Due cose ovviamente: l’ottantacinquesimo anniversario della Rivoluzione Siamese del 24 giugno 1932 e il sesto mese dall’arresto di Jatupat Pao Dao Din Boonpattararaksa, avvenuto il 22 dicembre 2016 per aver condiviso un articolo online.
Le due occasioni sembrano totalmente scollegate l’una rispetto all’altra.
La prima è una trasformazione storica che iniziò all’alba alla Royal Plaza, una scossa audace, monumentale, incasinata le cui implicazioni si devono ancora rivelare tutte dopo 85 anni.
La seconda è un caso esasperante di un giovane prigioniero politico che sta diventando il simbolo dell’oppressione e dell’ingiustizia.
Il primo è un fenomeno nazionale che cambiò per sempre il paese, l’altro un pezzo di una notizia che i grandi media neanche si degnano di considerare nei loro notiziari di punta, tanto dominati sempre da notizie porno criminali.
Ma i due ricordi di questo giugno tempestoso sono collegati, se non inseparabili, dalla nostra democrazia melanconica degli scorsi 85 anni.
Tra i tanti principi che l’allora Partito del Popolo desiderava installare nel loro Siam trasformato c’era l’idea di libertà e la libertà, uno dei sei pilastri che quei rivoluzionari misero giù per i cittadini.
Non c’è qualcosa di più stupefacente di quanto accaduto a Jatupat che serve come prova ultima di come le libertà non siano ancora garantite a tutti i thailandesi. E parliamo di una libertà molto semplice: la libertà di premere un pulsante per condividere.
La commemorazione del 24 giugno 1932 avverrà in un modo controllato, se pure ci sarà. Sono stati previsti pochi seminari universitari, e gli oratori si sentiranno un po’ innervositi se la polizia si presenterà a monitorare l’evento se non a interromperlo. Questo è ciò che la polizia fa questi giorni.
Il progetto conscio di diluire, o per dirla meglio cancellare e spazzare per non lasciare alcuna traccia, le influenze della rivoluzione del 1932 si è intensificato negli scorsi tre anni, giungendo fine alla rimozione recente della placca commemorativa alla Royal Plaza. Ad un seminario è stato anche “chiesto” di non discuter questo fatto. L’orgia della dimenticanza, il motore della amnesia di massa, l’arte oscura di cancellare la memoria: dubito davvero che la mia nipotina di sette anni nel giro di qualche anno imparerà qualcosa sull’evento del 1932 nei libri di storia.
Non dobbiamo osannare la gente del Partito del Popolo come eroi, ma è pura malizia e cattivo gusto definirli dei villani. Indipendentemente dai loro errori, le lotte intestine, le tendenze dittatoriali, i cicli di golpe e controgolpe, e la loro eventuale sconfitta da parte della destra negli anni 40, con Pridi Banomyong costretto ad andarsene in esilio a Pechino e poi a Parigi, il Partito del Popolo inaugurò la moderna Thailandia.
Ci fece conoscere la possibilità in un momento in cui tutto ciò che conoscevamo era l’impossibilità.
Pretendere che non sia mai esistito è il peggior crimine contro la storia, contro la nostra propria esistenza.
Perché i militari hanno paura di commemorarla questa data? Forse temono la possibilità che di per sé è antitetico al potere assoluto.
Possibilità ( e libero pensiero) è qualcosa che non si possono permettere di lasciarci avere, quando il loro obiettivo è disegnare il destino politico di questo paese per almeno venti anni, se non per sempre.
Vero, la libertà e la possibilità installate dagli ideali del 1932 ebbero i loro alti e bassi (per lo più bassi), recedendo e prosperando, di solito per poco. Ma non si può negare che gli ultimi tre anni sono stati i peggiori; secondo la BBC, dal 2014 il numero di casi di lesa maestà son più che raddoppiati di quelli indagati nei precedenti dodici anni.
Tra questi casi indagati c’è il caso di Jatupat, arrestato, a cui è stata negata la libertà condizionale in tante circostanze che hanno vessato tanti e arrabbiato altri.
Questo giovedì che ha segnato i sei mesi da quando è in carcere, un centinaio di persone si è radunato presso la BTS Skywalk per una serie di iniziative a suo sostegno. La polizia era lì ad osservare, per poi avvicinarsi e chiedere agli organizzatori di chiudere perché lo Skywalk della Ratchadamri era un luogo pubblico affollato.
A spandere il sale sulla ferita infetta, i soldati fecero “visita” ad una casa di Khon Kaen dove stavano tre amici di Jatupat. Uno dei poveri ragazzi si alzò seminudo. Chiese di vedere un mandato di perquisizione ma non ce n’era uno. Il soldato che guidava questa operazione a sorpresa non era altro che il colonnello Pitakpol Choosri. Due settimane prima era stato l’oggetto di titoli scandalosi quando chiese ai soldati di chiudere una viuzza su una strada trafficata per la sua processione nuziale. E naturalmente un portavoce dell’esercito si presentò a difendere la “visita” perché in linea con la legge.
Ecco tutto per la settimana del 24 giugno e per lo spirito della democrazia da 85 anni fa ad oggi.
Kong Rithdee , Bangkok Post.