Soluzione al conflitto di Patani deve venire dallo stato thai.

Il problema della Thailandia è di non capire che la soluzione al conflitto di Patani deve provenire dallo stato thailandese.

Quando si parla del conflitto di Patani e dell’insorgenza nel Profondo Meridione Thai, si pone fin troppa attenzione al tavolo del negoziato.

Per gran parte degli scorsi 19 anni, da quando è ricomparsa l’ondata attuale di insorgenza in questa regione storicamente contesa dove la maggioranza della popolazione locale si identifica come Malay, gli sforzi di pace sono giunti e scomparsi senza che nessuno di loro facesse dei passi importanti in avanti.

Soluzione al conflitto di Patani
Zulkifli Zainal Abidin Lt-Gen Santi Sakuntanark Photo: AFP

Anche l’attuale processo di pace si poggia su un sottile strato di ghiaccio che deve ancora collassare.

La gente considera il nuovo primo ministro Anwar Ibrahim ed il nuovo facilitatore malesi come una boccata di aria nuova.

Ma in essenza, questo è il problema della Thailandia e la soluzione al conflitto di Patani deve provenire dallo stato thailandese.

Nel passato un cambio di governo a Bangkok giungeva con un nuovo gruppo di negoziatori. Oggi il NSC, consiglio di sicurezza nazionale si è fermamente posto nella posizione di guida principale del processo di pace. Il pannello del Dialogo di Pace, il nome ufficiale del gruppo di negoziatori thai, dovrebbe continuare a lavorare dopo l’arrivo della nuova amministrazione al potere.

Ma la sola stabilità politica non è sufficiente. Nulla è facile nella regione più meridionale del paese dove generazioni successive di Malay musulmani hanno scelto di imbracciare la lotta armata contro lo stato thai come parte del loro impegno a liberare la loro patria dagli invasori Siamesi o Thai.

La Thailandia non ha mai fatto uno sforzo serio di comprendere il potere della narrazione storica e culturale dei Malay di Patani. I capi thai spesso ridicolizzano coloro che hanno preso le armi come dei musulmani radicalizzati che hanno abbracciato la storia distorta e che praticano l’Islam errato.

I rappresentanti thai accusando i Malay di questo problema credono di non dover esaminare i fallimenti delle loro politiche e strategie.

A differenza delle precedenti ondate di insorgenza alla fine degli anni 80 ed inizio anni 90, il teatro dell’attuale ondata di violenza si è spostato dalle montane e colline lontane verso le città dove non vengono risparmiati obiettivi civili.

I militanti locali hanno lavorato duramente per portare una qualche forma di civiltà nel conflitto ed hanno criticato spesso il BRN, fronte rivoluzionario Nazionale, per aver deliberatamente preso di mira i civili. Al BRN è stato detto che si devono rispettare le regole di ingaggio e che non sono mai giustificati gli omicidi di vendetta o attacchi contro obiettivi civili per pareggiare i conti con le forze di sicurezza thai.

Sebbene siano migliorante negli anni i principi e norme umanitari, il conflitto ha sconvolto molte vite. I matrimoni buddisti non durano più tutta la notte perché gli ospiti devono tornare a casa prima dell’oscurità. I giovani malay emigrano per trovare lavoro in altre parti in Thailandia o Malesia per evitare le continue pressioni della sicurezza thailandese.

Mentre il tessuto sociale tra le persone di 50 anni o più è ancora intatta, il conflitto ha le sue vittime nella generazione più giovane di buddisti e musulmani che sono cresciuti vedendo i loro vicini intrappolati nel fuoco incrociato divenendo un danno collaterale, per dirla con le parole degli esperti della sicurezza.

Mentre i rappresentanti delle parti in conflitto usano il loro tempo per negoziare il testo dei vari argomenti al tavolo del negoziato, non si guarda per nulla ai sentimenti e suggerimenti della gente del posto.

La visita di cinque giorni del nuovo facilitatore malese Zulkifli Zainal Abidin nella regione di Patani è stata molto accettata dalla gente del posto che sperava come l’impegno dei principali agenti, tra cui BRN il cui capo negoziatore ha avuto un incontro virtuale, potesse essere la volta perché li poneva al centro dell’attenzione.

I capi della società civile buddista si sono presentati in forza sfidando anche le autorità thai che pensano di avere il monopolio di ciò che è giusto mettere in discussione sul tavolo del negoziato.

Uno dei tre argomenti sul tavolo del negoziato è la Consultazione Pubblica dove le tre parti, BRN, Stato e Negoziatore, si consultano con la gente del posto sulle loro esigenze.

Per farlo efficacemente, va da sé che la gente deve sentire di poter parlare liberamente. E’ triste che non è così oggi. La gente sente di non poter parlare liberamente di ciò che provano davvero indipendentemente se possa apparire triviale agli occhi degli esterni.

Al momento non c’è accordo sulle modalità della consultazione, se ogni gruppo deve condurre la consultazione singolarmente o insieme. Forse Thailandia BRN e Malesia devono chiedersi cosa vogliono raggiungere in questa consultazione pubblica.

Se lo scopo è formulare la propria strategia dovrebbero condurla individualmente e almeno assicurare anonimato e far sentire i partecipanti a loro agio.

Il generale Zulkifli ha incontrato tutti i tipi di persone tra le quali quelle che lavorano nel canale segreto che lui ha definito spoiler, per comprendere meglio le sfide alla mano.

Il governo thai e i militari, d’altro canto, sembravano alquanto nervosi per la sua presenza, insicuri di cosa pensare. Il clamore era chiaramente troppo difficile da gestire per loro. Indipendentemente dall’eccitazione alla fine la soluzione del problema di Patani il problema è ancora della Thailandia.

Nella mente dei funzionari thai c’è quel piano ventennale del governo in base al quale loro saranno giudicati dai propri superiori.

Tra poco ci saranno le elezioni generali thailandesi. Gli stranieri che non comprendono del tutto la politica nazionale thai spesso chiedono se un nuovo governo renderà più agevole il processo di pace.

Finora nessun partito fa alcun piano per risoluzione del conflitto della regione di Patani come oggetto della loro piattaforma. E’ una triste realtà e si riflette negativamente sui capi politici thai. Ma non è assolutamente una passeggiata per chiunque dare una svolta politica alla risoluzione del conflitto.

Uno sviluppo positivo è che sempre più giovani malay musulmani, che credono nel diritto di autodeterminazione della gente della regione, non credono che la strada giusta sia di prendere le armi

Alcuni si sono uniti ad organizzazioni amministrative locali per portare un cambiamento nella loro comunità, mentre altri si uniscono alle organizzazioni di società civile credendo di lavorare al cambiamento con mezzi non militari sia più efficace se fatto collettivamente e consistentemente.

Ma la volontà di causare il cambiamento con metodi non militari non ha tolto l’apparato di sicurezza dal disagio. I falchi tra i militari hanno detto chiaramente di essere preoccupati del numero crescente di giovani malay musulmani che entrano in politica sia localmente che a livello nazionale. Loro non li vogliono nella politica e non li vogliono neanche vedere prendere le armi.

Chiaramente il governo è diviso e queste percezioni in contraddizione mineranno ogni sforzo di portare la pace nel Profondo Meridione Thai.

Asmadee Bueheng ThePatani, Bangkokpost

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *