zakariya «No women in Poetry» prende il nome da uno dei suoi poemi. Scrive in versi liberi, appropriati, forse, dal momento che il profondo sud sembra essere un posto senza regole.
La decisione di premiare Zakariya segna la prima volta in 32 anni di storia del Premio in cui la giuria Thailandese è stata unanime.
Sto viaggiando nella poesia
Poesia sta viaggiando in me
ci dirigiamo nella stessa destinazione
I ricordi di infanzia di Zakariya sono di gran lunga pacifici: piantagioni di caucciù e scalate di montagna per afferrare un angolo di mare e per cacciare gli uccelli. Bacho, il distretto dove è cresciuto, è ora considerato la zona tra le più pericolose del sud.
A settembre, un abitante buddista di ottantanni a Bacho, la moglie di settantasei e altri due componenti della famiglia erano stati uccisi a breve distanza da un gruppo di uomini con armi d’assalto. La loro casa incendiata. Gli omicidi facevano parte di un disegno di un apparente pulizia etnica; gli abitanti del villaggio erano tra gli ultimi buddisti della zona.
Tuttavia i musulmani qui sono le vittime più frequenti, specialmente insegnanti, soldati, ufficiali del governo e chiunque sia associato con lo stato thailandese.
«La paura qui è ovunque» dice Terdsak Thawornsut, il dirigente di una scuola pubblica a Naratiwat dove marito e moglie, entrambi isnegnanti, sono stati uccisi a settembre.
«Non sappiamo dove o quando qulacosa succederà». Questa è la Thailandia che i turisti non vedono.
Zakariya ha speso molto dei suoi due gironi di viaggio girando per le scuole. Ha parlato ad un gruppo di una ventina di insegnanti di lingua Thai nella scuola di Terdsak Thawornsut invitandoli a spronare i loro alunni ascrivere. Si è offerto di partecipare ad un workshop di scrittura.
Ha fatto una visita alla sua vecchia scuola elementare, una costruzione in legno sul ciglio di una strada principale. Gli studenti erano in vacanza, ma il cortile era pieno di soldati di ritorno da un giro di tre giorni nella giungla a caccia degli insorti.
I soldati, con la divisa ordinaria e i loro fucili M16 sulle spalle, avevano quello sguardo vitreo di chi non ha dormito per varie notti. Stazionavano tra i murali variopinti disegnati dai maestri per insegnare l’alfabeto ai bambini.
Zakariya ha allungato la mano verso la sua borsa e tira fuori una copia del libro, firmandola per loro.
Mentre girava per la scuola ha notato su una lavagna di avvisi il nome del suo primo insegnate, la donna che gli aveva insegnato a parlare e leggere Thai.
Alcuni del posto gli hanno indicato la via della casa, una modesta costruzione in cemento larga appena quanto un garage per una macchina.
Era la prima volta dopo trentanni che aveva visto la sua maestra Tantima Saeaui. Una buddista dalla pelle chiara e dai modi gentili, Tantima diceva di aver riconosciuto immediatamente Zakariya, dalla sua pelle color cioccolato, il pizzo e i capelli che scendevano sulle spalle.Aveva saputo dagli altri insegnanti del premio.
«Sono così contenta di vedere che il mio studente ha avuto successo. Eri bravo e comprendevi subito.»
Zakariya, il poeta musulmano, lodanla pazienza della maestra. «Era molto duro insegnare a noi. Non parlavamo una parola di Thai quando iniziammo la scuola.»
Nell’accommiatarsi, il poeta musulmano si è girato verso la donna buddista che gli ha insegnato quello che sono ora gli strumenti del suo lavoro: «Sono venuto qui per dirle Grazie, maestra»
THOMAS FULLER NYT