Il fiume Kok è l’autostrada color cacao nel cuore della regione di una tribù di montagna thailandesi. Scorrendo giù dalla Birmania e attraversando le montagne della Thailandia del Nord fino alla cittadina di Chang Rai, le sue rive e le valli che lo circondano ospitano centinaia di villaggi di una mezza dozzina delle più grandi tribù, Lahu, Lisu, Karen, Hmong e Akha, che a loro volta sono suddivisi in altre tribù più piccole.
Queste comunità variano da quelle recluse in posti nascosti della montagna raggiungibili solo a piedi, alle tribù che vestiti con abiti elaborati fanno da attrazione lungo le strade e posano per i turisti vendendo oggetti di artigianato.
Le tribù di montagna e le loro culture uniche sono da decenni presenti nell’itinerario del turismo a basso costo nel sudest asiatico, cosa che ha portato ad uno sfruttamento senza scrupoli da parte di agenzie turistiche ed alla diffusione di droghe e prostituzione. Negli anni più recenti sono persino sorti hotel e resort di lusso.
Quindi se siamo alla ricerca di qualche villaggio ancora immerso nella cultura originaria, non avremo fortuna nel trovarlo. Ma rimane un luogo comunque di una bellezza da mozzafiato, con una miscela di culture che convivono da vicino e ci sono varie opportunità di visitare le tribù di montagna secondo quanto da loro offerto.
Una di queste opportunità, fornita da una comunità Akha, è Akha Hill House, un alberghetto in una capanna di montagna a 22 chilometri da Chiang Rai ad un’altezza di 1500 metri. E’ gestita dal capo villaggio Apae Amor e ci lavorano molti del villaggio, mentre una parte dei guadagni va a dei programmi di educazione tribale. E’ molto economica con una stanza molto semplice che costa attorno ai dieci dollari a notte. Il trasporto da e per Chang Rai è offerto sul retro di unpickup.
Si può anche optare di andare con una barca come ho fatto io. Da un porticciolo pubblico alla periferia di Chang Rai ho preso una barca lunga per un viaggio rumoroso di un’ora lungo il fiume per appena 3 dollari, ma si può affittare una propria barca e potersi fermare ovunque lungo il fiume. Nel mio caso tutti i turisti scesero ad un campo di elefanti per cui ebbi l’occasione di avere la barca tutta per me.
Mentre il barcaiolo risaliva il fiume gonfio di acqua delle piogge monsoniche, mi sedetti vicino la prua per assorbire un paesaggio di una miriade di tonalità di verde: i campi di mais ed il riso piantato ad angolature impossibili, picchi di arenaria coperti di giunga. Si vedevano piccoli villaggi con le casette di bambù e di legno, la gente che pescava nelle aree basse del fiume con le reti, un immenso Buddha bianco che osservava un’ansa del fiume.
Fui lasciato in una radura verde con una fonte di acqua calda e la sede del parco nazionale che comprende le colline circostanti. La mia destinazione si trovava a qualche chilometro da lì. “Seguire le indicazioni” diceva il sito web. Abbastanza facile. Dopo una ricerca di una mezzora trovai un solo cartello pittato a mano che puntava ad una stradina polverosa verso Akha House Hill e mi misi in cammino. Fu l’ultimo segno che ho visto.
Se mi ero perso, certo era un modo piacevole. La stradina si divincolava tra campi e foreste. I bufali al pascolo alzavano lo sguardo e le galline scappavano via mentre passavo attraverso i villaggi Lahu e Karen. E chiedere informazioni sulla direzione fu un’impresa. Di solito parlo il Thailandese abbastanza bene da trovarmi la strada ma molti qui specie i vecchi parlano le loro lingue originali. Alla fine un giovane sorridente mi offrì un passaggio in motocicletta verso il punto da dove ero partito. Come molti uomini da queste parti portava un coltello inguainato simile ad un macete per tagliare il bambù. Dopo una corsa accidentata sul retro della motocicletta si fermò e mi indicò un percorso ripido che avevo camminato un’ora prima.
La dirittura era una salita da quadricipiti forti lungo un ruscello pietroso, oltre terrazze di giovane riso allagate verso un villaggio Lahu dove la strada improvvisamente terminò. Un piccolo percorso continuava attraverso i campi aperti offrendo una vista panoramica che portava direttamente in Birmania. Infine dopo dopo una salita tra due picchi coperti a foresta e una discesa tra gli arbusti di limone e caffè, arrivai alla Akha House Hill.
L’alberghetto si trova sul limitare di un villaggio Akha arrampicato sulla testa di una valle sul pendio della montagna Doi Hang. La maggior parte delle case sono fatte in bambù, sopraelevate sui poli e piattaforme esterne coperte. Ma sono apparse alcune case in cemento e alcune parabole satellitari escono fuori dai tetti di paglia, segni che, nonostante la reputazione degli Akha come la tribù più povera, questo villaggio in particolare è più ricco e moderno di qualche altro.
Una coppia americana in pensione che stanno nella Akha Hill House e volontari docenti di inglese presso la scuola del villaggio spiegò che la mancanza di segnaletica poteva essere un modo per assicurare un costante lavoro per le guide locali.
La sistemazione è rustica. La mia stanza un impasto di legno e fango con un ventilatore, doccia con acqua fredda e una zanzariera sul letto. Ma è arrampicata su una forte pendenza con un balcone spazioso che offre una vista incredibile. L’area comune ha birra fredda e poco costosa, un cibo molto saporito specie dopo un’intera giornata a piedi.
Gli Akha condividono questa valle con un villaggio cinese dove alcune case di legno hanno le decorazioni con le tipiche lanterne rosse. Insieme non ci sono che qualche centinaio di persone che vivono tra fiumiciattoli sgorganti, frutteti di collina e distese piantagioni di tè.
Qui giunsero molti cinesi nazionalisti dalla provincia dello Yunnan ala presa del potere in Cina dei comunisti. Alcuni si sistemarono nella regione di confine tra Birmania, Laos e Thailandia, il famoso Triangolo D’oro, un tempo epicentro del commercio della droga nel mondo. Sia le tribù di collina che i cinesi erano dei buoni produttori di oppio, ma un’aggressiva campagna di eradicazione condotta dal governo ha portato alla trasformazione dei campi da oppio in produzione di caffè, té, frutta, benché si possa ancora notare l’uso primitivo del suolo con la coltura primitiva del taglio-e-brucia nelle radure nere nel mezzo del verde.
In questi giorni è il turismo a pagare il conto. Apae Amor e altri capi villaggio sono registrate come guide turistiche che possono organizzare trek di montagna per vari giorni, oppure viaggi su elefante o percorsi in barca oltre al giro turistico dei templi, dei musei e di altri luoghi nella provincia di Chang Rai. Io ci sono giunto alla ricerca di aria fresca e di solitudine.
La bellissima cascata di Huai Kaeo si trova a quindici minuti a piedi dal villaggio attraverso una giungla rigogliosa. Le cascate originano alla base tre piscine di acqua e tante rocce su cui sedersi e leggere un libro o ascoltare i rumori della foresta. Salendo a piedi per un percorso fangoso per trenta minuti ti porta ad una sommità aperta che offre una vista mozzafiato della campagna.
Un giorno mentre camminavo per il villaggio verso le cascate udii il suono familiare di un canto cristiano cantato in un tono poco familiare della lingua Akha. Era domenica mattina e gli abitanti del villaggio si recavano verso una piccola casa di legno per pregare.
Come la maggior parte delle tribù di montagna gli Akha provengono dalla Cina meridionale e si spostarono in Birmania dove incontrarono la cristianità attraverso i missionari inglesi e americani. Mentre alcune tribù hanno una storia di secoli in Thailandia, gli Akha sono arrivati più di recente passando il confine dalla Birmania molto di recente negli scorsi 50 anni per sfuggire alla persecuzione dal regime militare. Anche oggi il loro tipo di cristianità è fusa con credi animisti tradizionali e col culto degli antenati.
Gli Akha sono forse i più conosciuti per il loro vestire tradizionale, con lo stile più decorativo dei costumi delle tribù di collina, con tessuti ricamati pieni di colori e capigliature decorate con perle, piume, monete d’argento e conchiglie. In questi tempi è più facile vedere le loro donne vestiti con gli abiti tradizionali vendere gingilli nel mercato notturno di Chang Rai. Nei villaggi le donne vestono per lo più con sarong e sandali di plastica, mentre gli uomini vestono magliette con il logo della squadra di calcio inglese preferita.
Non è un posto dove il mondo esterno è tenuto lontano, né una trappola turistica dove la vita antica del villaggio è recitata a beneficio dei visitatori. Ma è un meraviglioso posto per passare qualche giorno di calma tra meraviglie naturali e per imparare qualcosa di una cultura che sta scomparendo. Se la riuscite a trovare.
Brian Carovvillano, news.com.au