Sopravviverà il Mekong costruendo una diga dopo l’altra?

Esploratori, viaggiatori e mercanti sono da tempo rimasti incantati dalle viste magiche e dalla straordinaria biodiversità del Mekong specialmente qui a Siphandone.

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Il ruggito delle rapide vorticose nelle foreste scatenano le magnifiche cascate delle Khone Phapheng nel Laos Meridionale. La miriade di isole e isolette coperte a foresta circostanti, disperse tra le vie d’acqua tranquille e i canali intrecciati del Mekong ispirano stupore e meraviglia. Questo è il distretto delle Quattromila Isole di Siphandone del Laos meridionale, annidate ungo la frontiera cambogiana.

La serenità di Siphandone è stata di recente disturbata dalla distruzione delle rocce con la dinamite scuotendo il ricordo tranquillo di questo paradiso ecoturistico.

La brutta intrusione dei movimenti di terra in questo panorama pittoresco ha accompagnato il lancio della diga di Don Sahong, una joint venture della Mega First Malese, MFCB, e il governo laotiano nel gennaio 2016. La diga procede senza approvazione dalla Commissione del Fiume Mekong e contro le proteste vaste da parte delle ONG della regione e dei paesi a valle come Cambogia e Vietnam.

Nel 2012 iniziò la controversa costruzione della prima diga amaramente contestata di Xayaburi sul basso Mekong, un investimento di quasi 4 miliardi di dollari di una compagnia Ch Karnchang thailandese. Secondo gli esperti entrambe le dighe pongono una grande minaccia alla migrazione dei pesci e alla sicurezza alimentare.

Dice Chhith Sam Ath del WWF Cambogiano dice: “La diga Don Sahong è una bomba ecologica a tempo che minaccia la sicurezza alimentare di 60 milioni di persone che vivono nel bacino del Mekong. La diga avrà un impatto disastroso sull’intero ecosistema del fiume fino al delta del Mekong in Vietnam”.

Il piano del governo laotiano è di costruire nove dighe sul corso del Mekong e centinaia su altri fiumi e tributari perché a suo dire è il solo modo di sviluppare uno dei più poveri paesi al mondo.

Sull’altra riva del fiume a Son Sahong, sul lato cambogiano si radunano turisti alla comune di Preah Romkel, dove tanti turisti si fermano con le loro macchine fotografiche per catturare uno sguardo dei tre ultimi delfini Irrawaddy che si soffermano sulla loro fragile casa nonostante l’assedio giornaliero dei costruttori della diga. La zona umida è una destinazione popolare ecoturistica in Laos e Cambogia, ma il WWF avvisa che le dighe sul Mekong porteranno i delfini che restano all’estinzione.

Il sito futuro della diga dall’altro lato del Canale Sahong rappresenta per gli esperti il solo dei sette canali intrecciati che sono abbastanza profondi e larghi per la migrazione dei grandi pesci, diventando così un passaggio del pesce efficace attorno a rocce e rapide e cascate durante tutto l’anno. Ora la costruzione della diga ha portato via tutta l’acqua dal canale e bloccherà in modo permanente questa rotta naturale di migrazione del pesce.

I costruttori della diga malesi e il ministero dell’energia laotiano hanno con forza ignorato le proteste affermando che la loro ingegneria di migrazione del pesce su altri due canali, allargati e approfonditi, potrà risolvere il problema.

Anche per la diga a Xayabury si afferma che le turbine amiche dei pesci, i passaggi del pesce e cancelli possono proteggere almeno 28 specie di pesci che sono stati individuati per un’attenzione particolare dalla impresa svizzera Poyry Energy, assolata per controllare l’ingegneria e la migrazione del pesce.

Comunque secondo la presentazione della Poyry Energy e i consulenti Fishtek mostrano che ci sono almeno 139 specie di pesce a cui sarà impedito di nuotare oltre la diga.

Gli esempi di mitigazione su queste due dighe sembrano grandiosi nei video di presentazione, ma lo studioso Ian Baird, che ha pubblicato diversi lavori sull’industria della pesca, nota che “si tratta di un esperimento ad alto rischio poiché questo tipo di mitigazione non è mai stato provato su fiumi tropicali”

La Crisi del Mekong: Quando a soffrire insieme sono ecologia ed economia

Il grandioso Mekong, che scorre per 4630 chilometri attraverso il cuore del sudestasiatico è in una crisi profonda. Il suo delta si ritira e sprofonda.

La perdita di sedimenti ricchi di nutrienti genera scompiglio nella regione del Delta. Tutte le grandi dighe fermano i sedimenti e privano le aree a valle di nutrienti vitali. Il Vietnam soffre di una immensa perdita di nutrenti del 50% meno del flusso regolare. L’estrazione selvaggia della sabbia in Cambogia e Vietnam ha anche aggravato la penuria acuta di sedimenti del delta.

L’ecosistema miracoloso ma fragile che connette le Quattromila Isole in Laos, Tonle Sap in Cambogia e il delta del Mekong in Vietnam è minacciato direttamente da queste due dighe, la Don Sahong e la Xayaburi, oltre a tutto il danno fatto dalle sei dighe cinesi a monte del Laos.

Ora il governo laotiano ha annunciato una terza diga a Pak Beng.

Un nuovo rapporto del WWF ha attirato l’attenzione sul fatto che il drammatico declino nella salute del Mekong non è solo un disastro ecologico, ma una serie minaccia all’economia della regione. Partendo dalla una nuova prospettiva su come economia ed ecologia siano legate intimamente, il rapporto, il rapporto ricorda a tutti “La crescita economica della regione del Grande Mekong dipende dal fiume Mekong ma uno sviluppo insostenibile e scoordinato spinge il fiume verso l’orlo del collasso”.

Marc Gichot del WWF per la sicurezza energetica e dell’acqua della regione del Grande Mekong, dice che il Delta è fondamentale per il futuro economico del Vietnam. “Produce il 50& dei raccolti alimentari del paese e il 90% elle esportazioni di riso. E’ una delle areee più produttive e più densamente popolate del Vietnam dove vivono 18 milioni di persone. Il Vietnam non può permettersi di perdere il delta.”

Ma proprio ora il Vietnam lo sta perdendo. Si sta ritirando e se non si ha una grande politica di svolta sul Mekong, gli scienziati a Can Tho mettono in guardia dicendo che potrebbe evaporare nei prossimi 20 anni il 27% del PIL creato dal delta. Il forte momento a favore delle dighe sul Mekong è stato fortemente assistito dalla percezione che le dighe sono fonte affidabile di energia e che produce grandi benefici economici. La Commissione del Fiume Mekong, la Banca Mondiale e USAID hanno promosso la costruzione di dighe con questo approccio definendolo Energia Idroelettrica Sostenibile.

L’assunzione prevalente è i compromessi, come gli impatti ambientali negativi, sono inevitabili, ma non bisogna preoccuparsi molto, perché valutazioni di impatto ambientale migliorati e efficaci mitigazioni avrebbero dato misure di salvaguardia adeguate alla protezione degli ecosistemi. Solo di recente i ricercatori hanno dato uno sguardo più approfondito a queste assunzioni.

Ora si sta attaccando ora molto la credibilità di questa narrazione. Philipp Hirsch concludeva dopo decenni di ispezioni di dighe che “alcuni impatti delle dighe idroelettriche non possono essere semplicemente mitigate ma solo compensate. E la compensazione sistematicamente mostra i limiti.”

Gran parte degli esperti dell’industria della pesca che conoscono le due dighe di Don Sahong e Xayabury considerano l’esperimento di mitigazione un’avventura rischiosa in lidi sconosciuti e non ci si può basare su di loro per proteggere l’industria della pesca e l’ecosistema.

Mentre si può facilmente quantificare l’effetto positivo delle dighe in termini di elettricità, le perdite finanziarie inflitte dalle dighe è stato sempre sottostimato o ignorato dagli economisti e dai governi.

Il valore combinato dell’industria della pesca dei paesi del Bacino del Mekong è valutato ora attorno ai 17 miliardi di dollari e vitali per la sicurezza alimentare di decine di milioni di persone.

Dall’altro lato, l’energia delle 11 dighe previste potrebbe portare benefici economici valutati per 33 miliardi di dollari secondo uno studio internazionale sugli impatti della energia idroelettrica sul Mekong secondo l’università di Chiang Rai Mae Fa Luang.

Ma se consideriamo le perdite causate da un sistema fluviale denudato e le perdite enormi nella pesca, nei sedimenti, nei prodotti agricoli questo studio predice perdite da 66 miliardi di dollari con un impatto negativo di quasi 22 miliardi se tutte le 11 dighe vanno avanti.

Secondo uno degli autori, Apisom Intralawan, “i benefici sono stati ingigantiti in queste cifre del 2015 e si basano sui dati economici correnti che rivedremo presto.”

Hirsch conferma che “tanti studi mostrano che i costi reali dell’energia idroelettrica superano i benefici ma i progetti vanno avanti”.

Sopravviverà il Mekong?

Lo specialista di zone umide vietnamita Nguyen Huu Thien a Can Tho conclude: “La cosa che sappiamo di sicuro è che se il delta non può sostenere la sua popolazione di 18 milioni di persone, la gente dovrà emigrare. Le dighe seminano il seme dell’instabilità sociale nella regione”.

La sola via di uscita secondo Tran Ding Tien di Hanoi è che i paesi del Mekong vadano oltre quello che definiamo la mentalità del piccolo stagno. Cosa improbabile per ora. Daovong Phonekeo del ministero dell’energia laotiano dice: “Per lo sviluppo del fiume Mekong non abbiamo bisogno del consenso”.

E’ vero che l’accordo del Mekong del 1995 non dà alcun potere di veto su progetti di dighe controversi, ma sancisce i principi di cooperazione internazionale del fiume e buon governo dell’acqua che è minato dalla tendenza unilaterale del governo laotiano.

Stuart Orr del WWF osserva: “L’acqua sostiene i nostri sistemi agricoli, la produzione di energia, la manifattura, la sicurezza alimentare e il benessere come esseri umani. Se deve continuare la crescita economica si richiede una migliore gestione del fiume che rispetti i limiti di un ecosistema”.

Riuscirà il fu Grande Mekong cambiare il suo corso segnato di sviluppo irregolare e questo tasso allarmante di distruzione delle sue risorse naturali?

“Un passo è che prima di costruire altre dighe, si devono esplorare nuove tecnologie verdi” sostiene Hirsch. “Sarebbe una tragedia vedere una delle industrie della pesca interna più grande al mondo distrutta per mancanza di immaginazione nell’applicazione di soluzioni innovative efficaci”.

C’è anche bisogno che ci sia un nuovo consenso che dovrà includere alla fine la Cina.

Tran Ding Tien attacca questo approccio limitato che si aggrappa alla sovranità del piccolo stagno e non riesce ad afferrare il quadro più grande di condivisione di risorse idriche e di rispetto dell’intero fiume.

In questa prospettiva di cooperazione scientifica internazionale il Mekong non deve appartenere ad una sola nazione. Parlando ad una conferenza sul Mekong tenuta a Can Tho, Tran ha detto:

“Se il Mekong diventa una serie di laghi e riserve, è una perdita non solo per la regione, ma una perdita per il mondo. L’acqua che alimenta la diga appartiene a tutti noi. Abbiamo bisogno di creare una fondazione internazionale del Mekong e proteggerlo”.

Tom Fawthrop, Uccidendo il Mekong a colpi di dighe, The Diplomat

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