La situazione politica in Thailandia evolve lentamente, ma inesorabilmente, verso la guerra civile che, per sua natura, è sanguinosa e tira fuori il peggio di ognuno, lasciando liberi gli estremisti di tutti i generi, e non ha eroi reali.
Ci sono poche possibilità se si vuole evitare la guerra civile, e tutte hanno in sé sfortunatamente dei rischi.

La prima è di procedere quanto più costituzionalmente possibile. L’annullamento delle elezioni del 2 febbraio ha amareggiato tanti se non la maggioranza che sente ancora una volta che la sovranità popolare è stata calpestata.
Sebbene la costituzione non lo specifichi, la risposta più “normale” ad una elezione annullata è di tenerla di nuovo nei termini dell’elezione annullata. Se con primo tentativo si chiede che il governo fissi l’elezione tra 45 e 60 giorni dallo scioglimento del Parlamento, allora l’orologio comincia ancora una volta quando la prima elezione è stata ufficialmente annullata. Questo significa che le nuove elezioni si dovrebbero tenere tra il 5 ed il 15 maggio.
Nei circoli politici si è molto parlato della possibilità che le nuove elezioni siano ritardate di mesi. Questa sarebbe la scelta meno costituzionale. Non c’è nulla nella costituzione che suggerisca che si debba o si possa ritardare la data delle elezioni. Citare il precedente di una situazione analoga del 2006 sarebbe permessa solo se i golpisti avessero scelto di emendare la costituzione del 1997. Invece la abolirono. Citare quindi quella situazione è proibito.
Alcuni potrebbero dire che la situazione non è stata risolta, ma i partiti non hanno avuto la possibilità di mettersi insieme e negoziare. Non c’è nulla nella costituzione che stipula che i conflitti politici hanno bisogno di un negoziato prima che possano aver luogo le elezioni. I partiti politici sono liberi di farlo quando lo ritengono utile, ma l’orologio è già partito e le elezioni devono essere annunciate quanto prima possibile.
Infine non esiste alcun dubbio che il PDRC, Comitato per la riforma democratica popolare, si opporrà ad una nuova elezione senza che avvenga prima una “riforma”. E’ la scelta del comitato, ma non è diritto dei suoi appartenenti di impedire la registrazione del votanti o le elezioni nel giorno prescritto. Se le elezioni siano annullate o meno, l’atto dell’ostruzione delle elezioni è illegale.
Una seconda possibilità è di rimettere al popolo l’intero quadro del governo. La costituzione attuale giunse con un referendum e non c’è ragione che non si possa chiedere di nuovo se questa è la costituzione che la gente vuole. La carta del 2007 si è basata sull’illegalità del golpe del 2006. Il suo referendum era fatalmente bacato. La critica della costituzione fu impedita con severità e non c’era una chiara alternativa se fosse stata rigettata. Peggio si è dimostrato fortemente impossibile cambiarla.
Quando le lezioni si fanno troppo complicate, come sembra siano diventate ora, il referendum è la via più diretta per la sovranità popolare. I referendum sono stati usati per il bene in Svizzera ed ha limitato il versamento di sangue come in Crimea e il prossimo in Scozia.
Se in un ballottaggio tra la costituzione del 2007 e la più democratica “costituzione del popolo” del 1997 la prima vince, allora la Thailandia ritorna alla situazione attuale senza soluzione. Si tentano nuove elezioni e vedremo quello che succede.
Se è la costituzione del 1997 a vincere, allora i due maggiori partiti potrebbero accordarsi su un insieme di riforme che diventano comuni a tutte le piattaforme elettorali per la prima elezione. I pezzi più progressisti della costituzione del 2007 potrebbero essere parte di quell’insieme di riforme.
Con una nuova costituzione i membri delle agenzie indipendenti sarebbero licenziati e sarebbero scelti nuovi membri con il sistema di nomina migliore presente nella costituzione del 1997.
Si potrebbe suggerire di eliminare il termine neutrale dal lessico politico thailandese. L’approccio “neutrale” della costituzione del 2007 conduce al disastro e e toglie per intero le basi all’integrità della legislazione del paese.
Per iniziare, la composizione di una nuova corte costituzionale potrebbe essere fatta da quattro nomine per ogni parte, il Puea Thai e il Partito democratico rispettivamente. Tali nomine sarebbero considerate in base al loro retroterra legale e non per la loro neutralità o affiliazione politica. Le otto nomine dovrebbero mettersi d’accordo su una persona da nominare che prenda la nona posizione. Dopo di che, è prerogativa del partito al governo nominare la sostituzione da essere approvata da un senato eletto.
Riconoscendo che il paese è diviso politicamente, il paese potrebbe liberarsi dalla facciata dei mediatori neutrali. Riconosce che la politica non è quello che i politici fanno quanto l’esercizio e i limiti del potere pubblico da parte di ogni partito. Sotto questa definizione molti gruppi sono coinvolti nel progetto politico: gruppi della società civile, movimenti sociali, rappresentanti eletti, burocrati e persino l’Ufficio della Proprietà della Corona e la monarchia. La Politica non è più una parola sporca, è solo la dinamica che sottostà ad ogni società politica.
Un governo nazionale dedicato alla riforma costituzionale, sotto l’egida di una costituzione del 1997 di nuovo rivitalizzata, potrebbe avere un mandato limitato di un anno e potrebbe far funzionare misure di salvaguardia per assicurare il rispetto dei diritti della minoranza o delle minoranze.
Parte di questa riforma potrebbe essere nel prevedere un sistema meno centralizzato e più federale che riconosca i diritti culturali locali, scuole e forza di polizia organizzate su base più locale, e naturalmente governatori eletti. A parità delle altre condizioni, i corpi dello stato organizzati localmente danno ai cittadini una possibilità maggiore di monitorare i rappresentanti pubblici.
Per avere un dibattito nazionale di un anno sul futuro della Thailandia si richiede la depenalizzazione di qualunque legge che restringa la libertà di parola. La presenza dura della legge 112 del Codice Penale deve essere affrontata, chi è incarcerato o accusato in base a questo articolo deve essere rilasciato, ed bisogna che il dialogo includa una discussione aperta dello stato della Monarchia e delle sue proprietà. Queste leggi mettono solo a rischio gli interessi di lungo termine dell’istituzione.
La terza possibilità è di lasciar che le cose vadano come sono ora. La retorica si riscalda da entrambi i lati, ed il paese presto si troverà nel mezzo di una guerra civile. Quando verrà quel giorno quella situazione creerà una sua dinamica propria, impossibile da controllare.
Dalla parte del Puea Thai, indire le elezioni o un referendum costituzionale richiederebbe coraggio. Ha concesso tutto quello che poteva alle forze ad esso opposte. Ma ora bisogna essere proattivi e campioni del principio di democrazia. Non solo ridare il voto alla gente, ma lasciar scegliere la loro propria costituzione.
Ma il Puea Thai deve anche imparare a lavorare su qualche livello con il partito democratico. La riforma del partito politico, delle tasse ed un governo più pulito sono negli interessi di tutti.
Il PDRC ed il partito democratico potrebbero opporsi alle nuove elezioni oppure ad una nuova costituzione. Ma se vogliono esistere e persistere nel mondo democratico, la via attuale di elezioni impedite ed annullate, di schieramento percepito dei corpi indipendenti, di regole pretestuose fin quando va loro comodo porteranno solo alla rovina. Il tempo si sta esaurendo
David Streckfuss, Studioso Indipendente a Kohn Kaen, BangkokPost