Secondo i dati del ministero dell’ambiente thailandese, la giunta militare ha perseguito cittadini in oltre 28 mila casi di sconfinamento nella foresta del Parco nazionale di Pha Taem per una superficie di 128 mila ettari dal 2014 fino allo scorso anno.
I cittadini di Ubon Ratchatani si domandano comunque perché li si processa per coltivare una terra ricevuta in eredità dai loro genitori.
“Se perdessi la terra, vorrei morire. Non vorrei vivere più” ha detto Rit Chansuk di 50 anni con la voce che tradisce l’emozione mentre osserva il suo piccolo appezzamento dove cresce cassava e che sta per perdere.
Rit è uno dei tanti abitanti del villaggio accusati di essere sconfinati sul suolo del Parco Nazionale di Pha Taem ad Ubon Ratchathani. E’ nato nell’area montagnosa nota per le colline ed i graffiti sulla roccia sul Mekong molto tempo prima che l’area diventasse nel 1991 un parco nazionale.
“Coltiviamo questa terra sin dalla generazione dei nostri genitori prima che Pha Taem divenisse un parco nazionale” ci racconta Rit.
Nel 2014 la giunta militare del NCPO ordino che si reclamassero le aree forestate da chi ci viveva nella spinta ad aumentare la copertura a foresta del 40% o più di 4.35 milioni di ettari, Da allora fino a settembre dello scorso anno sono sotto processo tantissimi cittadini in oltre 28 mila casi processati per vivere sul suolo della foresta per una superficie di 128 mila ettari.
Per tutto il nordest varie comunità delle foresta resistono allo sfratto dai suoli che dicono essere loro da generazioni.
Rit è nato a Ta Mui nel distretto Khong Chiam di Ubon Ratchathani e dice di aver ereditato la terra in questione insieme ai due fratelli maggiore dai suoi parenti.
“Quest’area era fatta di fiumiciattoli e piene di rocce. Poiché non c’era molto suolo coltivavamo solo riso” ricorda Rit. “Poi iniziammo a spostare le pietre, creando un crinale con le rocce per raccogliere il terreno e da allora l’abbiamo trasformata nella terra coltivabile che vedete ora”
Nel 2015, i rappresentanti del parco nazionale di Pha Taem, in seguito alla politica di reclamo della foresta del governo, condussero un’indagine sulle proprietà dei suoli. Scoprirono che il suolo di Rit sconfinava nel parco e gli chiesero di firmare un documento che trasferiva la terra alle autorità, ma si rifiutò.
“Non mi sto appropriando di terra del parco. C’erano chiari confini tra la terra che coltivavamo e il parco nazionale” dice Rit. “Ma loro hanno esteso i confini verso la strada. Come possono attendersi che accettiamo di dare la terra? Dove coltiverò. La mia terra è qui.”
Rispettare la scadenza
Alla fine del 2018 Rit si ritrovò accusato di aver invaso la terra del parco nazionale di Pha Taem e fu denunciato alla polizia tre volte. La polizia deve ancora decidere se arrestarlo o meno e metterlo sotto accusa.
Lui si trova in una posizione diversa dagli altri che firmarono i documenti per paura di essere incriminati. Lui coltiva la terra nonostante l’incertezza sul quando la polizia lo costringerà ad abbandonare la terra.
“Se il governo ha una qualche simpatia per i poveri che si guadagnano da vivere onestamente, dovrebbero risolvere il problema per far coltivare ai contadini la propria terra” dice Rit. “Devono fissare confini chiari per poter far coesistere gli abitanti con la foresta”
Un villaggio con una storia
La storia del villaggio Ta Mui risale al 1858 prima che diventasse una comunità più grande e riconosciuta come un villaggio nel 1927 facente parte del subdistretto di Huay Yang per poi ricadere nel subdistretto di Huay Phai del distretto di Khong Chiam di Ubon Ratchatani. Il villaggio ha 120 case.
La foresta di Dong Phu Lon fu dichiarata riserva nel 1973 prima di diventare Parco Nazionale di Pha Taem nel 1991.
Sot Chansuk ricorda un periodo di circa 40 anni fa quando c’era la guerra nel vicino Laos. Per paura che la guerra sconfinasse al di là del Mekong, la famiglia si spostò dal villaggio di Ta Mui, vicino al fiume, verso la sicurezza delle montagne.
“Nel passato non c’erano molti ufficiali statali e la gente del posto aiutava a proteggere la foresta e riportavano alle autorità qualcosa che non andava” dice Sot.
Aggiunge che dopo la dichiarazione di Pha Taem come parco nazionale, il capo del parco del momento condusse un censimento sulle proprietà della terra assicurando gli abitanti che la loro terra coltivata non avrebbe fatto parte del parco. Fu un accordo che no fu mai messo per iscritto.
“Smisi di coltivare nelle montagne per un po’ perché non volevo essere arrestato” dice l’anziano. “Allora venne uno a vedere la terra dove avrei costruito un recinto attorno alla mia area, ma non ne volle sapere”
Gli ufficiali del parco condussero un’altra indagine nel 2016 con i satelliti e chiesero agli abitanti con suolo di foresta di lasciare l’area.
Avendo poche nozioni di legge, Sot e altri abitanti firmarono il documento senza comprendere bene le conseguenze.
La terra di Sot è ancora recintata per impedire che mucche e bufali distruggano i suoi raccolti di mango, tamarindo ed alberi di anacardi che avevano piantato i suoi genitori e che sono ancora la principale fonte di reddito della famiglia.
Quei prodotti della terra non generano sufficienti entrate per la famiglia. Dopo il raccolto della stagione, Sot si dedica a pescare nel fiume Mekong che come dice Sot non è più lo stesso di prima.
Meno pesce nel fiume Mekong
Chula, fratello di Sot, lavora anche da pescatore a Ta Mui. Tutte le mattine accende il motore di una piccola barca e si dirige a controllare se le reti da pesca hanno qualcosa. Ma il più delle volte pesca solo rifiuti.
Chula dice che dieci anni fa, il livello dell’acqua nel Mekong era differente. La costruzione delle dighe cinesi a monte ha rovinato tutto nei livelli dell’acqua e ha distrutto i cicli di nutrimento e di allevamento del pesce.
Nel passato riusciva a guadagnare fino a 10 mila baht al mese con la pesca quando l’acqua del fiume era alta. Ma quasi più nessuno del villaggio va più a pesca.
“Negli anni scorsi potevi pescare pesce da vendere, ma questi giorni riusciamo a malapena a nutrirci noi” dice Chula mentre raccoglie le reti dall’acqua.
Uno studio del 2017 del UNESCO scoprì che la rottura del flusso dei sedimenti nel Basso Bacino del Mekong, specialmente durante la costruzione delle 11 dighe sul fiume, ha profondamente alterato le aree a valle in termini di sicurezza alimentare della pesca e dell’agricoltura.
“Si raccomanda con forza una collaborazione avanzata tra gli agenti principali a livello nazionale e regionale per un gestione sostenibile dei sedimenti” sosteneva l’UNESCO nel suo studio.
Senza pesce nel fiume, Chula ha iniziato a coltivare. Come per il fratello Rit, i rappresentanti del parco gli dissero che la terra apparteneva al Parco Nazionale di Pha Taem, ma Chula continua a dire che aveva quella terra prima che fosse dichiarato il parco nazionale.
“Non capisco perché la terra di mio fratello è nel parco ed è considerato un nuovo invasore nonostante la nostra famiglia la coltivasse sin dai nostri genitori” si domanda Chula.
Demolisci mezza casa
A meno di un chilometro ci sta il villaggio di Tha Long nello stesso distretto di Khong Chiam dove ci sono sei persone denunciate per appropriazione di terra.
Tra di loro c’è la famiglia di Kongpat Wonglakorn e del marito Lai Sirimat. Durante una delle indagini sulla terra gi ufficiali del parco dissero che era tutto a posto ma poi dissero che dovevano demolire metà della loro casa.
“Ci dissero di demolirla noi stessi. Se non lo facevamo lo avrebbero fatto loro col rischio di essere arrestati. Ci dissero che avremmo potuto pagare multe e mandati in carcere” dice Kongpat.
I rappresentanti del parco portarono le immagini satellitari perché li vedessero e dissero a Kongpat che la sua casa si sovrapponeva per metà al parco nazionale di Pha Taem.
“Loro dissero che secondo le mappe, si curva proprio qui” dice con un dito che si muove sulla mappa. “Non capisco ma sono molto stressata. Come possono demolirla? Non ho altro posto per vivere. Non siamo ricchi imprenditori, ma gente povera”
Secondo un rapporto della stazione di polizia di Khong Chiam, Lai è accusato di appropriazione della terra secondo la legge del 1941, la legge dei parchi del 1961 e della riserva nazionale del 1964, perché parte della terra nel parco nazionale di Pha Taem si sovrappone alla riserva forestata di Dong Phu Lon a nord.
Nel frattempo, Nakarin Sutatto del parco nazionale di Pha Taem di Ubon Ratchathani dice che da quando è stata applicata la politica di reclamo della foresta nel 2015, si sono trovati 41 appezzamenti di terra che entrano nel parco nazionale. Sono state mostrate immagini satellitari come prova che la gente era entrata nel parco dopo il 2015 ed alcuni di loro dovevano ridare le terre.
“Sette residenti di Ta Mui e Tha Long si sono rifiutati di lasciare le terre” dice Nakarin. “Insistono nel dire di possedere la terra prima che l’area diventasse parco. Non so cosa fare perché c’è una prova di appropriazione.”
Nel novembre 2017, alcuni abitanti cercarono giustizia presso il Damrongdham Centre di Ubon. Il governatore del tempo istituì una commissione di accertamento dei fatti per indagare sui confini tra i tre villaggi colpiti, tra cui Tha Mui e Tha Long. L’inchiesta trovò che alcuni pezzi andavano al di là dei confini.
“Non vogliamo perseguire gli abitanti ma dobbiamo arrestare coloro che rifiutano di ridare la terra. Attendiamo la procura per decidere se incriminarli.” dice Nakarin.
I cittadini non devono subire
Il portavoce del ministero Sophon Thongdee ha detto in una intervista che il governo si era concentrato nel reclamare la terra dagli imprenditori, che hanno sfruttato la terra per scopi commerciali piuttosto che i cittadini dei villaggi. Dopo il reclamo della terra saranno piantati alberi.
“Abbiamo bisogno di trovare il modo di aiutare che ha vissuto sulla terra prima che fosse dichiarata foresta” ha detto Sophon. “Attendiamo al momento le linee guida per risolvere il problema in modo sostenibile, ma gli abitanti dei villaggi non sono l’obiettivo di questa politica”
Aggiunse che il ministero aveva ricevuto ordini dal primo ministro per adattare la politica e farla diventare “vicina alla gente”. Invitò la stampa a no definire la politica “reclamo della foresta” perché aveva un effetto psicologico e non dava l’idea di essere “vicino alla gente”
“Questa politica ha avuto successo e siamo riusciti a reclamare 128 mila ettari di terra forestata. Da ora in poi abbiamo bisogno di prevenire l’appropriazione di nuovo suolo” disse Sophon
Panumas Sanguanwong, The IsaanRecord