Termovalorizzatori speranza per la crisi dei rifiuti urbani in Vietnam?

Il governo guarda ai moderni termovalorizzatori in Vietnam come la soluzione del problema della crisi dei rifiuti urbani nel paese

Lam Van Quyet vive a qualche chilometro dalla struttura dei rifiuti di Tay Bac a Ho Chi Minh City ma sa esattamente a che ora arrivano i camion della spazzatura.

“Alle 3 di notte ci arriva la puzza orribile. L’immenso ammasso di rifiuti alto 20 metri riceve oltre 3000 tonnellate al giorno, un terzo del totale cittadino. Non basta spesso nel distretto di Cu Chi chiudere le porte di casa a Quyet e la sua famiglia e devono mangiare con la puzza di decomposizione che aleggia fino alle 8 di sera.

Termovalorizzatori speranza per la crisi dei rifiuti urbani in Vietnam?

Sono tra le centinaia di famiglie che soffrono dell’inquinamento dell’aria nel raggio di 10 chilometri dalla discarica di 700 ettari, la più grande struttura della maggiore città del Vietnam. I campi vicini giacciono abbandonati, i raccolti avvizziti, i fiumiciattoli sono neri di percolato, e l’acqua di falda è troppo sporca per essere usata. Nonostante le lamentele è cambiato ben poco.

“Dicono che la copriranno meglio ma nulla migliora davvero” dice Quyet.

Ci sono stati tentativi di chiudere questo incubo di venti anni. A luglio è iniziata la costruzione del primo inceneritore di rifiuti per elettricità della città all’interno della struttura di Ttay Bac. Il progetto Tam Sinh Nghia promette di bruciare rifiuti e generare inizialmente 365 milioni di kWh all’anno prima di raggiungere 1216 Gwh, sufficiente per alimentare 100mila delle 338mila case in un anno.

Questo progetto fa parte del piano più vasto di trasformare queste discariche anziane in moderni generatori di elettricità da rifiuti.

Mentre questa soluzione affronta la crisi dei rifiuti urbani e riduce l’impatto delle discariche, incenerire i rifiuti porta con sé gravi problemi di inquinamento e rende la soluzione dei termovalorizzatori una soluzione controversa.

Crisi dei rifiuti Urbani in Vietnam

Con quasi 100 milioni di persone e una rapida urbanizzazione, il Vietnam genera ogni giorno circa 68.000 tonnellate di rifiuti solidi, il 60% dei quali proviene dalle aree urbane. Si prevede un aumento del 16% entro il 2025, mettendo a dura prova le 1.200 discariche del Paese, dove finiscono circa due terzi dei rifiuti.

Le discariche più grandi nelle grandi città come Nam Son e Xuan Son di Hanoi sono stracolme. Dal 2021 sono state chiuse ripetutamente a causa del rischio di crollo degli argini di contenimento durante le grandi piogge. Ad Ho Chi Minh City, la discarica di Da Phuoc, che lavora oltre la sua capacità per 4 milioni di tonnellate, potrebbe subire lo stesso destino.

Il settore dei rifiuti vietnamiti emette 21 milioni di tonnellate di CO2 equivalente all’anno e rappresenta il 6,5% delle emissioni totali. Le emissioni di metano dalle discariche contribuisce con una parte significativa a 18 milioni di CO2e.

Il governo guarda ai moderni termovalorizzatori di rifiuti come alla soluzione del problema.

Termovalorizzatori in Vietnam per una montagna di rifiuti

I termovalorizzatori implicano il bruciare rifiuti, preferibilmente non riciclabili, per generale elettricità e quelli moderni possono ridurre il volume dei rifiuti del 90% mentre sfruttano l’elettricità e mitigano le emissioni di metano dalle discariche.

“Negli ultimi anni ha preso piede la tendenza a sviluppare termovalorizzatori in Vietnam mentre le province e città chiedono più investimenti.” dice Hoang Thanh Vinh, esperto di chimica, rifiuti ed economia circolare ed oceani presso UNDP per il Vietnam.

Il Vietnam ha bisogno di nuove fonti di generazione di elettricità. L’economia che scoppia, la rapida urbanizzazione e l’elettrificazione delle aree rurali ha fatto scoppiare il consumo energetico del 13% annuo negli ultimi venti anni.

Le mire del governo sono di raddoppiare la capacità produttiva del paese entro il 2030 fino a 150 GW con le rinnovabili che saranno dal 21 al 39% della produzione elettrica inclusi i termovalorizzatori.

Detto ciò le cifre ufficiali dicono che il recupero potenziale di energia dai rifiuti solidi sono di un modesto 1800 MW e l’obiettivo primario dei termovalorizzatori è di affrontare la crisi ambientale crescente piuttosto che creare altra energia.

Cambio di Approccio

La spinta ai termovalorizzatori in Vietnam rappresenta una svolta, perché fino al 2018 erano rigettati per le preoccupazioni sulla idoneità delle tecnologie, sul costo e gli impatti ambientali.

“I rifiuti delle famiglie in Vietnam, per lo più non selezionati, è l’ostacolo principale” dice Nguyen Xuan Quang, esperto di energia termina dell’università di Hanoi.

A causa del contenuto di organico da alimenti e giardini del 60% e gli alti livelli di umidità specie nella stagione umida, i rifiuti vietnamiti devono stare fino a 7 giorni ad asciugarsi in bunker per i quali bisogna bruciare gasolio per alimentare le fornaci con maggiori costi operativi.

Cosa ha quindi cambiato la posizione Vietnamita? Forse è il primo inceneritore a Can Tho che è stato finanziato dalla Banca di Sviluppo Asiatica e che usa forni a griglia ideali per rifiuti umidi non selezionati, consumando 400 tonnellate al giorno di rifiuti, il 70% dei rifiuti giornalieri di Can Tho.

L’impianto fornisce anche 150mila kWh di elettricità al giorno che è comunque ne richiede 12 milioni di kWh al giorno.

Gli esperti credono che il suo successo abbia portato all’impianto maggiore del paese di Soc Son ad Hanoi, lanciato nel 2022, che gestisce il 70% dei rifiuti di Hanoi, 4500 tonnellate al giorno e produce 40 milioni di kWh al mese.

Ci sono tre termovalorizzatori in Vietnam funzionanti ed altri 15 in costruzione con il sostegno di investitori nazionali e internazionali. Inoltre il governo incentiva gli investimenti offrendo un prezzo preferenziale di 0.010 Euro/ kWh prodotto. La media per tutte le elettricità è di 0.07 Euro.

La tecnologia è anche scelta da paesi vicini come Thailandia, Indonesia e Filippine ispirati dalla rapida espansione cinese dei termovalorizzatori. Nel 2022 la Cina era il primo paese al mondo con 900 inceneritori e gli investitori cinesi dominano il mercato degli inceneritori in Vietnam.

“Vietnam e Cina hanno molti lati simili nel campo dei rifiuti urbani e il suo contenuto complesso. La tecnologia sviluppata divora di tutto e li rende perfetti per rifiuti non selezionati” dice Quang.

Le trappole dei termovalorizzatori

Al momento il 13% dei rifiuti vietnamiti è bruciato in 500 piccoli inceneritori tradizionali e nel 2016 hanno contribuito al 2,6% delle emissioni complessive di rifiuti che sono per altro le maggiori fonti di diossine dalla guerra del Vietnam. Le diossine sono fortemente tossiche e possono produrre danni al sistema riproduttivo, al sistema immunitario, cancro e disordini ormonali.

Chi sostiene i termovalorizzatori dice che le strutture attuali sono più pulite e offrono un maggiore controllo dell’inquinamento. I regolamenti poco stringenti comunque sulle nuove tecnologie in Thailandia e Indonesia hanno acceso preoccupazioni sanitarie per il Vietnam.

Chi li critica sostiene che le misure di controllo della corruzione sono deboli nella regione e che sono insufficienti i monitoraggi delle diossine e di altre specie chimiche

“Se questa è una soluzione adatta al Vietnam resta una grande domanda” dice Vinh che aggiunge come i termovalorizzatori sono adatti a città che hanno poco suolo, ma dove il suolo non è un problema e il controllo è debole questi impianti devono essere riconsiderati.

Queste preoccupazioni si stanno già manifestando. All’inizio di quest’anno, le autorità locali di Can Tho hanno segnalato difficoltà nella gestione di 14.000 tonnellate di ceneri volanti pericolose rilasciate dal pionieristico impianto del Paese.

Il sottoprodotto, contenente diossine e metalli pesanti che devono essere gestiti con attenzione, si è accumulato in sacchi e lasciato all’aperto nel complesso. Il problema persiste a causa di una situazione di stallo tra produttori e autorità, oltre che per gli elevati costi di trattamento.

Il controllo delle emissioni tossiche rimane una sfida, dice Quang. Il monitoraggio di diossine e furani – sostanze chimiche altamente tossiche rilasciate dalla combustione dei rifiuti – è costoso. I soli test possono costare oltre 900 dollari per campione, e per garantire la sicurezza sono necessari più campioni e test regolari.

“Quindi le misure di protezione ambientale in questi termovalorizzatori sono in genere di misurare gli inquinanti comuni, non le diossine né i furani, a causa dei costi elevati e risorse limitate” dice Quang.

Attirare gli investimenti è stato difficile, poiché la maggior parte dei fondi è richiesta in anticipo per le attrezzature, mentre i ritorni possono richiedere da 10 a 20 anni. Per incoraggiare gli investimenti, uno studio ha raccomandato al governo di raddoppiare il prezzo dell’energia. Il governo ha invece proposto di passare a tariffe negoziate individualmente con la società statale Electricity of Viet Nam (EVN), il che, secondo quanto riferito, aggiunge ulteriore incertezza agli investitori, già scoraggiati dai complessi processi di approvazione.

Una serie di progetti multimilionari a Hau Giang, Thanh Hoa, Dong Nai, Phu Tho e Ninh Binh sono in ritardo da anni a causa di ostacoli burocratici, aumento dei costi e carenza di fondi.

In definitiva, questi costi ricadranno sui contribuenti, afferma Vinh. “La tecnologia è costosa e molte province stanno guardando solo la punta dell’iceberg dei termovalorizzatori “.

Alternative al trattamento dei rifiuti

Secondo GAIA, alleanza mondiale per alternative agli inceneritori, l’incenerimento di rifiuti comporta maggiori emissioni d carbonio rispetto al carbone. Includere i termovalorizzatori nei piani del clima potrebbe perciò minare gli sforzi di riduzione dei gas serra del Vietnam.

La dipendenza del paese dal finanziamento internazionale per la riduzione delle emissioni pone rischi sulla salute pubblica e pesi finanziari se i fondi vanno all’incenerimento piuttosto che a metodi sostenibili come il riciclo.

Per GAIA i termovalorizzatori sono una falsa soluzione che richiede sempre lo smaltimento delle ceneri tossiche e suggerisce il compostaggio oltre che alla riduzione dei rifiuti e al loro riciclaggio con una separazione giusta delle fonti che potrebbe tagliare le emissioni di metano mentre sostenere dei lavori verdi.

“Vale la pena dare priorità a queste misure piuttosto che investire in infrastrutture costose e rimanere bloccati da rischi futuri”, afferma Vinh. “L’attuale metodo di incenerimento brucia tutto, comprese le opportunità di un’economia circolare”.

Un futuro sul fuoco

La diffusione dei termovalorizzatori in Vietnam riflette la antica lotta del Vietnam con la gestione dei rifiuti e la mancanza di un chiaro e fattibile piano.

La Strategia Nazionale di Protezione Ambientale rimane incentrata sulla riduzione dell’uso delle discariche dal 70% al 30% entro il prossimo anno, nonostante una riduzione di solo il 6% dal 2019 al 2023. La strategia incorpora anche tecnologie di riciclaggio, riduzione dei rifiuti, selezione e recupero energetico. Tuttavia, gli esperti avvertono che questi metodi possono essere in conflitto tra loro.

Il boom degli inceneritori in Cina deve essere di monito. La spinta alla raccolta differenziata e al riciclaggio ha fatto mancare il combustibile agli inceneritori.

Bamboo Capital, che gestisce il termovalorizzatori di Cu Chi, non ha risposto alle domande sulla gestione degli inquinanti tossici come furani e diossine.

La discarica su cui sorge continua a inquinare l’area, mentre il promesso cuscinetto di alberi per proteggere i residenti non è ancora sorto dopo 17 anni. Molti abitanti della zona non hanno nemmeno sentito parlare del nuovo impianto.

“Potrebbe rilasciare tossine, ma non sono ancora preoccupato. È solo un’altra puzza a cui chiudere le porte”.

Nhung Nguyen, Diologue Earth

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