Rakhine e Rohingya lavorarono insieme per impedire un versamento di sangue ad Inn Din durante le violenze settarie del 2012, ma quando il Tatmadaw giunse ad agosto 2017 la fiducia reciproca era già crollata.
Gu Dar Pyin, Inn Din, Tula Toli sono i nomi riconoscibilissimi dei villaggi dello stato Rakhine che videro massacri terribili dopo le violenze esplose ad agosto 2017 quando i militari birmani spinsero 750 mila Rohingya oltre frontiera nel Bangladesh.

Nel corso di quella campagna militare in migliaia furono uccisi, donne e ragazze prese di mira per le violenze sessuali e furono bruciati oltre 350 villaggi.
Esperti e giornalisti tra cui normali cittadini hanno dato i resoconti dettagliati dei massacri, le cui storie strazianti sono fissate nella memoria e meritano di essere raccontate di nuovo oggi nel terzo anniversario dell’Agosto 2017.
Molto si sa dei massacri del 2017. Ma cosa conosciamo dei villaggi distrutti? Quando furono creati e da chi? Come si sono sviluppati? E come interagivano le loro popolazioni multietniche nei decenni passando attraverso il periodo coloniale britannico, la II guerra Mondiale, l’indipendenza birmana e la dittatura militare che governò tra il 1962 e 2011?
Si prenda Inn Din, un villaggio della cittadina di Maungdaw che si rintraccia nel Gazzettino Birmano del 2017.
La Reuters documentò molto completamente la catastrofe che colpì Inn Din tra il 27 agosto e il 2 settembre 2017. Due suoi giornalisti rimasero in prigione per oltre 500 giorni per aver rivelato la verità del massacro.
Nel 2016, un gruppo di una ONG CDNH di Yangoon, Center for Diversity and National Harmony, fece un’indagine per una Valutazione di Conflitto di cinque villaggi nello stato Rakhine, di cui uno era proprio Inn Din. Il documento non solo fornisce tante informazioni sulla vita della gente un anno prima il massacro, ma traccia anche la loro storia, come vivevano, le attitudini e le interazioni tra popolazioni con le autorità.
Inn Din si trova sulla costa, una strada malandata a metà strada tra la capitale dello stato Siitwe e Maungdaw. Nel 2016 il tratto del villaggio di Inn Din consisteva di cinque borghi, tre dei quali abitati dai Rohingya musulmani e due dai buddisti Rakhine.
Uno dei borghi era il villaggio Na Ta La. Negli anni 90 i governo militare creò tali villaggi nella politica di popolare le aree a maggioranza Musulmana con gente di altre etnie a maggioranza buddista. Per accomodare i nuovi borghi fu presa la terra dei Rohingya senza alcun compenso. Questo rese molto tese le relazioni con i nuovi vicini prima anche del loro arrivo.
La popolazione ufficialmente registrata ad Inn Din nel 2016 era di 6345. Delle 850 famiglie, 680 erano Rohingya e 170 Rakhine e la pesca era di gran lunga l’attività prevalente, seguita dall’agricoltura e dalla manovalanza come secondarie fonti di reddito.
I problemi della sicurezza come anche la mancanza di tecnologia ed infrastrutture, come l’elettricità per conservare il pesce, teneva basse sia la produttività che il reddito. La maggioranza dei pescatori era Rohingya a cui i contadini Rakhine affittavano le barche. Poiché i Rohingya erano di manovalanza occasionale ai contadini Rakhine, c’era un buon grado di interdipendenza economica tra le due comunità.
Prima del 1942 il panorama demografico di Inn Din era abbastanza differente dal censimento del 2016 con una predominanza dei Rakhine.
Dopo l’invasione giapponese del 1942, scoppiò tra le due comunità una diffusa violenza in cui i Rakhine stavano con i giapponesi ed i Rohingya con gli inglesi.
Morirono migliaia di persone delle due comunità e in tantissimi furono cacciati dalle case. I Rakhine fuggivano dal nord verso il sud mentre i Rohingya andavano in direzione opposta. Per anni lo stato rimase diviso etnicamente tra un settentrione Rohingya ed un meridione Rakhine.
Persino oggi la violenza del 1942 è considerato dai Rohingya e dai Rakhine come un elemento fondamentale nella spaccatura tra le comunità e non è stato dimenticato. All’inizio trasformò Inn Din in un villaggio Rohingya in cui i Rakhine non volevano sistemarsi. La cosa non cambiò se non dopo l’indipendenza quando I Rakhine cominciarono a tornare.
Ma anche nel 2016 i Rohingya restavano in gran maggioranza il gruppo più numeroso.
Sotto il governo militare dal 1962 in poi, i Rohingya iniziarono a vivere maggiori restrizioni di movimento. CDNH dice che mentre c’erano degli incidenti, erano abbastanza controllati dal momento che “entrambe le comunità erano oppresse dalle autorità locali”: entrambi erano vittime.
Negli anni 90, la creazione del borgo Na Ta La introdusse più abitanti non musulmani.
Sebbene fossero i Rohingya a soffrire di più costretti a lasciare la terra, i nuovi venuti non erano neanche favoriti dalla popolazione Rakhine.
Persino nel 2016 CDNH sosteneva che le relazioni tra gli abitanti degli originali borghi Rohingya e Rakhine erano migliori di quelle con i nuovi venuti di Na Ta La. I residenti dei borghi più vecchi si erano ritagliati uno spazio di bilancio e fiducia reciproca e le relazioni economiche erano descritte spesso come floride.
L’importanza della fiducia tra le comunità si rivelò nel 2012. Quando la violenza etnica imperversava nel Rakhine nel 2012, Inn Din emerse Inn Din che restava pacifica mentre altre città e villaggi bruciavano. La coesistenza pacifica era più forte dell’esca della violenza.
Quando comparvero le prime notizie di incidenti, gli anziani di entrambe le parti si incontrarono per discutere come poter fermare la minaccia delle violenze. Andarono dalle autorità e firmarono un accordo contro la violenza. Il rapporto dice come i capi della cittadina giocarono un ruolo costruttivo chiudendo negozi che vendevano alcol e imponendo un coprifuoco applicato con indulgenza che aiutò ad evitare incidenti. Per lo più funzionò.
E’ difficile indicare le ragioni per cui le comunità riuscirono a collaborare nel tenere al sicuro Inn Din. Era chiaro che un fattore era l’interdipendenza economica ed il fatto di avere scuole miste.
Inoltre i villaggi Rohingya godevano di libertà di movimento tra i borghi Rohingya. Le due parti si conoscevano.
Sebbene non si debba esagerare sul grado di fiducia, conoscendosi l’un l’altro significava che gli anziani riconobbero che l’uso della violenza poteva solo peggiorare la situazione per tutti.
La violenza che sconvolse gran parte del Rakhine nel 2012 non lasciò Inn Din del tutto immune.
CDNH disse che dal 2016 le interazioni si erano tinte sempre più di sospetto. Il conflitto ebbe un impatto immediato sia sulla frequenza che la qualità delle interazioni tra le due comunità.
Diminuì la sensazione di sicurezza, ne risentirono le relazioni economiche e crollarono il numero di visite dei Rohingya e dei Rakhine alle case ed i borghi reciproci.
Il declino iniziò nello stesso periodo in cui crollarono i costi delle SIM card telefoniche che permettevano un accesso ad internet economico. Fino al 2014, meno dell’un% della popolazione aveva accesso ad internet. Nel 2017 SIM card economiche e l’accesso ad internet tramite Facebook significò che la copertura era salita ad oltre il 30%.
La Birmania era tagliata fuori dal mondo esterno da troppo tempo e l’educazione digitale era ancora bassa. Come potevano gli utenti distinguere ciò che era vero da quello che era falso? Notizie false cominciarono a fluire liberamente con tentativi deliberati di demonizzare i musulmani ed i Rohingya in particolare. Si indurì l’attitudine generale verso i musulmani.
Nell’ottobre 2016 l’ARSA, esercito di liberazione dei Rohingya del Arakan, attaccò vari posti della sicurezza birmana lungo la frontiera col Bangladesh. I militari fecero rappresaglie con le cosiddette operazioni di rastrellamento che erano sproporzionate e prive di discriminazione. Mentre tanti in Birmania salutarono positivamente la repressione brutale, 80 mila Rohingya fuggirono in Bangladesh.
Sebbene ci siano poche notizie su Inn Din in quei giorni sappiamo che dopo il 2012 alcuni villaggi Rakhine avevano dato inizio ad un gruppo militante etnico. Peggiorava una situazione già precaria.
Quello che arrivò dopo è difficile da capire. Dopo altri attacchi del ARSA del 2017, le truppe della 33ma divisione di fanteria leggera del Tatmadaw arrivarono a Inn Din il 27 agosto. Dissero alle milizie Rakhine di avere ordine di ripulire i borghi Rohingya. Le milizie ed altri volontari si armarono di machete, mazze e qualche arma. I vicini erano ora pronti a scontrarsi con vicini.
Mentre i Rohingya fuggivano, militari e milizie attaccavano i loro borghi, saccheggiando e depredando e bruciano le case. Le immagini dei satelliti mostrarono la distruzione totale.
Il 1 settembre il Tatmadaw arrestò a caso dieci uomini e ragazzi di un gruppo di Rohingya che avevano abbandonato i luoghi dove si nascondevano per andare sulla spiaggia vicina ed imbarcarsi verso il Bangladesh. Il Tatmadaw disse alle milizie che i 10 Rohingya facevano parte di un gruppo responsabile degli attacchi in larga scala del ARSA del 25 agosto.

Il giorno dopo i 10 furono portati in una macchia. Prima furono interrogati sulla scomparsa di un contadino Rakhine del villaggio e poi furono portati su una collina dove furono brutalmente uccisi.
I giornalisti della Reuters Ko Wa Lone e Ko Kyaw Soe Oo scoprirono la fossa poco profonda ed ottennero le immagini delle dieci vittime prima e dopo che fossero uccisi. Furono arrestati, incriminati e condannati a settembre 2018 a sette anni di carcere per aver infranto la legge coloniale degli Atti Segreti, anche se non era più in discussione il fatto che gli omicidi erano accaduti.
Ko Wa Lone e Ko Kyaw Soe Oo furono rilasciati con perdono presidenziale a maggio 2019.
Dopo che i Rohingya se ne furono andati, furono erette nuove case a Inn Din. Nel 2018 sempre la Reuters riportava che le abitazioni erano state commissionate da un gruppo Comitato di Sostegno alla Ricostruzione del Territorio Nazionale Rakhine sulla frontiera occidentale. Questo gruppo di nazionalisti buddisti aveva sistemato oltre 130 famiglie ad Inn Din e Koe Tan Kauk, un altro villaggio a maggioranza Rohingya. Uno dei capi del gruppo si opponeva apertamente ad un rimpatrio di Rohingya.
Alla fine del 2018 la Reuters sosteneva l’esistenza di una mappa che riflette un piano vasto di ridisegnare i confini etno-religiosi del Rakhine settentrionale, un piano da stato di apartheid con separate abitazioni per Rakhine, Rohingya, Indù e altre minoranze.
Apartheid o la segregazione etnica forzata è un crimine contro l’umanità.
I Rohingya otterrebbero la parte peggiore perché sono considerati apolidi e la Birmania impone loro tantissime restrizioni che colpiscono la loro libertà di movimento, oltre che la loro economia e l’accesso a sanità e scuola.
La situazione ricorda quanto detto una volta da un membro della sicurezza:
“Non ci piacciono questi villaggi Rohingya. Sono disordinati e caotici. Li vogliamo nei villaggi che si allineano ad i lati di una strada principale. Sono molto più facili da pattugliare.”
Dalla fine del 2018 il panorama del Rakhine è cambiato di nuovo. E’ cresciuto il conflitto armato tra i militari birmani e gli insorti del Arakan Army gettando gran parte dello stato nel caos.
Il gruppo AA cerca di creare uno stato Rakhine come una confederazione lungo le linee della regione autonoma del United Wa State Army.
Il conflitto rafforzato da un lungo blocco di internet rende difficile sapere cosa succede ad Inn Din ed i suoi abitanti. Nel frattempo la maggioranza dei suoi Rohingya vivono da tre anni in Bangladesh e le prospettive di un ritorno in patria sono fosche.
Nonostante la situazione attuale la storia di Inn Din ha delle speranze per chi crede che le diverse comunità del Rakhine possano lavorare insieme per trasformare il loro stato in uno dove sicurezza, sviluppo e diritti umani funzionano per tutti.
Dalle interazione della scrivente so che la vasta maggioranza delle persone di tutte le comunità vogliono un futuro pacifico e prosperoso, condividendo gli interessi comuni come mostrato dai capi di Inn Din nel 2012.
Il rapporto finale della Commissione consultiva del Rakhine di agosto 2017 conclude:
“La domanda non deve essere se i Rakhine e Musulmani vivranno insieme, quanto piuttosto come vivranno insieme. Reintegrazione, non segregazione è il percorso migliore verso la stabilità di lungo corso e lo sviluppo nello stato Rakhine”.
Primo e più importante compito delle comunità stesse è determinare come lo si possa meglio realizzare.
LAETITIA VAN DEN ASSUM | FRONTIER