Il sistema giudiziario thailandese dà prova di andare a corrente alterna con sentenze positive da un lato ed altre che rappresentano la salvaguardia del potere costituito.
Mentre la corte suprema thailandese dopo otto lunghi anni libera il militante dei diritti dei migranti e del lavoro Andy Hall dalle tante accuse di diffamazione intentate contro di lui dalla compagnia di ananas thailandese Natural Fruit, la stessa corte invece ritiene che un ministro condannato da un tribunale australiano per traffico di droga negli anni 90 possa continuare ad esercitare la propria funzione.
Cominciamo dalla seconda sentenza che sostiene che il ministro dell’agricoltura Thammanat Prompao, membro del partito dei militari del Palang Pracharat, può essere ministro.
“Sebbene l’informazione fattuale ci abbia convinti che l’accusato era stato condannato dal tribunale del Nuovo Galles del Sud prima di diventare membro del parlamento, quelle non erano sentenze di corti thailandesi. La costituzione non proibisce all’accusato di diventare membro del parlamento o di fare il ministro” ha detto uno dei nove giudici della corte costituzionale Nappadon Theppitak.
“Secondo il principio di sovranità e le leggi internazionali, la sentenza di alcuni stati sono effettivi in quello stato … Secondo il principio di integrità la costituzione riconosce solo le sentenze dei tribunali thailandesi, mentre le sentenze degli altri paesi non sono vincolanti se non esiste un trattato in merito”
La corte suprema ha detto che il ministro aveva ammesso la condanna ma che né il parlamento né il ministro degli esteri erano riusciti ad avere copie autenticate delle sentenze, come dire protezione completa.
Il caso era nato nel 2019 quando un articolo del Sydney Morning Herald, pochi giorni dopo la sua nomina a ministro, rivelò che Thammanat Prampao era stato condannato per possesso di eroina per una cifra di quasi 4 milioni di euro.
Di contro Thanathorn Juangroongruangkit, fondatore del partito di opposizione ora dissolto Future Forward, fu rimosso dal parlamento e vide il suo partito disciolto per un prestito che lui fece al proprio partito durante la campagna elettorale.
“Il verdetto di oggi è un nuovo standard per la società thai? Non importa se sono criminali o sono stati in carcere all’estero, la Thailandia li accetta come ministri? Da ora in poi mercanti di armi e spacciatori possono usare il proprio denaro per comprarsi posti di governo in Thailandia, vero?” ha scritto Thanathorn sul suo profilo Facebook.
Come tutti si attendevano la corte costituzionale e con essa il sistema giudiziario thai ha trovato la scorciatoia per fargliela fare franca, ha detto Phil Robertson di HRW.
Di queste ultimi giorni è la notizia che ad alcuni militanti democratici che attendono il processo per lesa maestà e che erano in sciopero della fame, è stata concessa la libertà provvisoria.
Dopo il rilascio su cauzione di Panusaya ‘Rung’ Sithijirawattanaku, Somyot Prueksakasemsk e Jatupat “Pai Dao Din” Boontararaksa, sono stati rilasciati oggi altri due militanti Parit “Penguin” Chiwarak e Chai-amorn Kaewwiboonpan. Resta ancora in carcere Arnon Nampa benché positivo al Covid-19.
A tutti è stato fatto firmare l’impegno a non ripetere più i reati contro la monarchia, vale a dire di non partecipare ad altre manifestazioni che chiedano la riforma della monarchia thailandese.
Scrive il giornalista inglese della BBC Jonathan Head sulla liberazione di Penguin che era stato ricoverato in ospedale per le deteriorate condizioni fisiche dovute allo sciopero della fame:
“Questo è una cosa lunga. I monarchici vorrebbero tanto stritolarli e farne un esempio per chi apertamente criticò la monarchia lo scorso anno. Ma la loro morte in carcere farebbe apparire la monarchia senza cuore e crudele. Restano contro di loro le accuse multiple”
Restano infatti le accuse multiple di lesa maestà per le varie manifestazioni organizzate e a cui hanno parlato, come un macigno sulla loro testa.
Un altro aspetto di questo sistema giudiziario thailandese è la sentenza che dopo otto lunghi anni libera un militante dei diritti del lavoro e della emigrazione dal peso di tante cause di diffamazione intentante contro Andy Hall per un rapporto dove si denunciavano le condizioni di lavoro insopportabili presso una ditta produttrice di Ananas.
Quindi Andy Hall non è colpevole di aver diffamato la Natural Fruit che gli aveva chiesto i danni per 265mila euro e che il suo rapporto sulle gravi condizioni di lavoro era accurato e fatto in buona fede.
Scrive Prachatai:
“le accuse del caso di diffamazione e dei danni della sentenza di oggi sono legate ad un’inervista data ad Al Jazeera in Birmania nel 2013 appena dopo la pubblicazione del rapporto di Finnwatch sulle condizioni di lavoro presso l’azienda della Natural Fruit. Nel 2016 era stato già prosciolto dalla corte suprema per l’accusa penale
La corte suprema ha citato una sua precedente decisione del giugno 2020 che proscioglieva Andy Hall di tutte le accuse penali come base di questa decisione. Le accuse erano in relazione alla pubblicazione e diffusione del rapporto “Economico con un prezzo alto” che denunciava gravi violazioni dei diritti nella produzione della Natural Fruit. Hall coordinò il lavoro e fece le interviste ai lavoratori”
Andy Hall ha dichiarato:
“Saluto il verdetto di oggi, ma anni di pressioni giudiziarie continue hanno avuto un costo pesante su di me, sulla famiglia e i colleghi e questa non è una vittoria. La mia militanza di un decennio in Thailandia voleva promuovere e sostenere i diritti fondamentali di milioni di emigrati nel paese. Loro continuano a trovarsi senza una voce in una situazione rischiosissima di lavoro forzato e soggetti alle violazioni di diritti umani e del lavoro sistematici nelle catene globali di rifornimento … Non era mia intenzione fare danni agli interessi legittimi industriali con il mio lavoro e sono sempre stato aperto alla riconciliazione con chi si era sentito attaccato dal mio stile di lavoro, a porre fine una volta per tutte a questo ciclo irrazionale di cause contro di me ed i miei colleghi”
Va ricordato che Andy Hall ha lasciato la Thailandia nel 2016 ma continua a lavorare a favore della migrazione in Asia.
Il caso di Andy Hall non è un caso isolato ma fa parte integrante del sistema giudiziario thailandese. che prova a
“Grandi imprese possono usare e usano il sistema giudiziario thailandese per mettere la museruola ai militanti sindacali e dei diritti, ai giornalisti e a chi difende i diritti umani. Deve preoccupare chi fa commercio con la Thailandia e in Thailandia” ha dichiarato la rappresentante di Finnwatch.