Sotto il tacco degli stivali del Tatmadaw molto è cambiato nel Myanmar dalla sollevazione democratica del 1988 alla resistenza del 2021.
I giornalisti che seguirono gli eventi della sollevazione democratica del 1988 in Myanmar hanno quella sensazione di deja vu nel vedere ancora una volta il ritorno dei carriarmati del Tatmadaw nelle strade delle grandi città per reprimere brutalmente i manifestanti, molti dei quali sono scappati sulla frontiera per combattere e per formare un governo che lavora per lo più in esilio.
Accadrà di nuovo? Ci saranno altri decenni di duro governo militare, di resistenza e di sofferenze?
Riusciranno gli uomini in verde a riprendersi e capire che più che ‘salvare’ lo distruggono il paese?
Con una analisi più approfondita si vedono alcune differenze fondamentali tra la situazione di oggi e quella di 33 anni fa.
Prima di tutto, i media digitali hanno cambiato il mondo e il Myanmar non fa eccezione. Nel 1988 non esistevano internet e gli smartphone ed i giornalisti che seguivano gli eventi da Bangkok si affidavano a linee telefoniche incerte e spesso guaste.
Cominciò l’otto di agosto del 1988, da cui 8888, con massicce manifestazioni in tutto il paese. Furono chiamati i militari a sopprimere le rivolta e lo fecero con brutalità.
Ad essere uccise furono migliaia di persone, sì migliaia e non centinaia come alcuni sostengono, nella capitale di allora Yangoon e nel paese. Quando questo non riuscì a sottomettere la gente, il Tatmadaw si ritirò dalle strade e dalla vista sperando che si creasse quel caos che serviva loro ad entrare in campo e “restaurare l’ordine”. Fu quello che successe esattamente il 18 settembre quando una giunta autodefinitasi Consiglio della legge dello stato e del restauro dell’ordine, SLORC, prese il potere creando un altro massacro.
Nel mese da metà agosto al 18 settembre, il Myanmar godette del primo mese di libertà intellettuale dal golpe del 1962. Dopo oltre 2 mesi di controllo governativo ferreo sui media, emersero nuovi giornali indipendenti.
Alla fine di agosto Yangon sola aveva 40 giornali indipendenti, riviste e giornali pieni di commenti politici, satire politiche e vignette che mettevano alla berlina l’elite al potere. Alcuni erano scritti a mano e poi fotocopiati oppure ciclostilati, mentre altri erano stampati anche senza soldi perché i proprietari volevano mostrare il loro sostegno al movimento democratico.
Erano essenzialmente in birmano nonostante il nome in inglese e pubblicati localmente a Yangon, Mandalay, Mawlamyine o Pathein ed il loro contenuto non riusciva quasi mai a raggiungere il mondo esterno. E ciò era vero anche per le foto che fotografi locali scattavano e pubblicavano localmente.
Uno di loro è Htein Win a cui dobbiamo l’esistenza delle prove di ciò che accadde nel 1988. Nel 1974 Htein Win, fotografo esperto, fotografò anche le dimostrazioni studentesche in occasione dei funerali di U Thant, ex segretario generale ONU.
Tra i pochi fotografi stranieri presenti nel paese c’erano il belga Alain Evrand e il giapponese Ryo Takeda. Una delle foto di Takeda riprese i manifestanti inginocchiati davanti ai soldati supplicandoli di non sparare, mentre Evrand riprese la maggioranza delle foto iconiche della repressione della rivolta del 1988: l’ufficiale del Tatmadaw che conduceva l’attacco contro un gruppo di manifestanti oppure i soldati che caricavano la folla con le baionette innestate.
Evrard dovette nascondere i rullini nelle mutande per farli uscire dal Myanmar. Solo dopo qualche giorno riuscì a farseli sviluppare e stampare a Bangkok dove arrivarono alcuni filmati in VHS di brutta qualità.
Dopo la formazione dello SLORC e le misure draconiane della legge marziale continuarono sporadiche manifestazioni ma presto il Tatmadaw fu in pieno controllo delle città e dei grandi villaggi. Ma decine di migliaia di giovani militanti fuggirono nelle aree di frontiera che erano controllate dalle armate etniche.
Il 1 novembre formarono All Burma Students Democratic Front organizzandosi secondo linee militari con le uniformi e le insigne. Avevano la speranza di sconfiggere militarmente insieme alle milizie etniche il Tatmadaw.
Poi vennero le elezioni di maggio 1990 che furono sorprendentemente libere ed eque in cui NLD ebbe una vittoria grandiosa conquistando 392 dei 485 seggi a disposizione, mentre il partito sostenuto dai militari prese solo 10 seggi.
Ma il parlamento risultante non fu mai convocato e lo SLORC alla fine decise di formare un’assemblea costituente di un centinaio di parlamentari eletti e 600 delegati prescelti dal Tatmadaw.
Quando fu chiaro dopo qualche mese che lo SLORC non aveva intenzione di onorare il risultato elettorale ed iniziò ad arrestare i parlamentari eletti, alcuni fuggirono sulla frontiera thailandese insieme ad altri militanti. A dicembre 1990 formarono un governo di coalizione NCGUB il cui presidente era U Sein Win, cugino di Suu Kyi. Si formò un’alleanza lasca ABSDF con gruppi ribelli.
A livello internazionale ci fu la diffusa condanna degli omicidi di massa e degli arresti del 1988 e della decisione dello SLORC di ignorare i risultati elettorali. Allora però erano pochissimi gli investitori stranieri in Myanmar.
Uno dei pochi era l’impresa tedesca di Fritz Werner Industrie-Ausrüstungen, coinvolto nella produzione di armi con legami personali al dittatore di allora Ne Win. C’era molto poco in ballo allora di economico per il mondo esterno, compresi i vicini del Myanmar.
A guardare indietro quegli eventi di 30 anni fa, è chiaro che si è ora in una situazione del tutto differente con dinamiche nazionali, regionali ed internazionali.
Dopo le elezioni del 2010, il Tatmadaw decise di dare un alto grado di libertà di espressione che durò fino al 1° febbraio. Ma in questi dieci anni una nuova generazione di giovani tecnologici si era impadronita di internet e molti di loro sono attivi dopo il golpe.
Oggi non accade nulla nel Myanmar che non si diffonda nel mondo sui media sociali. La gente comunica tra loro in modo alquanto sicuro con le piattaforme digitali che sono in parte criptate.
In termini crudi e brutali nel 1988 furono uccise molte più persone dal Tatmadaw di oggi ma la prova documentaria non fu mai alla portata di mano.
Alcuni sebbene in numero inferiore al 1988 si sono dati alla lotta armata ma in modi mai visti in Myanmar nella storia recente.
ABSDF strutturato militarmente collassò presto per le lotte intestine tra militanti. C’era un’acuta mancanza di armi e di rifornimenti medici. Molti si ammalarono di malaria e di altre malattia delle giungle. Il sogno di una rivolta dai confini non si materializzò mai e i militanti ritornarono nelle loro case oppure in esilio in USA, Europa e Australia.
Questa volta c’è una resistenza armata che include anche una guerriglia urbana che non si è mai vista in Myanmar prima. Si fanno esplodere giornalmente bombe in tutto il paese persino a Yangon e nella nuova capitale Naypyidaw. I presunti informatori dei militari sono liquidati e i militanti fanno saltare in aria le proprietà dei militari come le torre di comunicazione Mytel.
Le forze locali di resistenza sono attive anche nel cuore del paese dell’etnia Bamar ed hanno fatto imboscate ai convogli del Tatmadaw con armi e bombe fatte in casa. Ed ora il Tatmadaw non è più la forza fortemente disciplinata degli anni 80. A giudicare dalle notizie che vengono dall’interno e non solo dai militanti, il Tatmadaw ha sofferto forti perdite con centinaia di morti e feriti.
Inoltre il vecchio NCGUB non riuscì mai ad attrarre qualcosa che potesse essere visto come riconoscimento e divenne inutile dopo il 2010 e fu sciolto due anni dopo.
Il nuovo NUG h il sostegno di molti parlamentari che a differenza del 1990 sono stati parlamentari ed uno è il rappresentante all’ONU, U Kyaw Moe Tun.
Si sono tenuti colloqui informali con rappresentanti di governi stranieri. Il 5 ottobre il senato francese ha esteso quello che si può considerare un riconoscimento del NUG e il parlamento europeo ha approvato una risoluzione analoga il giorno dopo.
Il 6 ottobre il ministro degli esteri malese Saifuddin Abdullah ha avvisato la giunta di Naypyidaw che la Malesia terrà colloqui con il NUG se i generali non coopereranno con l’inviato speciale del ASEAN a cui appartiene il Myanmar.
Ma i fattori decisivi sono alcuni che di certo non esistevano nel 1988: un ambiente di affari locale e gli investitori stranieri. Gli scioperi e le repressioni hanno dato un colpo agli affari.
La Banca Mondiale prevede nel suo rapporto di luglio un 18% di declino economico nell’economia birmana, il doppio di quanto atteso a marzo.
Altre stime sono peggiori; Fitch Solution si aspetta una contrazione del 20% almeno. L’economia è sul punto di collassare e la colpa ricade interamente sulla decisione del generale Min Aung Hlaing di cacciare il governo eletto e prendere il potere assoluto.
I partner regionali come ASEAN e Cina non si interessano della democrazia e dei diritti umani ma non vogliono vedere andare in fumo i propri investimenti nei campi di battaglia del Myanmar.
La Cina ha investito moltissimo nella volatile industria birmana e nei progetti infrastrutturali, come al porto profondo di Kyaukphyu nel Rakhine.
Sono in programma le autostrade veloci come anche di dragare il fiume Irrawaddy a fini commerciali.
L’ultima cosa che la Cina voleva vedere nel Myanmar era il caos.
Nel 2020 Singapore esportò merci per 2,7 miliardi di dollari in Myanmar in termini di carburante, elettronica e macchine. Il commercio col Vietnam prima del golpe era in crescita e le compagnie vietnamite hanno investito in proprietà fondiaria ed in un immenso centro commerciale di Yangon.
Mytel è una joint venture tra Myanmar Economic Corporation del Tatmadaw e Viettel di proprietà dei militari vietnamiti. Il Vietnam per nulla democratico non si interessa di un golpe militare in terra straniera, ma non piace di sicuro vedere le proprie torri di comunicazione saltare in aria e gli altri investimenti andare a male per il golpe.
Quindi sopravviverà la nuova giunta?
Il vecchio SLORC non ha mai vissuto lo stesso tipo di pressione in casa o internazionalmente. Ma alla fine dipende da quello che accadrà nello stesso Tatmadaw quando, come inevitabile che sia, Myanmar sprofonderà ancor di più nella crisi economica, sociale e politica.
Ma cosa sostituirà il SAC, se cade, non si può prevedere.
Di certo si può dire che Min Aung Hlaing ed i suoi scagnozzi non aveano previsto nulla di questo quando decisero di fare il golpe.
Nel 2021 comunque i militari non se usciranno allo stesso modo del 1988.
Bertil Lintner, The Irrawaddy