Trattative di pace nel restio sud thailandese tra emissari del governo di Bangkok ed esuli dell’insorgenza nazionalista musulmana di Patani
Dopo sei anni di contatti segreti, messi in pericolo dalle agitazioni politiche e dalla sfiducia reciproca, i colloqui di pace di alto livello, che mirano ad affrontare le radici dell’amara insorgenza malay musulmana della Thailandia, stanno per vivere una fase più di sostanza e più aperta.
In alcune interviste recenti, sia i negoziatori del governo Thailandese che del movimento separatista hanno espresso dell’ottimismo sulla necessità di mettere sul tavolo i problemi chiave, ammettendo che è ormai esaurita l’utilità di tenere segreti, o addirittura di negare, i colloqui.
“Il fatto di mantenerli segreti stava uccidendo i colloqui di pace” ha dichiarato uno dei negoziatori.
Gli attuali colloqui si svolgono tra una delegazione governativa e un’alleanza delle due fazioni degli insorti, riconosciute da Bangkok, per avere un ruolo centrale nel conflitto, il Fronte Rivoluzionario nazionale malay di Pattani (BRN), la fazione ombra che è sempre stata l’organizzazione dietro le violenze bruscamente salite dopo il 2004, e la più moderata Organizzazione di Liberazione Nazionale di Pattani (PULO), riemersa come un’ala del movimento attiva a livello internazionale.
Un membro del governo Thai ha detto in una prima conferenza dettagliata sull’iniziativa: “Si era giunti alla conclusione che c’era bisogno di far conoscere al mondo esterno, in modo graduale e in larghi termini, che c’è un processo di pace. Il movimento di Pattani voleva un segnale che il governo era davvero serio nell’affrontare i colloqui di pace.”
Un membro della delegazione governativa ha aggiunto: “Si giunge al punto quando non ci possono essere sostanziali passi in avanti se il processo non è pubblico. E questo è qualcosa che ho passato al massimo livello del governo”
Malgrado la nuova apertura, analisti indipendenti sono d’accordo nel dire che i mesi a venire metteranno probabilmente alla prova la perizia e la risoluzione dei due gruppi di negoziatori. Contro lo sfondo di una violenza costante, avranno bisogno di manovrare tra il negoziare le misure che servono a dare una forma reale amministrativa, linguistica e simbolica alla distinta identità malay delle province meridionali in conflitto di Patani da un lato, mentre, dall’altro lato, dissipare l’inveterato scetticismo delle frazioni estremiste di entrambi gli schieramenti.
L’interesse di Bangkok nello stabilire una comunicazione con l’opposizione armata nelle province a predominanza musulmana di Pattani, Naratiwath, Yala e parte della vicina Songkhla fu per prima iniziata dal disastroso incidente di Tak Bai secondo uno dei rappresentati coinvolti nel processo.
Quel 25 ottobre 2004 le forze militari thailandesi uccisero sette manifestanti musulmani a Narathiwat e si resero responsabili della morte di altre 78 soffocati durante il trasporto per essere interrogati a Pattani. L’incidente, un potente aiuto alla propaganda dei ribelli, aggiunse benzina ad un conflitto già nascente, ma spinse l’allora primo ministro Taksin ad esplorare la possibilità di apertura di contatti con una insorgenza ancora mal compresa.
Favorita da una ONG internazionale accetta ad entrambi gli schieramenti, il contatto ed il dialogo ebbero una fase di stanca tra il 2005 e il 2007 con una serie di incontri segreti in varie nazioni.
La profonda sfiducia del movimento di Pattani sulle ragioni del governo per accettare contatti segreti, un modo di pensare acquisito con l’esperienza dei metodi di intelligence dei militari negli anni 80 e 90, non hanno precluso la via ai primi progressi.
“I primi tre anni di questo processo sono stati usati per costruire una fiducia reciproca, ma l’inizio non fu facile perché loro non avevano fiducia in noi.” notava il rappresentate Thailandese che ha giocato un ruolo chiave in tutti i negoziati.
Un quadro generale del processo fu stabilito nel 2007 e sembrava promettere un movimento reale quando, nel dicembre di quello stesso anno, l’allora primo ministro il generale Surayud Chulanont si incontrò con i rappresentanti del BRN e PULO in Bahrain, la prima volta in cui un capo di governo thailandese incontrava dei capi separatisti di Pattani.
I probemi politici a Bangkok e il disinteresse mostrato da Samak Sundaravej comportò una caduta del processo che in seguito fu ravvivato e riformato dall’amministrazione di Abhisit nel contesto di una politica del Consiglio di Sicurezza Nazionale (NSC) sul Meridione che fu per prima sottoscritto dal gabinetto del governo del golpe dell’ottobre 2006.
La politica di NSC permette “di promuovere il dialogo con individui o gruppi di persone che hanno differenti opinioni o ideologie differenti dallo stato sul come risolvere il conflitto” nelle province di frontiera.
Al momento, un comitato di dialogo governativo, composto da sei persone, è guidato da uno studioso con grande esperienza nella regione ed ha nei suoi ranghi ufficiali del NSC, e significativamente, sin dall’inizio di quest’anno, un generale dell’esercito Thai nominato dal comandante generale Prayuth.
Fonti ufficiali notavano che questo gruppo rispondeva ad un comitato guida presieduto dal primo ministro, come capo del NSC, e includeva anche Prayuth e i segretari permanenti dei ministri della giustizia e degli affari esteri.
Da parte dei ribelli, un gruppo di sette persone, sotto l’ombrello di un’organizzazione chiamata Movimento di liberazione nazionale malay di Pattani (PMLM), è guidato da Kadtori Mahkota, vive presidente e capo degli affari esteri del PULO di stanza in Svezia, e fiancheggiato da altri capi anziani del PULO e BRN. Da notare è che include rappresentanti degli elementi armati che operano all’interno delle tre province dove più attiva è la violenza. Mentre le attuali identità e i luoghi di residenza di questi gruppi è sconosciuto al governo, le loro credenziali come protagonisti reali sul terreno sono state validate dalle forze di sicurezza thailandesi.
Fiducia occasionale
Ad essere precisi, i colloqui sono stati sporadici e in modo discutibile poco sostanziosi. Ma come notava una delle persone coinvolte, i vari incontri sono stati cruciali nel costruire un livello di fiducia e un canale di comunicazione tra le figure chiave nel governo di Bangkok e i militari e le figure importanti nell’insorgenza.
Secondo una fonte, il processo è stato concettualmente produttivo. “I colloqui hanno aiutato i Thai a discutere del futuro che ha cambiato le regole del gioco, in termini di ciò che potrebbe essere accettabile per un eventuale accordo. Hanno anche incoraggiato il movimento di Pattani a considerare eventuali scelte oltre il ‘tutto o niente’ della loro richiesta di indipendenza e aiutato loro a dare forma alle loro idee.”
Più recentemente, due fattori hanno contribuito a dare maggior impeto. Il primo è stata una spinta iniziale ad una misura di costruzione confidenza sostanziale (CBM) che ha assunto la forma di una sospensione controversa, lunga un mese, delle ostilità da parte dell’insorgenza in tre distretti della provincia di Narathiwat a giugno e luglio dello scorso anno. Accettato da entrambe le parti col governo che sceglieva gli specifici distretti – Cho Airong, Ra ngae e Yingor – il passo era destinato a dimostrare sia la buona fede degli insorgenti che, più importante, un convincente grado di comando e controllo sulle forze sul terreno da parte dei negoziatori.
Di conseguenza, il PLML cominciò a sospendere “gli attacchi organizati”, che implicano largamente attacchi con bombe e armi da fuoco sulle forze di sicurezza da parte dei gruppi della guerriglia. L’accordo, in modo specifico, non copriva gli omicidi specifici di individui che si riconoscevano difficili da controllare in ogni insorgenza decentralizzata, e che in ogni caso nelle province meridionali violente della Thailandia non sono tutte il lavoro dell’insorgenza.
Al tempo, Abhisit e altri rappresentanti informati erano riluttanti a confermare pubblicamente o a negare che si stavano svolgendo delle prove, ancor meno dare il totale sostegno. Gli ufficiali del posto erano interamente all’oscuro del cessate il fuoco, negando nel dopo, i rapporti che lo affermava.
Il loro scetticismo era abbastanza comprensibile dal momento che gli attacchi organizzati, in ogni distretto delle province di confine, erano relativamente pochi nello spazio di un singolo mese e che la loro assenza poteva essere considerata anche come una situazione normale, specie se si considerano gli omicidi sporadici ma costanti.
In retrospettiva i due gruppi di contatto videro l’esercizio come utile, nonostante la frustrazione da parte della guerriglia di non percepire un reale sostegno da Bangkok della loro temporanea sospensione delle ostilità.
IL cessate il fuoco fu macchiato da un solo “attacco organizzato”, un fallito attacco con bombe lungo la strada a Cho Airong, il 18 giugno, che mirava a colpire un poliziotto, al volante di un’auto privata da Narathiwat al suo posto a Sungai Padi, dopo aver portato un detenuto della guerriglia alla corte provinciale. L’attacco, che chiaramente implicava la conoscenza dei movimenti del poliziotto, era discutibilmente fatto più dalla guerriglia in Sungai Padi che in ChoAirong.
Un altro obiettivo verso una maggiore apertura è stata la coscienza a Bangkok che i colloqui segreti continuati comportano il rischio che corpi governativi esteri, essenzialmente l’Organizzazione della Conferenza Islamica (OIC), potessero essere tirati in quello che il governo thailandese, da sempre, definisce un conflitto interno. Queste paure trovarono riscontro a settembre dello scorso anno quando rappresentanti del segretariato dell’OIC incontrò le figure separatiste a Kuala Lumpur in Malesia e Jeddah in Arabia Saudita.
Inoltre far conoscere dell’esistenza di trattative di pace con un processo già ben stabilito serve a tenere lontano stati esteri interessati, mentre si toglie il terreno ad elementi delPMLM o alla diaspora di Pattani per appellarsi ad una mediazione esterna. Per un regno che va fiero della sua storia di resistenza ai disegni coloniali del 19° secolo il coinvolgimento nei suoi affari interni di stati esteri o corpi governativi è percepito dai suoi rappresentanti come la punta sottile di una frusta di umiliazione che rischia di allargarsi in uno smembramento territoriale.
Ostacoli elevati
Vari problemi sono davanti ai gruppi di dialogo. Il primo e il più importante è un gesto da parte di Bangkok che sostenga le misure di confidenza per affermare e reciprocare il cessate il fuoco organizzato dall’insorgenza lo scorso anno. Come l’ha riassunto uno dei membri del comitato “La sfida attuale è che il governo deve mostrare che il passo in avanti ha un momento che deve continuare e che il processo non è solo un gioco tattico”
Un gesto sostanzioso, sollevato dal PMLM nei colloqui, sarebbe il rilascio di qualcuno dei quattro rappresentanti del PULO detenuto in Malesia agli inizi del 1998. I quattro furono dopo condannati in un tribunale thailandese per tradimento ed omicidio all’ergastolo.
“Un rilascio è solo un segno ma davvero importante.” ha detto il presidente de comitato PMLM, Kasturi Mahkota in una intervista recente, in cui ammetteva che il governo era “serio come non lo era mai stato prima nel trovare una soluzione. Non posso dire che sono ottimista al cento per cento, ma ho fiducia”
Tra gli analisti indipendenti che conoscono la situazione si pensa che, nell’attuale dibattito tra moderati ed estremisti nel campo degli insorti, un gesto pubblico significativo da parte del governo servirebbe anche a rafforzare la mano di quelli preparati al compromesso piuttosto che alla lotta senza fine
Secondo altre fonti informate, un atto di conciliazione da parte thailandese porterebbe ad una ulteriore sospensione limitata delle ostilità della guerriglia, benché questo non possa essere fatto conoscere in anticipo per evitare un sabotaggio da vari attori di entrambi gli schieramenti.
Al di là delle misure di confidenza, comunque, rimane il fondamentale problema delle proposte politiche espresse dal PLML. Il bisogno di negoziare e accordarsi su cose specifiche non sarà facile per un movimento che finora ha gioito della lussuria di fare richieste grandiose di indipendenza senza la minima preoccupazione rispetto ad esigenze di politica pratica. Spostarsi verso la negoziazione pone il pericolo di esacerbare le differenze all’interno di un movimento che è noto essere diviso.
Comunque varie fonti notano che un tale lavoro è in corso e che i gruppi di studio, messi su dal gruppo di negoziatori della guerriglia, stanno guardando a differenti conflitti separatisti quali l’Irlanda del Nord, i Paesi Baschi spagnoli, le Filippine di Mindanao e Aceh indonesiana.
Il gruppo di PMLM sta anche vagliando i dee e proposte da gruppi di società civile sempre più attivi delle province di confine, un fatto che Kastori ha sempre ripetuto essere importante. Come notato da uno dei membri della delegazione governativa, “Il nostro ultimo incontro col movimento di Pattani è stato particolarmente produttivo in quanto hanno ammesso che, per una soluzione durevole, il ruolo della società civile è importante e necessario.”
Da parte sua ilNSC sta attualmente formulando una nuova politica sulla sicurezza nelle province di frontiera che sostituisca quella del 2006. Dagli inizi le organizzazioni della società civile sono state invitate a partecipare secondo un rappresentante thailandese, il quale aggiungeva che erano state prese in considerazione anche le idee propose al tavolo del negoziato dal PLML
Cionondimeno, nei mesi prossimi il negoziato inevitabilmente entrerà più nei dettagli della decentralizzazione del potere, il ruolo della lingua Malay e di vari altri problemi, un processo controverso che non porta nessuna garanzia di successo.
Nonostante che il mandato e i riferimenti si estendano al di là di ogni singola amministrazione a Bangkok, il processo di pace inevitabilmente rimarrà ostaggio degli eventi sia nazionali che regionali. La divisione politica nazionale pone la minaccia di ulteriori sollevamenti a Bangkok e il pericolo di una coerenza politica sulla crisi nel meridione.
In modo simile, grossi attacchi della guerriglia oppure altri sconvolgimenti rischiano di avere un impatto sui colloqui. Come ha espresso un osservatore di esperienza “Anche se i militari partecipano al processo, ci sarà sempre un legame tra il livello di violenza e il loro impegno ad un dialogo genuino e alla riconciliazione.”
Facendo l’assunzione che il processo non sia affetto da eventi imprevisti, ci sono ancora vari ostacoli grandi all’accordo di pace. Uno è la società thailandese buddista storica con i suoi media che, anche dopo sette anni di violenza senza fine, hanno una comprensione minima delle radici della disaffezione dei musulmani malay e sono preparati a sostenere le risposte nazionaliste che hanno finora esacerbato soltanto il problema.
Un altro ostacolo è la costituzione thailandese. La santità della carta nazionale e l’indivisibilità dello stato Thai in esso stabilita rimane sacrosanta al governo. Comunque, i duri del campo della guerriglia hanno additato, anche con giustificazione, al fatto che i militari thailandesi hanno con regolarità abrogato e riscritto le costituzioni sin dalla fine della monarchia assoluta del 1932. Per loro non c’è ragione per cui non si possa riscrivere l’attuale costituzione per accomodare la loro visione di una Pattani come unico posto nel corpo politico nazionale.
Per un processo di pace ancora all’inizio che solo ora diventa pubblico, le sfide promettono una corsa ben più in salita di quella finora percorsa.
Anthony Davis DSW