Dopo anni di indolenza, il governo indonesiano fa qualcosa per prevenire che le scuole di stato costringano le studentesse indonesiane o il loro personale ad indossare i fazzoletti o altri vestiti religiosi.
Il 3 febbraio il ministro dell’istruzione e della cultura, il ministero degli interni e il ministero della religione hanno emesso una decisione congiunta sulle uniformi per le studentesse indonesiane, le insegnanti e il personale nelle scuole primarie ed intermedie.
La decisione stabilisce che tutti i regolamenti che applicano un modo di vestire religioso nelle scuole devono essere revocati entro 30 giorni per non andare incontro a sanzioni per scuole e per i capi locali, che potrebbero essere tagli di fondo.
Non è una coincidenza che questa decisione venne solo giorni dopo la diffusa copertura dei media di una scuola tecnica di stato di Padang, Sumatra Occidentale, che aveva costretto tutte le studentesse, Musulmane e non, ad indossare i fazzoletti. La questione è giunta all’attenzione nazionale dopo che una mamma di una studentessa non musulmana mise un video su Facebook lamentandosi della politica che diventò virale immediatamente.
Ma la scuola seguiva nei fatti semplicemente una legge regionale, approvata dal 2005 che richiede alle studentesse indonesiane di indossare i fazzoletti.
Non è chiaro perché la politica sia diventata virale ora ad oltre 15 anni dalla sua applicazione, quando questa è una questione dei diritti delle donne e libertà religiose che i militanti sottolineano da oltre un decennio.
Ma le difese bizzarre della politica da parte del già sindaco di Padang che emise il regolamento di certo non ha aiutato. Secondo lui la politica era necessaria per proteggere le studentesse dall’essere pizzicate dalle zanzare.
La decisione ministeriale congiunta è importante perché i fazzoletti sono diventati un argomento contestato in Indonesia negli ultimi anni. I critici dicono che la scelta del fazzoletti deve essere una scelta religiosa personale, non qualcosa a cui si è costretti o obbligatoria.
Difatti, le donne indonesiane hanno scelto di indossare fazzoletti da centinaia di anni. Sono conosciuti con differenti nomi tra differenti gruppi etnici e culturali come Kudung (giavanesi e Sasak), tiung (Sunda), tengkuluk (Minang), rimpu (Bima) e ija sawak (acehnese) e considerate parte dell’identità indonesiana (Nusantara).
La prima donna indonesiana Fatmawati, la moglie di Sukarno, indossava un fazzoletto tenuto largo come una rappresentazione dell’identità nazionale per la nuova indipendente Indonesia. Lei l’indossava regolarmente il fazzoletto con una blusa Kebaya e un sarong Batik negli eventi formali.
Comunque i fazzoletti cominciarono ad essere indossati più spesso come un segnale dell’identità politica dopo la rivoluzione iraniana nel 1979. Nel tempo si fecero sforzi per rafforzare la base teologica per indossare i copricapo, e c’era una crescita nei testi religiosi a sostenere un obbligo per le donne musulmane ad indossare dei copricapo. Questi sviluppi accaddero insieme alla crescita dei movimenti politici islamici nei paesi a maggioranza musulmana.
In Indonesia il dibattito sui copricapo in pubblico iniziò durante il periodo dell’Ordine Nuovo di Suharto, durante il quale l’Islam politico fu soppresso e i copricapo femminili erano visti collegati a questo e quindi con un certo sospetto.
Negli eventi formali di stato il kebaya era indossato senza un fazzoletto. In questo tempo persino le donne delle due più grandi organizzazioni di massa islamiche, Nahdlatul Ulama e Muhammadiyah, non indossavano spesso i fazzoletti se non erano anziane o se praticavano una versione più ortodossa dell’Islam (santri).
Nei primi anni 80, varie studentesse indonesiane delle superiori causarono un trambusto indossando fazzoletti quando il governo aveva vietato di indossarli nelle scuole statali perché li considerava dei simboli politici. Infatti durante l’Ordine Nuovo, le studentesse che indossavano i copricapo subivano parecchie discriminazioni. Loro dovevano togliersi i fazzoletti o spostarsi nelle scuole private.
Oggigiorno, i militanti dei diritti umani hanno difeso la scelta delle studentesse indonesiane di indossare i fazzoletti secondo il loro diritto alla libertà di religione. Ma recentemente la situazione si è invertita. Mentre l’ Islam indonesiano va verso direzioni più ortodosse, i copricapo sono visti come una regola religiosa vincolante se non obbligatoria. Chi non li indossa è spinto o costretto ad indossare il velo talvolta anche se non sono musulmane.
L’autonomia regionale e le elezioni dirette per i governatori hanno incoraggiato lo sviluppo di politiche locali basate su sentimenti religiosi. Aceh, per esempio, cominciò ad applicare la sharia dopo aver ricevuto l’autonomia speciale nel 2001, ed una delle prime regole ad essere applicate fu il fazzoletto obbligatorio per le donne.
Molte altre regioni hanno applicato regolamenti regionali ispirati alla sharia per allettare la popolazione a maggioranza musulmana. Tra questi ci sono l’obbligo per le donne di indossare il fazzoletto ma anche il divieto del gioco d’azzardo, dell’alcol, le restrizioni sugli spostamenti di sera, ed altre questioni associate di ordine pubblico e moralità. Molte di queste politiche sono disegnate a controllare il comportamento delle donne e delle ragazze.
Ma mentre si regolano i copricapo, non sono più semplicemente un’espressione di identità religiosa o culturale. Quando si rendono obbligatori con regolamenti, i fazzoletti attualmente perdono un po’ del significato religioso. L’applicazione di questi regolamenti non è solo questione di fede o di credo, quanto piuttosto che le regole si applicano a tutti.
Così si perde il significato religioso dei copricapo.
Peggio, le politiche sui fazzoletti non sono sempre chiare. Talvolta non c’è un regolamento formale, in altri casi viene sotto forma di decisione di un capo distretto come a Padang. Talvolta si applica solo ai musulmani, in altri casi a tutte le studentesse.
Ma persino senza una politica formale, non sorprende che alcune studentesse indonesiane non musulmane indossino talvolta per scelta i fazzoletti, per evitare di essere viste dagli amici o dai docenti in modo differente.
Emergere in un ambiente dove si usano le differenze per dividere non è poi un’esperienza piacevole.
Prima dell’approvazione del decreto ministeriale congiunto, le scuole avevano una scelta. I fazzoletti erano sotto il dominio della religione o della scuola? Se erano visti come una regola religiosa, non c’era bisogno di renderla obbligatoria; indossare un fazzoletto era una questione di interpretazione religiosa personale. Quando i fazzoletti erano resi obbligatori dal dirigente scolastico, erano poco differenti dall’uniforme.
Piuttosto che un passo verso il divieto dei fazzoletti, come accadde sotto il Nuovo Ordine, questo nuovo decreto ministeriale congiunto è un tentativo di riportare il copricapo femminile nel dominio religioso.
Gli studiosi islamici hanno opinioni differenti sulla obbligatorietà dei fazzoletti. Perciò l’enfasi della decisione ministeriale congiunta sulla scelta è molto più appropriata di un divieto.
Ciò che non tocca questa decisione è il problema della coercizione.
In una società che diventa sempre più conservatrice ed una cultura politica che sottolinea la politica di identità, i fazzoletti sono generalmente visti come obbligatori.
In questo ambiente, è importante che chi dà istruzione non usi il proprio potere per persuadere o obbligare le ragazze ad indossare i fazzoletti, persino in assenza di un regolamento formale che li rende obbligatori. In modo simile i sostenitori dell’Islam devono essere onesti e riconoscere che i fazzoletti non sono un obbligo.
Siamo fortunati ad avere un ministero della religione che comprende la differenza tra articoli del Corano e articoli della costituzione. Comprende cosa siano le questioni di religione e questioni di stato.
L’interesse della nazione deve venire prima degli interessi di un gruppo religioso anche se è maggioritario.
Lies Marcoes, Indonesia at Melbourne