Questo è già avvenuto con i post pubblici, ed ora inizia ad aversi con i messaggi scambiati in privato tra persone. Nel caso preoccupante della madre di Ja New l’accusa di lesa maestà è dovuta al suo silenzio. Si potrebbe definirlo il silenzio assenso nella lesa maestà.
Significa che il regime militare di Prayuth ha forse ricevuto una collaborazione di Facebook.
Otto utenti di Facebook sono stati perciò arrestati per sedizione, mentre due di loro sono stati anche incriminati per lesa maestà.
Come scrive Pravit Rojanaphruk, questi arresti hanno gelato il sangue di chi, non potendo farlo nella vita reale a causa dei divieti e delle modifiche di attitudine della giunta, si oppone in modo forte al regime militare nei media sociali.
L’arresto ovviamente è avvenuto mediante un sequestro nelle case, senza alcun mandato di cattura.
“Molti utenti Thai di Facebook hanno cominciato ad avere paura e lo dicono apertamente. Alcuni hanno affermato che dovranno smettere di usare Facebook per paura che la loro Privacy e sicurezza siano violate. E’ il momento che Mark Zuckerburg faccia luce sulla questione. Allo stesso tempo è miope e controproducente abbandonare la piattaforma pubblica online del paese per paura del regime” scrive Pravit che fa anche notare come il 53% della popolazione thai sta ora su Facebook oppure su Twitter. Le stesse repressioni nei suoi confronti hanno fatto dare un’impennata al suo account in numero di persone che ora lo seguono. Riuscirà mai la giunta a controllare questa opposizione virtuale e reale allo stesso tempo mediante i suoi metodi di paura?
L’accusa di sedizione si basa sul presunto fatto che avrebbero ricevuto del denaro dal figlio di Thaksin Shinawatra, Panthongtae, per denigrare la giunta e il premier Prayuth. Avrebbero diffuso foto di ironia sulla giunta militare, e due di loro avrebbero violato anche la legge di lesa maestà. Ovviamente nessun giornale riporterà mai di cosa si tratta nello specifico quest’accusa per paura di ricevere la medesima denuncia.
Prayuth che sembra avere il dono innato dell’ironia, si domanda se la pratica usata finora di arrestare e poi rilasciare, arrestare e poi rilasciare non danneggi il sistema della giustizia sotto il suo regime.
Ovviamente non vede alcuna violazione dei diritti umani che sarebbero rispettati già fin troppo. Non vede inoltre che gli ordini della giunta emessi ultimamente siano di per sé la distruzione del sistema di giustizia.
Un altro esempio per tutti i democratici thailandesi proviene dall’incriminazione per lesa maestà di Patnaree Chankij, madre di noto militante democratico Ja New, Sirawith Seritiwat, che rischia ora 15 anni di carcere. Ad accusarla è la polizia del crimine informatico che non vuole svelare quale sia l’accusa contro Patnaree. La donna, in occasione di una manifestazione programmata a dicembre contro la corruzione del Parco di Rajabhakti creato ai militari, aveva ricevuto la visita dei militari che volevano dissuadere Sirawith dall’andare a quella manifestazione. Fu un’azione che la donna vide come intimidente e che la spinse a cambiare: “Ad essere franca non mi interessa la politica. Chiunque sarà primo ministro resterò sempre povera. Una perdita di tempo che preferisco usare per guadagnare da vivere.” disse a dicembre.
La novità in questa nuova accusa è che la donna non ha inviato alcun messaggio che fosse accusatorio o vessatorio contro la monarchia. Ne ha ricevuti ma non ha detto assolutamente nulla.
Avrebbe ricevuto un messaggio da un sospettato di lesa maestà senza però rimproverarlo, e quindi accettando quel sentimento. Di qui l’accusa di lesa maestà.
La polizia ha interpretato quel silenzio come essere d’accordo. Ognuno quindi rischierà di trovarsi in una posizione pericolosa: se non rispondi esaltando la monarchia, rischi anche tu di essere accusato di lesa maestà. Un’accusa alle intenzioni più recondite.
Arnon Nampha, che difende Patnaree, dice: “Per riassumere l’accusa: il fatto che qualcuno ti invii un messaggio che violerebbe l’articolo 112 e che tu lo legga, senza per questo rimproverarlo o fermarlo, significa che si è partecipi del reato. Si vuole seguire davvero questo percorso?”