La gente di Singapore ama attraversare in macchina la frontiera settentrionale per la Malesia in cerca di quello che non possono avere nella loro città ricca: ristoranti e divertimenti economici, vasti spazi aperti. Ora possiamo aggiungere a questa lista anche un film vietato.
Lo scorso mese oltre 300 abitanti di Singapore si erano ritrovati in un hotel della città di Johor Bahru sull’ultimo brandello della penisola malese per guardare “A Singapore con Amore”, un film su un gruppo di persone esiliate, vietato a Singapore perché minerebbe la sicurezza nazionale. Gli organizzatori sopraffatti hanno messo altri schermi fatti di lenzuola.
Alla fine è apparsa la regista Tan Pin Pin per prendersi gli applausi e i sorrisi. Vestita di rosa con i capelli corti e gli occhiali, sembrava più un’impiegata di libreria che una minaccia alla sicurezza.
“E’ il film che ho fatto per tutti voi. Vorrei che lo guardaste tutti” ha detto.
Tan fa parte di una razza rara a Singapore, una documentarista indipendente in un paese conosciuto più per le sue banche, le industrie elettroniche e i casinò di lusso che per i suoi film. Sin dal suo primo film nel 1997, sulla riesumazione dei resti del suo bisnonno per fare posto ad una nuova costruzione. Tan si è guadagnata gli applausi in casa e all’estero per puntare la sua lente chi non è visto e per chi è stato tralasciato nella ricerca a rotta di collo del progresso economico.
“Pin è stata l’apice di una tendenza tra la più giovane generazione di cineasti ad usare il film per esaminare e forse interpretare il passato, motivata da un senso di perdita che deriva dalla velocità con cui Singapore si è evoluta” dice Kenneth Paul Tan della Nationa University of Singapore.
Questo senso di perdita non è solo per i quartieri scomparsi ma anche “le vite che furono deragliate e distrutte nello sviluppo di Singapore fino ad ora” dice Kenneth Tan che è anche il fondatore della Asian Film Archive.
Il divieto di A Singapore con Amore” emesso il 10 settembre viene in un momento in cui il governo ha rilassato un po’ la censura, mentre sta immettendo denaro nel campo delle arti per contrastare la reputazione della città stato di essere sterile culturalmente. Giunge anche in un periodo di riflessione nazionale in preparazione delle celebrazioni del 50° anniversario dell’indipendenza dall’impero inglese del prossimo anno.
La regista Tan è una dei tanti registi del cinema scelta per collaborare al film dell’anniversario da parte del governo.
“E’ considerata molto ragionevole, logica e considerata, quasi come un intellettuale pubblico” dice di lei Zhang Wenjie, direttore di un film festival. La regista che vive a Singapore è la più grande di tre sorelle in un quartiere della classe media. I suoi genitori sono architetti. A 19 anni è andata a Oxford per studiare legge. Nel suo primo anno ha letto per caso un libro di fotografia che includeva “The Americans” di Robert Frank e “Citizens of the Twentieth Century.” di August Sander.
Cominciò con la fotografia. “Fu come se avessi colto quello che volevo” ha detto in un’intervista telefonica. Ma da buona singaporeana “naturalmente finii i miei studi.”
Dopo la laurea viaggiò con la sua macchina fotografica per la Cina. Era il 1991 e la Cina si stava giusto aprendo. Una volta, in un villaggio remoto qualcuno guardò meravigliato il suo passaporto chiedendole se significava che avrebbe potuto viaggiare dovunque volesse. “Quella cosa mi scioccò”. Quell’uomo che le fece la domanda non poteva neanche uscire dal suo villaggio per andare in città.
Nel 1995 la sua famiglia ricevette un avviso dal governo che la tomba del suo bisnonno era una delle migliaia che sarebbe dovuta essere spostata per far posto a nuove costruzioni. Decise di filmare il processo che poi divenne “Moving House” nel 1997.
Una seconda versione di “Moving House” che presentava un’altra famiglia divenne parte della sua tesi dopo aver vinto una borsa di studio per studiare presso la Northwestern University a Chicago televisione e cinema.
Seguirono altri documentari. Il suo lavoro più conosciuto è forse “SingaporeGaGa”, un montaggio del 2005 di scene e suoni che presentava venditori di strada, ragazzi di scuola. Fu il primo documentario mostrato nei cinema di Singapore e nominato dal The Straits Times come il film migliore nel 2006.
Due anni fa Tan lesse “Escape from the Lion’s Paw,”, un libro di scritti degli esiliati di Singapore. Dopo aver incontrato uno di loro, fu così commossa che decise di concetransi sulle loro storie.
“A Singapore con amore” dura 70 minuti e presenta nove esiliati politici, nei loro sessantanni, che si descrivono. Vivono in Thailandia, Malesia e Inghilterra ed erano capi studenteschi, sindacalisti e comunisti che negli anni 60 70 scapparono perché temettero di essere detenuti secondo la legge di sicurezza di Singapore.
Parlano dei loro sentimenti per la loro patria e di come sopravvivono all’esilio. Ang Swee Chai, chirurgo a Londra e vedova di un esiliato dice che trovò una ragione di vita dando aiuto medico ai rifugiati palestinesi. Ho Juan Thai, ex capo studentesco, cucina spaghetti di riso alla Singapore in una cucina di Londra. Sentono ancora la lontananza.
In uno dei momenti più intensi, la moglie di Ho e i due figli volano da Londra a Singapore per celebrare il 95° compleanno della madre. Vola a Johor Bahru dove si siede nella sua stanza di albergo e osserva la festa dal vivo sul suo laptop.
“Avevo la sensazione che sarebbe stato un film difficile da rilasciare. Ma decisi di portarlo a termine. Sentivo che avrei dato ai singaporeani un senso di differenti movimenti che hanno formato o meno il paese.”
Tan ha ricevuto un finanziamento di 10 mila dllari dal Asia Cinema Fund del Busan International Film Festival e se l’è girato quasi tutto da sola. Ha confessato che il film è costato 100 mila dollari.
E’ stato proiettato per la prima volta ad ottobre scorso a Busan ed è stato nel circuito del festival conquistandole un premio come miglior regia per il dcoumentario a Subai. Andrà al festival di Teipei, Londra e Daramshala in India.
Il dieci settembre il governo di Singapore lo ha classificato come “vietato sotto tutte le categorie”. Questo significa che non potrà esser visto o distribuito a Singapore se non in proiezioni private.
“I contenuti del film minano la sicurezza nazionale poiché legittime azioni delle agenzie di sicurezza per la protezione della sicurezza nazionale e stabilità di Singapore sono presentate in modo distorto come atti che vittimizzano individui innocenti” dice MDA di Singapore.
Un giorno dopo 40 membri della comunità artistica e cinematografica di Singapore hanno emesso una dichiarazione che invitano il governo a rivedere il divieto. Tra loro il regista Anthony Chen il cui film “Ilo Ilo” ha vinto lo scorso anno il premio Camera d’Or a Cannes.
“Ogni giovane singaporeano della mia generazione, se non tutti i cittadini, ha bisogno di vedere questo film” scrive il regista in una email. “E’ un pezzo della nostra storia che non dovrebbe essere dimenticata”
Dopo pochi giorni vari singaporeani hanno affittato bus per vedere il film presso Freedom Film Festival a Johor Bahru. Gli organizzatori hanno triplicato i biglietti venduti.
“Senza il divieto avrebbe fatto bene sul circuito del festival. Con il divieto è stato fenomenale.” dice Tan della National University of Singapore.
,