Passato il compleanno del Re, per definizione che deve essere un giorno di pace per la Thailandia, domani nove dicembre a Bangkok ritorna la prospettiva degli scontri di piazza e del tentativo di una parte fortemente antidemocratica della Thailandia di fare a pezzi la democrazia in nome della lotta contro il regime di Thaksin.
Qualunque stato democratico ammette il dissenso, la dimostrazione di piazza, lo scontro politico anche forte, ma non può permettere che una parte minoritaria del paese possa fomentare la violenza fino all’abisso del terrore. Guai se non ci fosse il dissenso, ma il tentativo in atto da parte del Partito Democratico di Abhisit e Suthep è equivalente ad un tentativo di golpe.
Il giorno nove dicembre a Bangkok, stando alle parole del falso profeta Suthep, è il giorno della verità.
“ ‘Non c’è bisogno di prolungare la nostra lotta fino al 2014 e al 2015. Abbiamo bisogno di ritornare alla nostra vita normale. Il governo lo sa. Per questo ha usato le tattiche e i negoziati con noi. Mira a prendere tempo per farci stancare e annoiare…. so quello che sta dietro il vostro modo di pensare… Finiremo ad ogni costo. Vedremo lunedì se vinciamo o perdiamo. E’ l’ultimo giro di lotte.
Suthep ha invitato i sostenitori del movimento contro il governo di marciare per le strade di Bangkok verso il palazzo del governo o di unire le manifestazioni dai tre cortei al complesso del Governo, al ministero delle finanze o alla Ratchadamnoen il 9 dicembre alle 9,40. Tutti i cortei termineranno al Palazzo del Governo. Tutti i tre luoghi devono sere occupati dai manifestanti.
‘Non torneremo qui. Vedremo se vinceremo o perderemo di fronte al palazzo del governo. Non entreremo nel recinto poiché rispettiamo i militari ma metteremo sotto analisi la volontà dei militari’ ha annunciato Suthep.”
Nel frattempo il Partito Democratico ha annunciato che tutti i suoi parlamentari si dimetteranno dal Parlamento e si uniranno alle manifestazioni di domani 9 dicembre a Bangkok. Il governo ed il parlamento avrebbero perso la propria legittimazione. Le dimissioni in massa inoltre permettono ai parlamentari del partito democratico di partecipare senza correre il rischio che il partito stesso possa incorrere nel rischio di scioglimento.
Di seguito traduciamo l’articolo di David Streckfuss sulla situazione a Bangkok
NO ALLA DITTATURA DI UNA MINORANZA
Quando il governo del primo ministro Yingluck Shinawatra aprì le porte dei palazzi del governo ai manifestanti a Bangkok martedì scorso, tutti i thailandesi di tutti i colori e di tutto il mondo restarono esterrefatti.
Dopo due giorni di dure battaglie con i manifestanti antigovernativi che lottavano per afferrare i simboli tradizionali dei ministri del potere governativi e della Casa del Governo, improvvisamente il governo ha cambiato azione ed ha lavorato con i manifestanti per rimuovere le barriere che li separavano. I manifestati furono accolti con fiori e abbracci.
Il capo della protesta Suthep Thaugsuban ha provato a cantare “una vittoria parziale” nell’ottenere l’entrata ai palazzi del governo, ma la strategia governativa aveva chiaramente preso i manifestanti alla sprovvista. Dopo le celebrazioni sui luoghi che avevano così strenuamente tentato di prendere capirono che c’era qualcosa che non andava bene e se ne andarono.
La strategia del governo, deliberata o causale, forse rappresenta un nuovo livello di lotta politica in Thailandia e può forse sfidare i credi di lungo tempo su cosa significhi o sia in primo luogo il “governo”.
Per secoli il modello de “L’abbattimento di un governo” è stato di prendere la rappresentazione fisica del potere politico, un castello, un palazzo o forse la persona della monarchia. Una volta che lo prendi hai vinto. La legittimazione del regime cade, l’usurpatore reclama il trono e si stabilisce una nuova legittimazione.
In Thailandia questo approccio ha condotto golpisti militari ogni volta a prendere le televisioni, i primi ministri, e i palazzi chiave del governo. Poi ripulivano una delle copie della legge marziale, tagliavano la programmazione normale delle televisioni e radio, leggevano l’annuncio ed era tutto fatto.
In questo caso Suthep e compagnia hanno cominciato a costringere le televisioni a trasmettere le richieste dei manifestanti. Poi hanno fatto del loro meglio per delegittimar il governo di Yingluck creando caos e distruzione sperando che il governo avrebbe risposto con la forza bruta che a sua volta avrebbe dato il pretesto ai militari di intervenire, deporre Yingluck e liberare il Comitato della riforma Democratica del popolo da una costituzione imbarazzante.
Ma non ha funzionato. Il governo di Yingluck si è attenuta strettamente agli standard internazionali per il controllo delle masse senza causare alcuna morte in queste battaglie per il controllo degli edifici governativi.
Per disperazione il PDRC ha dovuto trovare il martire da qualche altra parte provando ad addossare al governo la responsabilità della morte di uno studente della Ramkhameng University. Comunque le circostanze della morte di questo studente quella sera del 30 novembre sono ancora oscure. Ci sono anche alcuni fatti fastidiosi che almeno tre magliette rosse sono state uccise quella stessa notte e le testimonianze oculari che attestano dell’atteggiamento violento dei gruppi antigovernativi che attaccavano le magliette rosse.
Il PDRC ha anche provato, come fanno tutti i golpisti in Thailandia, a giocare la carta della monarchia. Il governo avrebbe violato, a loro dire, la sezione 68 della costituzione tentando di cambiare la forma democratica governo con il re come capo dello stato, e così in forma di lesa maestà. Nel tentativo del PDRC di prendere i palazzi del governo, almeno un capo della protesta dal palco principale ha invitato i manifestanti ad innalzare una foto reale, per cui ogni attacco sarebbe stato considerato una manifestazione di mancanza di lealtà verso la monarchia. E’ una manifestazione di cinica manipolazione della monarchia ce non giova alla loro causa.
Il finale della narrazione del PDRC è giunto quando i loro sforzi di prendere il palazzo del governo furono smontati dal governo che semplicemente lo concede ai manifestanti. Erano stati derubati della loro vittoria.
Ma questo punto ci fa porre un’altra domanda: cosa costituisce la vittoria in questo genere di lotte? Sono diventate obsolete le tattiche da maniere forti dei golpisti e degli insurrezionalisti? E osa li potrebbe rimpiazzare?
Permettetemi di iniziare un po’ di filosofia politica speculativa.
“Il governo” è sempre stata un’astrazione. A renderlo reale pensiamo alle sue manifestazioni concrete, quando esso tocca le nostre vite come le tasse, l’auto della polizia, il seggio elettorale, o i simboli che sono anche concreti e geografici. Si pensi alla Casa Bianca, il parlamento e così via, o qualcosa come persone specifiche o posizioni specifiche, il presidente, il primo ministro. Tutte queste cose, in qualche modo, nella nostra testa significano “governo” a cui noi assciamo qualche livello di legittimazione.
La strategia politica verso i manifestanti di “porte aperte” mette il governo in una nuova luce. Una definizione del 1898 della Sede del governo dice: la costruzione, complesso di edifici o città da cui un governo esercita la sua autorità”. La strategia di Suthep riflette esattamente questo significato: afferrare e paralizzare quello che si associa tradizionalmente col governo. Ma ha vinto?
Oppure si è trasformato qualcosa di sostanziale nel panorama politico? Come si può fare per far cadere un governo nell’era di internet e della connettività? Il governo thailandese può prendere la casa del governo, o la può concedere ai manifestanti. Forse non importa.
In questo nuovo mondo il potere politico sfugge ai confini della geografia. Il governo come tutto su internet può essere da nessuna parte o dappertutto. Ad emergere è una specie di spazio radicalmente democratico dove idee ed ideologie sono in lotta.
Allora come possono Yingluck o Suthep dichiarare di aver vinto? Forse non ci sarà come nel passato un momento decisivo. Yinluck farà il suo lavoro e Super il proprio. La battaglia sui discorsi di legittimazione continua senza posa. Il governo ha conquistato la legittimazione per l’assenza di morto e per aver evitato il conflitto. Suthep si sono fatti forza sui media ed hanno ottenuto accesso agli spazi degli edifici governativi.
Nel periodo passato il termine legittimità è stato molto dibattuto nel discorso politico, sui giornali e sui social media. Alcuni giorni fa per esempio sul Bangkokpost, Stephen B Young caratterizzava le magliette rosse e la gente dell’Isaan come irrazionali e sconsiderati sostenitori di un carismatico capo, al contrario, si desume, della elite di Bangkok che è razionale e domanda una legittimazione legale. Il voto era comprato, scrive Stephen B Young, il che implica che i risultati non sono legittimi.
Parlando in termini variegati, la legittimazione politica è spesso usata in pratica per riferirsi alle fondamenta legali di un governo e al suo esercizio del potere. In una democrazia la legittimazione si basa sul consenso del governato come espresso nella volontà della maggioranza e in accordo ad un sistema accettato di regole comuni (costituzione e leggi). Individui e gruppi che cercano di superare la volontà della maggioranza attraverso metodi illegali o anticostituzionali sono per definizione in opposizione alla democrazia.
Allo stesso tempo qualunque governo democratico che viola la legge rischia di perdere la legittimità. Questo discorso sulla legittimità è essenziale per ogni democrazia, ma è suscettibile a qualunque parte che usi la forza per la propria causa.
Ci sono modi perfettamente democratici per affrontare ogni malefatta del governo attraverso il sistema giudiziario e vari corpi autonomi dello stato. Questi meccanismi si sono dimostrati assolutamente volenterosi e pronti a fermare il governo ad ogni momento.
Mentre le proteste riprenderanno di nuovo, il governo potrebbe ritornare a difendere le sedi del governo. O i militari potrebbero ritornare ai loro modi precedenti e tentare un golpe. In quel caso ogni thai democratico ha bisogno di alzarsi a difendere il suo governo non per un favore a Yingluck ma come principio.
La soluzione ai problemi della Thailandia è più democrazia e non meno. Più trasparenza, responsabilità, governo della legge e affrontar l’impunità. E’ tempo di dire NO ai golpe o, come l’ha chiamato uno studioso thailandese, ad una dittatura della minoranza.
David Streckfuss, Bangkok Post