Quando i ministri degli stati membri dell’ASEAN si sono riuniti, in un summit a Bali, con i corrispettivi ministri di USA, Cina e Giappone, erano in molti ad aspettarsi che il problema del pasticcio del Mare Cinese Meridionale avrebbe dominato la discussione.
Ma pochi si aspettavano che le manovre diplomatiche tra i vari contendenti fossero così ovvie e intense.
In questo articolo Mark Valencia analizza il teatro diplomatico e discute se questo non sia solo il primo atto di un dramma continuo.
I recenti incidenti nei Mare Cinese Meridionale, seguiti dal forum di luglio a Bali dei ministri degli esteri, ci danno un interessante quadro diplomatico con gli interessi fondamentali, le strategie e le tattiche che li promuovono.
Il Dramma diplomatico: Il pasticcio del Mare Cinese Meridionale
Alla fine, ASEAN e Cina, che insieme agli USA e al Giappone partecipavano ai colloqui di Bali, hanno trovato un accordo sulle linee guida per implementare la dichiarazione di condotta delle parti nel Mare Cinese Meridionali (DOC), già raggiunta nel 2002. I negoziati sono stati difficili e le linee guida rivelano molto di più per le cose che non dicono che per quelle che scritte. Mancano infatti le specifiche, l’applicabilità e la sequenza temporale e il loro focus particolare è sui problemi di sicurezza “soft” quali la protezione ambientale, la scienza del mare, il crimine transnazionale. Molti vedevano le linee guida soltanto come un primo stadio verso un codice di condotta vincolante.
Cionondimeno, l’accordo è stato significativo poiché c’era molto in sospeso e gli occhi del mondo erano rivolti su di loro. Le nazioni dell’ASEAN e la Cina avevano il bisogno di dimostrare che riuscivano a gestire le dispute regionali più o meno da soli, e che quel mare è sicuro sul piano commerciale. Sulle spalle dell’ASEAN e della sua presidenza di turno l’Indonesia c’era anche la violenta disputa di frontiera tra Cambogia e Thailandia. Quindi erano a rischio la capacità, la credibilità e la rilevanza dei forum di sicurezza dell’ASEAN, come pure era a rischio la speranza di lungo termine di una Pax Asia Pacifica per rimpiazzare quella Pax Americana.
Si fissa la scena
Nello scorso anno, gli analisti sono rimasti nel dubbio a causa di una serie di incidenti in cui erano coinvolte navi cinesi frammischiati a dichiarazioni ufficiali rilassanti. In quasi una singola azione, le azioni delle agenzie militari cinesi hanno posto in imbarazzo i leader cinesi, minato la fortunata “offensiva del sorriso” verso l’ASEAN così attentamente seguita coltivata e hanno giocato proprio in favore della strategia USA di convincere l’ASEAN di avere bisogno della sua protezione dalla prepotenza cinese.
Si parla qui non solo delle violazioni aperte del DOC, così solennemente celebrate, dove tutte le parti hanno la loro colpa. Invece, i leader cinesi si sono trovati contraddetti dalle azioni, così malamente pianificate o così pienamente pianificate a seconda del proprio punto di vista, dei corpi dello stato cinesi. Quando il ministro della difesa cinese diceva nello Shangrila di Singapore, il 3 di giugno, che “la Cina è impegnata nel mantenere la pace e la stabilità nei Mare Cinese Meridionale” e che “la Cina appoggiava” il DOC, i media riportavano la notizia che, il 26 maggio, una nave di ricerca vietnamita, che operava nella zona della sua piattaforma continentale, si vedeva i propri cavi sismici tagliati da una nave di pattuglia cinese. Subito dopo quell’evento, la Cina mandava due vicecomandanti della commissione militare centrale per il Sudest Asiatico a cercare di rassicurare gli stati dell’ASEAN che avanzano delle pretese sull’area. Ma un secondo incidente accadeva a giugno due settimane dopo.
In precedenza, il 4 di marzo, le Filippine avevano protestato per un incidente sulle Reed Bank, in cui una nave di pattuglia cinese ha minacciato di cozzare contro una nave filippina di ricerca. Quindi, alla vigilia della visita del ministro degli esteri cinese a Manila, aerei cinesi minacciavano alcune barche di pescatori filippini vicino alle contese isole Spratly.
Ancora peggio, alle proteste frenetiche vietnamite e filippine la Cina rispondeva con l’avviso di considerare ogni esplorazione nelle isole contese, fatte senza il suo consenso, una violazione alla sua giurisdizione e sovranità, oltre che al DOC. Il legame in tempo reale tra la posizione cinese dura e radicale e la sua applicazione mandava dei brividi alla schiena delle nazioni che vantano dei diritti sulle isole Spratly e attirava l’attenzione americana.
I negoziati, svoltisi al riparo dei riflettori e condotti dall’Indonesia, facevano dei passi considerevoli, merito dei diplomatici coinvolti. Infatti l’Indonesia dimostrava di poter condurre l’ASEAN e non solo risolvere delle dispute regionali. L’ASEAN e, in particolare il Vietnam, hanno fatto un grande compromesso accettando di lasciar perdere una clausola che avrebbe dato il mandato di formare una posizione comune dell’ASEAN prima di trattare con la Cina sul problema dei Mare Cinese Meridionale. Ovviamente non c’è nulla che impedisce alle nazioni conclamanti di incontrarsi informalmente e consultarsi prima di ingaggiare la Cina, ma il gesto è stato importante nel convincere la Cina che il Vietnam non poteva usare l’ASEAN per coalizzarsi. La posizione cinese era che si doveva confrontare con i soli conclamanti, Brunei, Malesia, Filippine e Vietnam. Naturalmente come presidente di turno, l’Indonesia aveva la responsabilità di migliorare la posizione dell’ASEAN e dei suoi membri. Ma per essa c’era in gioco qualcosa di più della reputazione come capo regionale. Infatti l’Indonesia ha formalmente protestato contro la Cina per la sua pretesa delle “linea a nove tratti” con cui disegna la regione reclamata e che si sovrappone ad alcune sue aree nell’area del mare cinese meridionale.
L’aggressivo coraggio politico vietnamita e la lunga esperienza vietnamita con la Cina erano pienamente visibili. Il Vietnam ha sfidato la Cina ogni volta, in ogni occasione. Diplomaticamente, il Vietnam manovrava per avere il sostegno dell’ASEAN facendo riferimenti continui alla proibizione del DOC di usare la minaccia o la forza, facendo riferimenti consistenti alla Convenzione dell’ONU sulla Legge del Mare (UNCLOS) e al fatto che la richiesta cinese non è conforme a tale legge. In precedenza dimostrava la propria conformità alla convenzione inviando, insieme alla Malesia, alla Commissione della Piattaforma continentale Estesa dell’ONU, la sua adesione, un atto che la Cina percepiva come provocatorio.
Il dramma diplomatico
Le Filippine, che non ha alcuna possibilità di fronteggiare la Cina militarmente, sceglieva di appellarsi all’ASEAN, alla comunità internazionale e alla legge internazionale. Dimostrava anche coraggio politico rompendo molte regole non scritte della Cina per mantenere le buone relazioni. “Internazionalizzava” il problema appellandosi all’ONU e agli USA per aiuto, facendo anche riferimento al patto di Mutua difesa firmato con gli USA del 1951, che potenzialmente obbligava gli USA ad aiutare le Filippine o le sue forze se attaccate. Provava anche a legare le dispute alla libertà di navigazione e dichiarava che la nuova posizione era una minaccia alla pace in Asia. Rendeva pubblico il problema rivelando dettagli dei suoi negoziati con la Cina, in particolare che la Cina stava già basando la sua dichiarazione sulla “linea a nove tratti”, confermando questa posizione non ortodossa al mondo. E pubblicamente sfidava le richieste cinesi suggerendo che si decidesse sul problema giurisdizionale da un arbitrato, secondo la UNCLOS del 1982, che entrambe le nazioni avevano ratificato.
La Cina, messa sulla difensiva, ha rifiutato con rabbia. Le Filippine hanno rivelato che la Cina aveva portato il Parlamento e il governo ad astenersi dal reclamare le isole Spratly come parte del proprio arcipelago lasciando così qualche spazio per il negoziato.
Mentre la tattica diplomatica filippina potrebbe sembrare insolita, è stata alquanto efficace nel forzare la Cina e gli USA a prendere importanti decisioni. Forse in modo ancora più importante dimostravano che la legge internazionale potrebbe aiutare a rendere le relazioni più eguali e dare una pausa alle nazioni più potenti. Il ministro Del Rosario ha condotto l’attacco. Diceva: “Non dobbiamo convincere la Cina, dobbiamo convincere l’ASEAN che far diventare questo mare una Zona di Pace, libertà, Amicizia e cooperazione è un modo valido di risolvere le contese.” Ed aveva il sostegno forte del suo presidente Aquino che, nel suo secondo messaggio alla nazione, diceva: “Il nostro messaggio al mondo è chiaro: quello che è nostro è nostro. Mettere un piede a Recto Bank è come mettere un piede sulla Recto Avenue” (Recto Bank sono degli isolotti contesi nelle Spratly e Recto avenue è una grande arteria a Manila). Il suo prossimo passo è un incontro di esperti legali, a Manila, dell’ASEAN per discutere la proposta. Le Filippine sperano, alla fine, di spingere l’ASEAN a delineare le aree contese in modo legale come obiettivi comuni di sviluppo.
Anche l’Australia è stata tirata dentro. Nel mezzo della situazione calda ha tenuto delle esercitazioni navali congiunte con USA e Giappone nel Mare Cinese Meridionale, inviando così un segnale all’ASEAN e alla Cina del suo sostegno alla politica aperta americana di respingimento nei confronti della Cina e di eventuale sostegno agli USA, se la Cina dovesse applicare lo stesso atteggiamento americano. Questo tono più stridente si è rivelato un preludio ai possibili cambiamenti nella politica di difesa che includeranno una collaborazione più stretta tra USA e Australia. E’ altresì previsto che coinvolga, tra l’altro, un posizionamento dell’equipaggiamento statunitense in Australia come pure un più grande uso americano delle istallazioni australiane ed i suoi porti. Alcuni analisti della difesa australiani sono ora preoccupati che l’Australia possa essere tirata dentro in un scontro o in un conflitto tra USA e Cina.
Sono anche note le preferenze del Giappone, il cui ministro della difesa identifica la Cina come un potenziale nemico, mentre un ultimo rapporto della difesa alza la posta accusando la Cina di intraprendere “azioni pressanti” nelle dispute del mare cinese meridionale che del mare orientale. Alcuni analisti cinesi importanti sono giunti alla conclusione che il Giappone sta mostrando sostegno per le nazioni reclamanti dell’ASEAN come una grande cospirazione per contenerla e costringerla. La Cina ovviamente non solo ha protestato contro la posizione pubblica giapponese ma si è anche appellata al miglior giudizio giapponese nella scelta tra essa e gli USA.
Anche Taiwn è entrata in gioco, accusando l’ASEAN e le linee guida DOC poiché non è stata consultata o coinvolta. E’ stata anche sollevata la possibilità il presidente Ma Yin-jeou possa far visita a Pechino per la questione del Mare Cinese Meridionale. L’Accademia militare dell’esercito cinese ha ripetutamente invitato Taiwan alla cooperazione nel proteggere “i diritti ancestrali comuni” dei mari meridionale ed orientale.
In mezzo al palcoscenico
Comunque il personaggio principale in questo teatro delle ombre era la Cina e gli USA, ed è la loro rivalità che ha spinto i problemi in avanti e creato pressione per fare qualche passo in avanti. Invece l’ASEAN deve essere molto attenta a non essere presa nel mezzo ed essere uno strumento da una delle parti per spingere per i propri interessi. Giocando forse sulle peggiori paure di qualche stato, la Cina ha fatto capire che gli USA sacrificheranno, se necessario, gli interessi dell’ASEAN alla Cina per i propri. Una cosa migliore sarebbe una collaborazione tra ASEAN, Cina e USA.
Non è una cosa segreta la contrapposizione strategica tra Cina e USA nel Mare Cinese Meridionale. Una sta lottando per mantenere e, qualora necessario, dimostrare il proprio dominio mentre l’altro è intento a espandere la sua potenza e il suo passo. Le strategie rispettive di guerra nucleare possono giocare un ruolo. L’ultima US National Military strategia afferma che “per salvaguardare gli interessi americani e delle nazioni partner, saremo preparati a dimostrare la volontà e impegnare le risorse opportune per opporsi alle azioni di qualunque nazione che metta in pericolo l’accesso e l’uso degli spazi comuni e dello Cyberspazio, o che minacci la sicurezza dei nostri alleati.” Questo era chiaramente per la Cina nel mare cinese meridionale e la sua strategia “di bloccare l’accesso” nei confronti degli USA. Ma se la Cina si sentirà strategicamente contenuta e costretta sicuramente risponderà in termini politici e militari.
Le manovre cinesi erano prontamente apparenti. Aveva resistito da tempo alle linee guida ed ha fatto un grande compromesso quando si è detta d’accordo. Forse ha capito l’avvertimento ed ha avuto paura che le dispute spingevano l’ASEAN verso gli USA. Ma una probabile più potente influenza è stata la pressione dell’opinione pubblica mondiale, compreso USA e Giappone, ed il desiderio cinese di apparire ragionevole. Qualunque sia l’impeto, ha avuto successo attraverso la sua retorica e comportamento a ridurre la tensione, per lo meno per il momento.
Il prossimo atto
Ma questo potrebbe essere una fase temporanea. L’offensiva del sorriso cinese è misteriosa. Ha lamentato che Vietnam e Filippine, con la loro ricerca unilaterale di idrocarburi in aree reclamate dalla Cina, stanno violando i DOC ma senza risultati. Sembrerebbe che la leadership cinese stia perdendo la pazienza con i suoi vicini della regione. Ha avvisato in modo cupo di “conseguenze dovute” se sfidata nel Mare cinese meridionale. Ed ha avvisato il Vietnam che nella loro disputa particolare “prenderà tutte le misure ritenute necessarie”. Tuttavia sono state pianificate più indagini vietnamite e filippine, e persino perforazioni di esplorazione, nelle aree reclamate dalla Cina. La Philex Mining Corporation ha annunciato il suo piano di perforare almeno 2 pozzi sulle Reed Bank. Finora la Cina ha solo usato la polizia marittima per applicare la sua giurisdizione ma potrebbe cambiare idea.
Gli USA e la Cina hanno già avuto i loro momenti caldi in quell’area in relazione a quello che gli americani affermano il loro diritto di navigazione con gli incidenti della Bowditch e Impeccable, in cui i Cinesi contestavano la presenza americana nel mare cinese meridionale, che hanno messo a dura prova i nervi dei comandanti e dei capi della difesa di entrambe le parti. Benché le due nazioni continuino fortemente e fondamentalmente a non essere d’accordo sui principi coinvolti, forse hanno trovato un modo di operare. Almeno tutto è stato relativamente tranquillo su quel fronte, benché un recente incidente sullo stretto di Taiwan mostri che il problema è vivo. Nonostante la retorica positiva cinese, alcune nazioni dell’ASEAN sono davvero allarmate dal suo comportamento contraddittorio ed hanno cominciato ad esplorare una cooperazione tra le loro forze navali e a fissare delle linee telefoniche dedicate. E hanno cercato pubblicamente sostegno e soccorso americano che con intelligenza aveva aggiunto i problemi della libertà di navigazione. Gli Usa, che avevano confrontato la Cina con il discorso della Clinton ad Hanoi nel 2010, sono stati troppo felici di aiutare l’ASEAN, almeno verbalmente e con segnali che i militari comprendono bene come esercitazioni navali congiunte e visite ai porti, sia pianificati che non pianificati.
Completato il primo atto, il palcoscenico è pronto per il prossimo atto. Speriamo che questo teatro delle ombre abbia un finale edificante. Restiamo seduti.
Alla fine del Summit di Bali, proprio nel caso che la Cina non avesse afferrato il messaggio, la Clinton a scoperto le carte americane. Prima ha dichiarato che gli USA hanno un interesse nazionale nella libertà di navigazione, nella pace e stabilità e rispetto per la legge internazionale nel mare in questione. Secondo si oppone alla minaccia o all’uso della forza da chiunque abbia delle pretese. Terzo sostiene un processo diplomatico multilaterale per la risoluzione delle dispute. Quarto, richiama tutte le parti a chiarificare cosa rivendicano nel mare cinese meridionale in termini che siano consistenti con la legge internazionale consuetudinaria, compreso la legge della convenzione del mare.
La consistenza col diritto internazionale implica che le richieste di spazio marittimo dovrebbero derivare soltanto da richieste legittime in base alle caratteristiche della terra. Queste sono tutte delle sfide per la Cina, come lo è la risoluzione del Senato Americano che invitava a sostenere le Filippine nella sua disputa con la Cina e la visita del senatore Webb nella regione. (La posta molto alta del Mare Cinese meridionale secondo Mark Valencia)
Mark Valencia Globalasia