Il gruppo di Facebook Royalists Marketplace è stato bloccato in Thailandia dopo un’ingiunzione del governo che ha minacciato un’azione legale contro la compagnia unitamente ad una denuncia dell’amministratore del gruppo, Pavin Chachavalpongpun, esule in Giappone per crimini informatici.
“Facebook ha accettato la richiesta del governo thai di bloccare un accesso al mio gruppo privato, chiamato Royalists Marketplace in Thailandia. Prima che fosse bloccato il 24 agosto, c’erano 1066096 membri facendone il gruppo più di successo in Thailandia” scrive su forsea.co lo studioso thai in esilio in Giappone, dove lavora nell’università di Kyoto, Pavin Chachavalpongpun.
Facebook nel frattempo ha detto a più fonti di stare valutando un’azione legale per rispondere alle pressioni del governo di Prayuth Chanocha per restringere l’accesso a Royalists Marketplace.
Il gruppo è stato immediatamente sostituito da un nuovo gruppo che in poche ore ha raccolto oltre 400 mila membri.
“Dopo un’attenta revisione Facebook ha determinato che siamo costretti a restringere l’accesso al contenuto che il Governo Thai ha deciso essere illegale. Richieste del genere sono gravi, vanno contro la legge internazionale dei diritti umani ed ha un effetto raggelante sulla capacità delle persone di esprimere. Lavoriamo a proteggere e difendere i diritti di tutti gli utenti internet e ci prepariamo a sfidare legalmente questa richiesta” ha detto un portavoce di Facebook che ha aggiunto: “eccessive azioni di governo come queste minano anche la nostra capacità di investire in modo affidabile in Thailandia tra cui mantenere un ufficio, salvaguardare i nostri impiegati e sostenere direttamente quelle imprese che si affidano a Facebook”.
Se questa dichiarazione di Facebook appare come una sfida al governo, restano i dubbi su Facebook che altrove ha atteggiamenti ambigui.
Scrive techcrunch.com
Facebook è sotto indagine in India, il suo mercato maggiore per numero di utenti, dopo che WSJ denunciò che Ankhi Das, dirigente della compagnia in India, si era opposto all’applicazione delle regole contro i discorsi d’odio contro un membro del partito del premier indiano Narendra Modi.
La cosa diventa ancora più imbarazzante per Facebook in relazione alla richiesta del Gambia di consegnare al tribunale internazionale del ICJ tutta la documentazione che attesta la campagna di odio lanciata dai generali birmani contro i Rohingya che poi sfociò in quello che l’ONU definì un tentato genocidio.
La compagnia a tutt’oggi, sfruttando una legislazione USA, è restia a dare il materiale perché il Gambia avrebbe così un accesso a grandi quantità di dati. Poiché il Gambia ha chiesto l’accesso a 17 utenti Facebook, è chiaro che così Facebook protegge i grandi generali Birmani da possibili incriminazioni di genocidio.
Forse di fronte all’ondata di proteste e di lotte in quasi tutte le scuole del regno e agli arresti ripetuti di militanti, giovani e studenti, Facebook si vuol rifare la faccia e la verginità.
La legislazione thailandese sul crimine informatico fu riscritta dalla giunta militare nel 2016 e dà vasti poteri al governo per controllare e reprimere i contenuti ritenuti illegali, in primo luogo tutto ciò che parla della famiglia reale.
Si ricorda qui la condanna per lesa maestà inflitta a Pao Dao Din la cui colpa fu di aver condiviso insieme ad altre centinaia un articolo della BBC sulla figura di Re Vajiralongkorn.
“Il governo thai sta di nuovo abusando delle sue leggi ultralarghe e abusive dei diritti per costringere Facebook a censurare un contenuto che è protetto dal diritto umano di libera espressione. Si faccia attenzione che è la Thailandia che infrange la legge qui, la legge internazionale che protegge la libertà di espressione.” ha detto John Sifton di HRW.
Sul sito FORSEA Pavin dice che Royalists Marketplace fu creato il 16 aprile 2020 come “spazio di discussione genuina sulla monarchia, argomento percepito come tabù. Ha fatto la sua parte nel sostenere le proteste degli studenti e di sostenere le loro proposte di una riforma immediata della monarchia. Sono stati notati i manifesti del gruppo in quasi tutti i punti delle proteste nel paese”
Così il gruppo è diventato immediatamente obiettivo delle autorità thailandesi e di gruppi di vigilantes e ultramonarchici che hanno ultimamente consegnato una richiesta all’ambasciata giapponese a Bangkok per chiedere l’espulsione di Pavin.
Poi il ministero dell’Economia e società digitale ha deciso di denunciare il professore dell’Università di Kyoto per aver creato questa piattaforma di discussione della monarchia.
Traduciamo direttamente da FORSEA
“Questo atto è giunto dopo che Facebook non aveva risposto alla richiesta del governo di chiudere il gruppo. Ma il governo thai ha fatto un altro passo facendo un’azione legale contro Facebook, dando 15 giorni per adeguarsi con le istanze del tribunale oppure rischiare l’accusa secondo la legge del crimine informatico che comporta pene pecuniarie di 6,367.40 dollari ed altri 159 dollari al giorno fino all’adeguamento all’ordine.
Ho ricevuto una telefonata da un rappresentante di Facebook a Singapore che mi informava della decisione della compagnia, dicendo che era una decisione che non si poteva evitare ma rifiutando di ammettere se questo atto aiuterebbe una norma thailandese sulla censura. Alle 11 di sera del 24 agosto 2020 l’accesso è stato bloccato permanentemente in Thailandia.
Facebook mi ha inviato una email in cui mi informava che “l’accesso a questo gruppo è stato ristretto in Thailandia in seguito ad una richiesta legale del Ministero della Economia e società Digitale.”
L’azione del governo è un risultato delle proteste giornaliere degli studenti e dei manifestanti antigovernativi che hanno chiesto riforme della monarchia. Mentre è vero che la questione della monarchia fu discussa in passato, tuttavia l’attuale è la prima del genere nel presentare la proposta in un modo molto formale, inteso da essere ulteriormente discusso all’interno del parlamento.
Royalists Marketplace è parte del processo di democratizzazione. E’ uno spazio per la libertà di espressione. L’azione del governo è la forma più cruda di censura dell’informazione. Reprime la libertà di espressione a cui noi tutti abbiamo diritto.
Facendo così Facebook coopera col regime autoritario per ostruire la democrazia e coltivare l’autoritarismo in Thailandia.
Non è questa la prima volta che Facebook abbia cooperato con regimi non democratici in Thailandia. Ha accettato le richieste in passato togliendo vari contenuti legati alla monarchia. Nel frattempo il governo continua a reprimere gli elementi critici online contro la monarchia.
Global Voices Advocacy denunciava dieci anni fa che il ministro dell’informazione insieme al CRES ammisero di aver bloccato almeno 50 mila siti e se ne aggiungevano altri 500 al giorno.
Dal maggio 2010 si stima che la Thailandia possa bloccare 113mila siti. Nel giugno 2010 il governo approvò la creazione di un Ufficio di Prevenzione ed eradicazione del Crimine Informatico BPECC allo scopo di proteggere la monarchia. Questo ufficio si aggiunge al Ministero dell’informazione, al CRES, alla Polizia Reale Thailandese e alla nuova stanza da guerra dell’esercito e al ministero della cultura.
La situazione è peggiorata dopo il golpe del 2014 quando la giunta golpista NCPO chiuse altre migliaia di siti che minacciavano la sicurezza nazionale e la monarchia. Il blocco fu condotto sotto la legge marziale. Ora in prima linea nella battaglia sull’informazione nel cyberspazio opera il Ministero della Economia e società Digitale.
Dopo aver appreso la decisione di Facebook mi sono adoperato per creare un nuovo gruppo col nome Royalists Marketplace-Talad Luang che nel volgere di una notte è cresciuto di oltre 400 mila utenti.
Quello che il governo non riesce a comprendere è che il gruppo è riemerso come un simbolo di libertà di espressione in un paese dove discutere della monarchia è stata sempre tenuta nell’armadio.
La nuova generazione thai ha fame di una discussione aperta di questo argomento tabù e quindi vedono il blocco di un accesso a questo gruppo come una minaccia al proprio futuro.
Pavin Chachavalpongpun