Ci sono ancora speranze che il militante democratico Wanchalearm Satsaksit sia ancora vivo, da qualche parte tra Cambogia e Thailandia, dopo la sua scomparsa forzata, avvenuta il 4 di giugno davanti ad un ristorantino di strada vicino casa sua a Phnom Penh, che si aggiunge a quella di altri 8 militanti democratici fatti sparire tra Laos e Vietnam, alcuni corpi dei quali sono poi riapparsi galleggiare nel Mekong?
Mentre governo thai e governo cambogiano si scaricano le responsabilità a vicenda su questo ennesima scomparsa forzata, si raccolgono testimonianze di solidarietà anche da personaggi dello spettacolo come Maria Poonlertlarp, ex Miss Universo che sul proprio profilo Instagram ha scritto:
“Sto dalla parte di quei thailandesi che sostengono che quello che accade è sbagliato e che vogliamo delle risposte”.
“Non ci sono sviluppi” ha detto Rangsiman Rome, politico di opposizione del Comitato parlamentare su Legge, Giustizia e Diritti Umani. “La polizia non ha interrogato alcun testimone né fatto indagini sul caso”
Quando Wanchalerm, che è chiamato anche Tar, fu fatto scomparire, era al telefono con la sorella Sitasan mentre comprava da mangiare.
La sorella poi sentì rumori provenire dal telefono del fratello.
“Sentii un colpo forte. All’inizio credetti fosse un incidente di auto mentre gridava ‘Non riesco a respirare, Non riesco a respirare’” ha detto la sorella alla BBC che sentiva il fratello chiedere aiuto in Khmer.
Poi Sitanan venti minuti dopo viene a sapere da un amico che ha fatto qualche domanda in giro che Tar è stato rapito. “Mantieniti calma sorella, Tar è stato rapito”.
Da un altro resoconto su NYT, si viene a sapere da fonte anonima che l’utilitaria usata per il rapimento era stata vista nei giorni precedenti davanti al negozietto vicino casa di Wanchalearm.
A parlare di scomparsa forzata è Jeremy Laurence dell’agenzia dei diritti umani ONU da Ginevra:
“Abbiamo paure fondate per la sua salute e siamo preoccupati che il suo rapimento forzato a Phnom Penh del 4 giugno 2020 possa ora essere una scomparsa forzata. (NYT )
Wanchalearm Satsaksit viveva in Cambogia da esule dal 2014 dopo che era stato convocato ad una degli incontri di “modifica delle attitudini” da parte dei militari per la sua militanza nelle magliette rosse del UDD.
In precedenza la sua militanza era molto legata ai diritti di genere e della comunità LGBT per poi evolvere verso il movimento democratico come dice alla BBC Sunai Phasuk di HRW Thailandia che lo ha conosciuto.
Il golpe del 2014, giunto dopo mesi di proteste di strada create ad arte contro il governo Yingluck, fu il momento in cui Wanchalerm si sentì esasperato per un altro affronto alla democrazia da parte dei militari che non persero tempo ad attaccare con la modifica di attitudini i militanti ed i giornalisti democratici.
Sunai Phasuk dice che, dopo un’apparizione in TV, Tar fu convocato dai militari ma non si presentò. Fu costretto a scappare in Cambogia per ricominciare una nuova vita, senza però abbandonare il suo impegno per la democrazia in Thailandia attraverso i media sociali e le sue critiche argute alla politica del governo di Prayuth Chanocha che fu anche l’autore del golpe del 2014.
“Lui si vede come una persona che fa satira, un attore di commedie che fa politica” dice Sunai Phasuk alla BBC. “Si prendeva gioco di continuo della giunta militare, del generale Prayuth, che al tempo era il capo del gruppo del golpe, e si prendeva gioco degli altri generali. Denunciava quello che considerava gli errori madornali della giunta col suo dialetto del nordest thailandese. La maggioranza della popolazione di quell’area è povera e lui viene da quella regione. Lo faceva per mostrare che un cittadino può farsi scherno di chi è al potere. Sembrava un modo giusto per prendersela con gli oppressori”.
La Thailandia si è dotata di molte leggi per colpire il dissenso come la lesa maestà oppure la legge del crimine informatico, o la sedizione. E le ha usate contro Wanchalearm contro cui ha spiccato un mandato di arresto per i crimini informatici.
Come tante storie hanno dimostrato da tempo immemore in Thailandia, sono atti che si pagano caro ed un metodo di pagamento è la scomparsa forzata che priva anche i familiari del diritto a riavere notizie ed il corpo della persona amata, che costringe la famiglia a considerare il proprio caro vivo perché non si hanno notizie della morte, anche se è morto. E un’assenza presente e presenza dell’assenza.
A parlare alla BBC di Wanchalearm è un altro esule noto in Thailandia, Jakrapob Penkair che fu portavoce del governo di Thaksin Shinawatra e che ora vive da qualche parte in esilio dopo aver ricevuto una soffiata che gli annunciava la sua prossima morte.
Jakrapob è rimasto scioccato dalla scomparsa del giovane militante e dalla sua possibile morte:
“Credo che il messaggio sia: uccidiamo questa gente, questi fuori casta che sono diversi da noi, devono morire per riportare la Thailandia alla normalità. Ma è un’interpretazione profondamente errata. La loro decisione di rapire ed uccidere Tar ed altri prima di lui, sta radicalizzando nel loro subconscio la gente. Piaccia o no, credo che la scomparsa e morte di Tar sia un punto di svolta”
Se questo drammatico evento possa essere il punto di svolta per la Thailandia, lo vedremo nel futuro, ma di certo crescono le proteste sui media sociali e la stessa monarchia comincia a non essere più un tabù, nonostante l’articolo 112 della lesa maestà che, comunque va detto, il re stesso nei giorni scorsi, ha invitato il governo Prayuth a non usare.
Un’altra figura nota dell’opposizione ai militari è Samyot Pruksakasemsuk che ha passato sette anni in carcere per lesa maestà e diffamazione per un articolo non suo, ma apparso su una sua rivista.
“Il rapimento non è per denaro, non è una questione privata. Non c’è bisogno di tenerlo vivo. L’obiettivo è di ucciderlo e creare un’atmosfera di paura in Thailandia ed in altri paesi dove ci sono thai attivi nel criticare la monarchia. Il governo sa molto bene di questo rapimento e scomparsa e posso insistere nel dire che è il governo dietro questa violazione”.
Questa nona scomparsa forzata ribadisce ancora una volta il legame stretto tra i regimi autoritari del ASEAN nel guardarsi le spalle l’un l’altro consolidatosi negli ultimi anni.
Dal periodo in cui ogni governo era indifferente verso le vicende interne degli altri stati, ASEAN sembra aver fatto il salto verso l’attiva protezione reciproca.
Secondo Brad Adams di HRW Cambogia e Laos hanno deciso di girare lo sguardo sulla scomparsa di questi nove militanti scomparsi e forse uccisi, mentre il governo thai fa una politica di quid pro quo verso i suoi vicini, rendendo Bangkok vietata a figure dell’opposizione cambogiana.
“Si può essere certi che ci saranno altri rifugiati sul tagliere se i governi occidentali non si impegneranno a richiedere delle risposte a questi tre governi” ha detto Brad Adams.
Mentre anche Sunai Phasuk dice “un crimine così non può avvenire in piena luce e questo è un caso importante per la Cambogia”, la sorella di Tar ha poche speranze di rivedere vivo il fratello e si domanda se davvero Tar dovesse essere così severamente punito per le sue idee.
“Non ha rubato a nessuno, né ha stuprato nessuno. La pensa solo in modo differente. Si ha davvero bisogno di ucciderlo?”