La polizia non crede nella pista terroristica internazionale quanto piuttosto ad una pista interna per sabotare l’immagine della Thailandia e per creare caos dopo il referendum vinto.
Si indagano inoltre una serie di incendi a Nakhon Sri Thammarat per verificare se sono connessi alla serie di bombe.
Sono state attivate secondo la polizia una serie di punti di controllo a Bangkok ed una stanza di controllo globale nel caso ci fossero analoghe situazioni di pericolo.
La parola terrorismo è fuori legge sia per ciò che tale termine potrebbe comportare sull’arrivo di turisti, sia per l’eventuale occhio internazionale sterno negli affari Thai.
Una prima analisi la effettua la BBC con Jonathan Head che vive a Bangkok. Bisogna ricordare comunque che l’indagine sulle bombe al tempio di Erawan non riescono proprio a rassicurare nessuno.
Sul Time, Zachary Abuza tende ad escludere l’insorgenza meridionale malay musulmana.
“La sensazione iniziale è che non si tratti dell’insorgenza malay. Non è che non abbiano le capacità, ma è passato molto tempo dall’ultimo attacco coordinato in più città e in più province e poi non l’hanno mai fatto fuori del loro meridione”
“Sono tutte destinazioni turistiche. Qualcuno prova a fare danno all’economia thai che è il tallone di Achille della giunta”.
Chi si nasconde dietro le bombe in Thailandia?
Undici piccole bombe, fatte scoppiare in punti turistici popolari, in luoghi che si distendono attraverso il meridione thai. Chi porterebbe avanti un simile attacco e perché?
La polizia thai ha escluso qualunque legame col terrorismo internazionale. Hanno anche escluso la possibilità che è stata opera dei gruppi separatisti che lottano contro le forze thai nelle province più meridionali del regno da 12 anni.
I portavoce del governo hanno invece descritto questi attacchi come “sabotaggio nazionale” alludendo che i più probabili colpevoli sono coloro che hanno perso al referendum di domenica 7 agosto.
Quel voto ha approvato una nuova costituzione che rafforza l’influenza militare di lungo termine sulla politica thai, e fu opposto dal partito di Thaksin Shinawatra e dei sostenitori delle magliette rosse.
La chiara allusione dei militari dice che è quella la direzione in cui si dirigeranno le indagini.
Ma mentre ci furono piccoli gruppi armati alla periferia del movimento delle magliette rosse che portarono avanti attacchi sporadici nel trambusto che portò al golpe del maggio 2014, da allora non hanno compiuto più nulla e sono stati sempre sotto l’occhio vigile dei militari.
Attacchi così coordinati in una regione in cui le magliette rosse non hanno quasi presenza sembra essere al di là delle loro possibilità. Ma non lo si può escludere.
Per contrasto lo stile degli attacchi come bombe gemelle, che prendono chi si avvicina a vedere il primo scoppio, sono cose tipiche dell’insorgenza guidata in modo generale dal BRN nelle tre regioni di Pattani, Yala e Narathiwat del profondo meridione thailandese.
Lo sono anche gli attacchi incendiari di cui sentiamo ora. Persino il capo della polizia thailandese Chakthip Chaijinda ora ammette un possibile legame con l’insorgenza del profondo meridione.
Se questo dovesse essere il caso si tratterebbe din un cambio significativo delle operazioni del BRN.
L’insorgenza va avanti da 12 anni ed ha fatto oltre 6000 morti ma si è diffusa raramente al di fuori delle tre province malay musulmane, senza mai colpire i punti caldi del turismo thailandese.
E’ anche significativo che sia stata colpita Hua Hin, la città dove si ritira la famiglia rale thailandese, come è anche significativo che sia accaduto nel giorno di celebrazione del compleanno della Regina Sirikit che compie 84 anni.
Chiunque abbia compiuto questi attacchi ha voluto sicuramente inviare un messaggio scuotendo la fiducia pubblica nella capacità dei militari di mantenere la pace e l’ordine.
Jonathan Head, Corrispondente dal Sudestasiatico per la BBC