La Thailandia ha riguadagnato una calma e stabilità relativa nello scorso anno e dopo l’alluvione più disastrosa da cinquantanni a questa parte, che è terminata agli inizi del 2012, nel mezzo di una crisi politica ed di tumulti che risalgono al 2005, il governo di Yingluck Shinawatra, premier thailandese, ha avuto qualche attimo di respiro per introdurre la sua agenda politica “populista” legata ai consumi.
Comunque le proteste di strada contro il suo governo non sono sparite. Ad ottobre novembre dello scorso anno un movimento conservatore e realista denominato Pitak Siam, che si opponeva a Thaksin Shinawatra fratello del Primo ministro, ha mobilitato più di una decina di migliaia di manifestanti nel suo momento migliore. Ma il movimento anti Thaksin non è riuscito a produrre un sostegno di massa come nel 2005 e 2006 e nel 2008, quando fu strumentale alla cacciata dei governi del partito di Thaksin.
Dopo le tante discussioni viste in questi ultimi anni, la politica Thailandese ha raggiunto un suo plateau che è caratterizzato da un accomodamento non facile da un lato e una fase di stallo prolungata dall’altro.
Quello che richiede attenzione da ora in poi, è come il paese riesce ancora ad andare avanti nonostante le tremende domande che trova e la fase finale onnicomprensiva attorno alla successione reale. Considerando la vittoria delle scorse elezioni nel luglio 2011 con una maggioranza decisiva fatta di 265 su 500 parlamentari, Thaksin ha giocato le proprie carte con una pazienza che non gli si riconosce. Lui ed il suo gruppo di lavoro hanno imparato dai passati errori. Nel febbraio 2008 ritornò a Bangkok dopo un’altra vittoria elettorale simile di due mesi prima e la sua presenza destabilizzò la politica facendo strada alle proteste e alle manovre giudiziarie che scrissero il destino del suo governo fantoccio.
Thaksin dovette andarsene ancora qualche mese dopo per non ritornare più da allora. Il suo partito rivinse le elezioni e prese le redini del potere solo per lasciarle di nuovo entro un anno attraverso dimostrazioni extra parlamentari e attivismo giudiziario senza precedenti.
Questa volta sembra esserci qualche differenza. Thaksin governa bene standosene fuori della Thailandia con l’aiuto della tecnologia, mentre sua sorella governa il paese a casa di persona, circondata dal suo gruppo e dalle sue idee politiche. Dai membri del governo alle nomine chiave delle imprese statali alle strategie di partito e delle magliette rosse, Thaksin dà la sua approvazione su tutto.
Oltre allo starsene in esilio, Thaksin ed il suo gruppo non hanno fatto pressioni per il gioco della costituzione. Il suo partito Puea Thai, che fece campagna elettorale sull’emendamento alla costituzione sostenuta dai militari del 2007, è stata timido e impacciato dopo aver vinto il potere. Il governo di Yingluck, con una maggioranza di oltre la metà dei parlamentari della camera bassa e quasi metà dei senatori eletti, ha la maggioranza bicamerale per rivedere la costituzione come gli aggrada. Eppure quando il cambio di costituzione del governo fu portato nella Corte Costituzionale lo scorso luglio, il partito Puea Thai gettò la spugna senza battere colpo. La corte decise di aver il potere sul lavoro legislativo sul cambiamento di costituzione e suggerì che si tenesse un referendum sugli emendamenti per capire cosa ne pensasse l’opinione pubblica.
Il governo per evitare tensioni tra il ramo giuridico e quello parlamentare mise da parte il cambiamento di costituzione istituendo commissioni e chiedendo ad esperti legali e studiosi i pro ed i contro sul modo di procedere.
Il cambiamento costituzionale è rinviato alle calende greche, e potrebbe essere l’eredità del prossimo governo. Dal punto i vista dell’attesa di Thaksin, non si fa pressione sul cambio di costituzione perché potrebbe far deragliare il governo di Yingluck Shinawatra. Anche con le regole costituzionali scritte per tenerlo fuori dal governo, le ripetute vittorie elettorali sue e del suo gruppo ovviano all’urgenza di cambiamenti di costituzione. A cosa serve cambiare le regole se poi si continua a vincere nel gioco?
Mentre la corruzione è sinonimo del marchio Thaksin, gli scandali di corruzione di Yingluck sono stati gestibili. Benché la corruzione permei la società e le istituzioni thailandesi, la domanda è se accia abbastanza danno da discreditare e corrodere la legittimazione del governo fino al punto di un golpe come nel 1991 e 2006, o la pressione popolare come nel 1992 e 1997 e censure parlamentari del 1995 e 1996.
Yingluck è giunta senza un bagaglio sulle spalle ma come un volto nuovo, da amministratore delegato di una ditta di famiglia al governo della Thailandia come politico eletto. E’ stata messa alla berlina e ridicolizzata per il suo gusto nel vestire, per il suo inglese cattivo ed il suo Thailandese e persino per una presunta tresca sessuale. Ma le accuse di corruzione contro la sua persona hanno fatto poca strada.
Senza sorprese, i ministri del suo governo hanno incontrato varie accuse di corruzione, come nelle spese di prevenzione dell’alluvione e la collusione e il favoritismo per la politica del governo sul riso, senza però che nessuna di queste accuse avesse abbastanza forte per colpire la legittimità di Yinglusk. Senza accuse di corruzione nei suoi confronti e con una corruzione nel governo gestibile, Yingluck ha coperto i fianchi tradizionalmente deboli di governi eletti in Thailandia.
La parte finale di questo baratto implicito è che la monarchia deve essere protetta e adorata a tutti i costi. Su maestà il Re è sul trono da 66 anni che presiedette una modernizzazione contemporanea del paese attraverso la Guerra Fredda quando ruoli simbiotici e forti della monarchia e dei militari erano essenziali nel mantenere lontano il comunismo.
Negli ultimi anni, la tensione thailandese per antonomasia si radica nella transizione duale dei tempi e degli individui. La democrazia elettorale negli anni iniziali del ventunesimo secolo supera i limiti di un ordine politico gerarchico centrato sulla monarchia tipico della guerra fredda. Il contrasto tra i prodotti centrati sulla democrazia e monarchia si è manifestata sotto forma di crisi e di disordine.
Per restare in carica, Yingluck suo fratello ed il suo gruppo deve permettere che le due transizioni facciano il loro corso senza correre o sovvertirli. E’ l’addio esteso dei thailandesi al loro passato da non essere interrotto da voci dissenzienti. Fu questa la ragione per cui il governo anti Thaksin del predecessore, Abhisit, reprimette con forza nel periodo 2009 2011 i reati contro la monarchia, invocando l’articolo 112 del codice penale conosciuto come lesa maestà e la legge del crimine informatico.
Da parte sua Yingluck ha fatto poco per proteggere la libertà di espressione affinché l’accordo suo e di suo fratello significa che la monarchia deve restare sacrosanta. Quello che succederà nel futuro nessuno lo sa, forse confinato al fatalismo thailandese buddista e ad un marchingegno collettivo per uscire dai pericoli attuali e del passato. Questo è il calmo fondamento della stabilità e della calma che stiamo vedendo. Il governo deve pagare la dovuta riverenza e seguire il flusso su tutte le questioni legate alla monarchia.
D’altra parte di questo accordo restano tanti nei centri del potere stabilito di Bangkok che detestano Thaksin fino alle loro ossa per il suo ego arrogante, per l’abuso di potere e la corruzione. Più di tutto non lo sopportano per essere l’ultimo arrivato da fuori del centro di potere che cambiò il modo in cui la Thailandia era agitando fino al fondo la situazione e svegliando un altrimenti disilluso elettorato. Ora le masse non sono più cittadini passivi fedeli quando continuano ad andare a votare quando possono domandando che i loro voti contino nella formazione del governo e nella formulazione della politica.
Sembra che ci sia stancati di essere anti Thaksin. Tanti in Bangkok odiano Thaksin ma non riescono a trovare abbastanza forza ed iniziativa da cacciare il governo anche attraversi un altro intervento militare o una dissoluzione giudiziaria. C’è troppo in gioco. Troppi occhi internazionali puntati. Troppo domande nazionali si porrebbero. L’unico modo per riacquistare il potere tra chi si oppone a Thaksin nel lungo termine è lavorare sulle prospettive delle elezioni richiedendo una ripresa completa del Partito democratico, un’impresa troppo grande per loro in questo momento.
Nei tempi medi, hanno dovuto tenersi Yingluck in casa in cambio dell’esilio auto-imposto di Thaksin fino a quando la costituzione rimane intatta e la monarchia fuori dai guai. Questi accordi sono i due lati della moneta thailandese: da un lato stallo e accomodamento dall’altro durante la transizione politica del paese.
Questa moneta tiene Thaksin fuori, permette a Yingluck di stare al potere, induce i centri del potere a starsene buoni e permette alla Thailandia di fare dei passi in avanti dopo anni di sclerosi politica. Un governo insolito per tempi insoliti.
Thitinan Pongsudhirak, Bangkokpost