Yong Vui Kong, 20 anni. Condannato a morte per droga a Singapore, per aver portato nella città stato 40 grammi di droga.
La legge prevede che il giudice non abbia alcuna discrezione nell’emettere la sentenza e che, soprattutto, non è l’accusa a dover provare il reato, ma è l’imputato stesso che deve provare di essere innocente oltre ogni ragionevole dubbio: una violazione palese del diritto ad un processo equo e giusto e del diritto di essere considerato innocente fino a che non sia stata provato il crimine.

Il 14 di maggio l’Alta Corte di Singapore ha rigettato la richiesta di incostituzionalità della legge sostenendo che la Costituzione di Singapore non esclude categoricamente una pena disumana. I giudici sostengono inoltre che una rilettura in tal senso della Costituzione non può essere opera dei giudici ma solo del Parlamento. Inoltre nel 1969 una clausa costituzionale in tal senso era stata già rigettata. Come si evince, è quindi questione di qualche settimana prima che la condanna a morte per impiccaggione di Yong Vui Kong. Di seguito, pubblichiamo una lettera inviata a Yong Vui Kong dall’autrice del blog “Lianain Films”
Caro Vui Kong,
ti ringrazio tantissimo per la tua lettera. Mi dispiace che mi ci sia voluto tanto tempo per risponderti.
Ho saputo che stai studiando tanto, che cerchi di imparare l’inglese, che poni domande al tuo avvocato su vari aspetti della legge per poter comprendere completamente il tuo caso. Perciò a metà dell’udienza di venerdí scorso dovresti aver già capito, come tutti noi fermi lì ad ascoltare, che i giudici non avrebbero emesso una sentenza in tuo favore. Non hanno ritenuto che la nostra Costituzione ci protegga da pene «inumane». Nè erano d’ accordo con il tuo avvocato che si dovrebbe accettare la legge consuetudinaria internazionale che rigetta la pena di morte obbligatoria. Continuavo a scuotere la testa, la mano, tremando nel mandare giù le parole del giudice capo.
A cosa stavi pensando in quel momento?
Sono passati tre giorni dal verdetto. Hai provato a farti una ragione della logica dei giudici durante il fine settimana? Oppure sei in pace ? Calmo come la tua famiglia sostiene che tu sia. Dicono che hai imparato a liberarti della paura e della rabbia.
Hanno solo ammirazione per te, i tuoi fratelli e sorelle. Spesso parlano della tua trasformazione, del modo di essere per tutti questi mesi oscuri e terribili. Dell’effetto che il buddismo ha avuto su di te. So che non dicono questo per accattivarsi la simpatia per la tua causa. Vedo che sono veramente stupefatti di quanto tu sia cambiato. In vari momenti mi hanno detto ognuno la stesa cosa: «E’ una persona totalmente differente.»
E’ stato davvero duro per i tuoi familiari. Yun Leong si è letteralmente rinsecchito nei sei mesi passati. Ha gli occhi cerchiati di occhiaie nere. E’ quasi sempre esausto. Eppure torna a a trovarti in ogni giorno libero della settimana. So che va avanti senza incertezze, e so che parlarti lo fa sentire meglio. E’ stato davvero una roccia, tuo fratello, dovendo affrontare le domande dei tuoi parenti, i media scoccianti, il dolore della famiglia …. provando a nascondere la verità a vostra madre.
Venerdí notte ho parlato con Vui Fung. Sembrava inconsolabile. Triste, sconcertata e impaurita. Se tu dovessi morire, lei dovrebbe venire a riportare le ceneri indietro a Sabah.
«E’ un’usanza familiare» mi diceva « Ma come faccio? E’ mio fratello, il mio amato fratello. Non voglio riportarlo a casa».
Non sapevo cosa dirle. Come potevo farla sentire meglio? Nessuna logica o discorso sulla Costituzione poteva mai giustificare ai suoi occhi il verdetto della corte. Era tutto un discorso legale senza senso. Tutto quello che sapeva era che i giudici avevano sostenuto che era giusto che lo stato ti assassinasse. TU, il loro amato fratello.
Ed allora mi ha sorpreso. Proprio prima di chiudere, mi disse che avrebbe provato ad essere forte, che in fin dei conti tutti sono responsabili di fronte a dio. Tu per quello che hai fatto, la gente che ha sanzionato il tuo assassinio per i propri misfatti. Non credo in dio, ma forse qualcuno dei giudici crede. Che cosa risponderanno?
Nella tua lettera mi ringraziavi e con me tutti quelli che si sono radunati attorno alla tua famiglia per il loro appoggio incondizionato. Non posso parlare per gli altri, ma per quanto mi piaccia essere considerata disinteressata, devo ammettere che ero stata attirata verso il tuo caso per ragioni personali. Non ho figli. Ma ho un nipotino ed una nipotina che amo profondamente. E non voglio che crescano in un luogo dove le punizioni disumane sono considerate costituzionali , dove i portatori di droga sono impiccati e ai signori della droga si distende il tappeto rosso.
Dopo tutto, non riesco a sopportare l’idea di avere le mie mani sporche del tuo sangue. A cosa ci serve la tua morte?
Vui Kong, seguire il tuo caso è stata la cosa piú dura e dolorosa che molti di noi abbiano mai fatto. Siamo tutti distrutti. Esausti. Non riesco ad immaginare come si possano sentire Yun Leong e Vui Fung. Oggi, qualcuno mi ha chiesto se non sarebbe stato meglio convincere la tua famiglia ad arrendersi dicembre scorso. A lasciare che lo stato ti impiccasse risparmiando ai tuoi cari l’agonia dell’attesa e della speranza.
Credo che quella persona non sia riuscita a comprendere la profondità dell’amore dei tuoi familiari per te. L’attesa è dura, l’incertezza esasperante. Ma so che si afferreranno a qualunque speranza possano trovare. So quanto amino ogni momento in più che passano con te. Yun Leong me lo diceva venerdì. Potresti essere un umile spacciatore, un mero numero per chi ti vuole morto e poter dare sostanza ad un punto di vista. Ma tu sei anche l’amato fratello di Vui Fung, l’ispirazione di Yun Leong, il figlio prediletto di tua madre. E loro vogliono tutti che tu viva. Il loro dolore deve essere insopportabile. Lo stato vuole ucciderti. E lo possono fare davvero poco.
La tua vita è nelle mani del nostro Presidente. Non è noto per la sua compassione, non ha mai accordato la clemenza a qualcuno. Ma noi continuiamo a restare attaccati a questa speranza. Forse si ricorderà di avere un cuore e ci sorprenderà tutti.
A dicembre, quando si aveva la sensazione che tutto fosse perso, Vui Fung andò a comprarti degli abiti nuovi, una bella maglietta bianca, qualche pantalone alla moda. Fece tutto il possibile per scegliere qualcosa che pensava ti sarebbe piaciuta. Dovevano servire per la foto di stato prima dell’esecuzione, e dopo per i tuo funerale. Ce li mostrò quando giunse in marzo per l’udienza di marzo. Era un po’ surreale vederla distendere con cura i vestiti.
«Vogliamo che VUi Kong abbia il meglio» spiegò Yun Leoung . E poi mi disse questo con una faccia che non dimenticherò mai:
«Ma spero che non dovrà mai userli. Mai»
Anche noi lo speriamo davvero.
Lynn