Le elezioni del 3 luglio in Thailandia, mentre hanno dato un forte mandato a Yingluck Shinawatra di fare il prossimo governo, hanno aperto una strana situazione nelle province del restio Meridione Thailandese delle province di Yala, Pattani e Narathiwat.
A vincere lì sono stati i rappresentanti del Partito Democratico di fronte ad una opposizione fortemente disunita e frammentata da interessi particolaristici. Quale sarà il destino delle promesse di Yingluck in questa regione è un dato tutto da vedere: è appesa al movimento della società civile il destino di una riforma politica genuina che ponga fine alla violenza armata ed etnica nel profondo sud thailandese.
Nell’articolo che segue di Jason Johnson, “Le Speranze democratiche disattese per il meridione thailandese”, si esamina la situazione creatasi e le prospettive per la fine dell’insorgenza.
Le Speranze democratiche disattese per il meridione thailandese
Il Partito Puea Thai ha vinto le elezioni generali con una vittoria schiacciante che ha colpito fortemente il partito democratico. Ma nel lontano sud distrutto dall’insorgenza, i politici musulmani malay, che hanno fatto la campagna per qualche forma di governo eletto a livello regionale, hanno perso contro i candidati del Partito Democratico che si è sempre opposto a tutte le iniziative di autonomia regionale per risolvere il conflitto armato.
Nella corsa alle elezioni generali, vari partiti proclamavano riforme politiche nella campagna elettorale nelle province più meridionali della Thailandia di Pattani, Narathiwat e Yala. Sia il Puea Thai che i partiti minori quali Matubhum, Prachatam e Taen Khun Paendin, tutti dicevano ai votanti musulmani che avrebbero lavorato affinché Bangkok assicurasse le concessioni politiche alla regione.
D’altro canto, i Democratici al potere, il partito che si credeva di essere favorito dalla monarchia, dal suo Consigliere Privato e dalla gerarchia militare, non condividevano questa idea politica. Piuttosto il partito, guidato dal premier uscente Abhisit, suggeriva che avrebbe cercato di migliorare il Centro Amministrativo delle Province della Frontiera Meridionale, il cui capo era sempre stato un amministratore Thailandese Buddista nominato da Bangkok.
Col disappunto di quanti, tra i musulmani malay, si adoperavano per una qualche forma di governo regionale eletto, il Partito Democratico conquistò nove degli 11 seggi col 55% dei voti. In altre parole, i votanti di questa regione storicamente inquieta, dove la popolazione è per 80% musulmana, si è schierata in effetti per lo status quo dei rapporti di potere politico tra il centro thailandese e la sua lontana periferia meridionale.
Sin dagli inizi del 2004, la regione musulmana malay dell’estremo sud thailandese è stata immischiata nelle violenze e, benché gran parte di esse non abbiano base ideologica, c’è un movimento nazionalista, etnico religioso, violento che mira ad un’aperta indipendenza, o almeno a qualche forma di autonomia, dalla Thailandia. Alcuni politici musulmani e altri militanti nazionalisti hanno chiesto ai vari governi centrali di introdurre nuove forme di governo regionale autonomo, nella speranza che questo potrebbe calmare la violenza legata all’insorgenza, come anche lo scontento politico e culturale che gli insorti hanno in comune con gli altri musulmani malay in questa regione che fu legalmente incorporata nel Siam nel 1909.
Per alcuni thailandesi che sono contrari a concessioni politiche alla regione, il risultato elettorale ha detto che gli elettori musulmani malay non vogliono alcuna organizzazione amministrativa speciale. Era l’opinione che alcune persone delle forze armate che in questa regione ha 30 mila soldati a combattere l’insorgenza malay musulmana.
Le Promesse politiche
Se i votanti avessero condiviso le ambizioni nazionaliste di alcuni politici ed attivisti, avrebbero garantito il loro sostegno al Puea Thai, come dice un influente politico thailandese buddista che si è opposto ad ogni riforma in senso autonomista.
Puea Thai è la più recente incarnazione del partito di Thaksin, Thai Rak Thai, che vinse le elezioni nel 2001 e 2005. La violenza dell’insorgenza nel lontano sud crebbe in modo drammatico sotto la mano di Thaksin nel 2004. In quei primi anni di questo strascico di violenza, lungo sette anni e mezzo, l’uomo degli affari prestato alla politica non mostrò alcun interesse nel decentralizzare il potere politico nel lontano meridione.
Comunque la sua delegata e sorella in attesa di mandato di governo, Yingluck Shinawatra, ha affermato che il Puea Thai cercherà di stabilire nella zona un’organizzazione amministrativa speciale, e potrebbe vedere, nel già primo ministro e comandante dell’esercito, Chavalit Yongchaiyudh un ruolo di consigliere sulle questioni del meridione. Il leader ottantenne ha sempre mantenuto legami con le elite politiche musulmane e, agli inizi di quest’anno, ha rivelato un modello di governo riformato per la regione a cui si riferisce sempre come Nakorn Pattani, o, come è stata ridefinita ultimamente, Mahakorn Pattani. Chavalit è stato consigliere principale del Puea Thai fino alle sue dimissioni di aprile a causa di alcuni sentimenti antimonarchici di alcuni alleati di Thaksin tra il gruppo delle Magliette Rosse.
Nel frattempo, molti critici di Thaksin si domandano se il Puea Thai darà seguito alla sua offerta di più potere alla regione Musulmano malay. Sono in molti a dubitare che il nuovo governo sarà capace di mantenere altre promesse politiche quali un incremento dei salari, delle tavolette di computer gratis e di un salario garantito di 500 dollari al mese per i laureati di università.
Thaksin, quando fu premier tra il 2001 e il 2006, mostrò più interesse nel concentrare il potere dello stato che nella sua decentralizzazione. La messa in pratica della sua tattica dalla mano pesante nel lontano meridione, compreso i massacri alla Moschee di Krue Se e a Tak Bai, diede pochissima indicazione dell’interesse ad una soluzione politica al malcontento mentre era al potere.
Dal suo esilio di recente Thaksin ha ammesso che il suo pugno di ferro nell’affrontare la questione fu un errore, e quella strategia di certo non gli ha permesso di conquistare il consenso di molti amici malay musulmani, ma ci sono ancora alcuni nella regione che lo ammirano per aver scosso le fondamenta del potere tradizionale in Thailandia, tra i quali la Monarchia e il Partito Democratico. Alcuni sono persino inclini a pensare che un governo a guida di sua sorella Yingluck possa devolvere un potere significativo dal centro verso la periferia.
Tuttavia nelle tre province scosse dalla violenza, il Puea Thai ha fallito in mode abissale nelle elezioni. Il partito, con le sue roccaforti nel nord e nelle regioni del nordest, è stato incapace di vincere anche una sola circoscrizione e ha ricevuto appena il 12% dei voti delle partylist del profondo sud. Ha messo in campo molti politici inesperti e, secondo varie fonti, non ha lasciato molto patrocinio ai suoi candidati locali e agli agitatori.
In generale, i candidati al parlamento musulmani malay che sostenevano apertamente le riforme hanno mancato per poco l’elezione. Il solo Sukarno Matha del Puea Thai, fratello più giovane di Nor Matha e presente nel governo di Thaksin e già capo della fazione musulmana una volta potente del Wadah, ha perso per poco nella seggio 2 a Yala. Come tanti altri politici del Thai Rak Thai War Nor era stato bandito dal mantenere una posizione politica fino al 2012.
Per quanto Sukarno potesse venire da una potente famiglia politica, uno dei suoi amici, Mahamah-amin Munah si è allontanato da lui per il Partito Matubhun in competizione con lui. Se fossero rimasti uniti, Matha ce l’avrebbe sicuramente fatta a sconfiggere il candidato democratico Abdulkarim Dengrakeena che ha vinto di poco.
Mentre la famiglia Matha è rimasta fedele ai partiti allineati con Thaksin, gli altri politici del Wadah si sono uniti al Matubhun, compresi Ariphen Utarasint, Natjmuddin Umar, Muk Sulaiman, Paisal Yingsamarn, Jeh Isma-ae Jehmong, and even Den Tohmeena, e il figlio del leader nazionalista Haji Sulong Tohmeena, che a quanto si dice fu ucciso dalla polizia nel 1954.
Guidato dal comandante Sonthi Boonyaratklin, che lanciò il colpo di stato che cacciò Thaksin nel 2006, il partito Matubhun ha sostenuto pubblicamente, nella la campagna elettorale, l’introduzione di una qualche forma di nuovo governo regionale, ma nessuno dei vecchi capi del Wadah ha vinto un seggio.
Il solo candidato vittorioso è stato Anumat Susaroh, che ha sconfitto, per poco, l’attuale esponente del Bhum Jai Tai, Nimutka Waba nel seggio 3 di Pattani. Ma Anumat, già sindaco di un sotto distretto amministrativo, è conosciuto più per le sue influenze oscure che per la sua campagna politica per le riforme.
Anche il famoso parlamentare Waemahadee Waedao, conosciuto come Mor Wae non è stato eletto. Piuttosto che unirsi al Matubhun o al Puea Thai il politico si è creato il suo partito Taen Khun Pundin. Nonostante i richiami a riforme politiche il politico, un tempo accusato di aver legami con l’organizzazione terroristica indonesiana Jemaah Islamiya, ha conquistato il 4% dei voti.
Una tendenza comune tra le vecchie elite politiche musulmane è la mancanza di unità. Come ha scritto in un articolo del quotidiano in lingua thai, Matichon, Daungyewa Utarasint, intellettuale di Pattani del Deep South Watch, le divisioni tra il Wadah e gli altri politici musulmani ha fornito ai democratici l’opportunità di prendere i seggi della regione. Una eventuale forza musulmana unificata avrebbe permesso ai politici riformatori di aver successo nelle lezioni. A dire il vero, i votanti musulmani malay si sono stancati della elite Wadah negli ultimi anni per il fatto di essere preoccupati più del loro tornaconto materiale che degli interessi della base delle loro circoscrizioni. Eppure il successo dei Democratici potrebbe anche nascere, in piccola parte, dal cinismo musulmano malay verso la prospettiva di riforma.
Alcuni pensano che il Puea Thai non sia sincero nelle sue promesse elettorali. Sono in molti a pensare che le figure potenti a livello nazionale non permetterebbero la formazione di un modello di governo come Mahanakorn Pattani, che significherebbe la dissoluzione del SBPAC e la formazione di un governatore eletto per la regione.
Dubbi a parte, il sostegno malay musulmano per i Democratici potrebbe anche riflettere priorità relative. La regione è una delle più povere della Thailandia e, secondo molte fonti, gli incentivi materiali hanno giocato un grosso ruolo nella conquista dei consensi. In una circoscrizione conosciuta per la sua mancanza di sostegno ai Democratici, molti votanti, sembra ma non ci sono conferme indipendenti, abbiano ricevuto 50 euro per votare al partito.
Ma dopo questa sconfitta democratica dei politici musulmani malay che promuovevano il cambiamento, il potere di pressione verso il governo Puea Thai, che dia luogo alle sue promesse di stabilire un’organizzazione speciale amministrativa, resta nelle mani della società civile, opinione condivisa da vari studiosi e militanti, quali Utarasint di Deep South Watch. Essa dice: “I passi avanti verso un’organizzazione amministrativa speciale ha subito il contraccolpo delle elezioni nazionali nella regione. Ora i politici musulmani malay non saranno gli attori che spingono per un governo riformato. Comunque la società civile continuerà a lavorare su questi temi importantissimi”
Le figure politiche musulmane forse hanno bisogno di ripensare le loro priorità di riforma. Nel decennio scorso, i partiti guidati da Thaksin hanno mostrato chiaramente di poter guadagnare sostegno consistente tra le popolazioni del nord e nordest, mentre i Democratici mantenevano il comando a Bangkok e al meridione. Ma in questa parte restia del meridione, non c’è un solo partito capace di mobilitare, in modo consistente, una base di massa di sostegno popolare.
Jason Johnson