Le isole tropicali di Surin in Thailandia, i Moken ed i Kabang

Nelle isole tropicali di Surin, in Thailandia, sopravvive una delle culture che rischiano di scomparire più velocemente al mondo.
I moken, una tribù nomade del mare che ha abitato il mare delle Andamane per secoli, lottano disperatamente per mantenere viva la loro tradizione. Dopo essere sopravvissuti allo tsunami del 2004 grazie ai racconti di ammonimento dei loro antenati, è il vento della modernità ad essere una minaccia ancora maggiore al loro modo di vivere.

Nelle isole tropicali di Surin vivono gli zingari di mare dei Moken, parte di una comunità dove i bambini parlano bene la loro lingua Moken e i giovani vanno a caccia del pesce secondo i modi tradizionali, trattenendo il respiro e immergendosi a grandi profondità.

https://www.survivalinternational.org/galleries/moken-sea-gypsies

Ma le isole fanno parte di un parco nazionale ed è loro proibito tagliare alberi per costruire il Kabang, la loro barca tradizionale.
Durante la stagione secca, i Moken passano mesi in mare sui loro kabang, le loro barche di legno, per vivere a terra durante a stagione delle piogge quando il mare è minacciato dalle tempeste dei monsoni. Solo qualche generazione fa, i Moken nascevano sui Kabang. Ma oggi ne sono rimasti pochissimi in Thailandia. I soli Kabang rintracciabili sono quelli costruiti per i turisti.

La pesca con la lancia è stata per tanto tempo fondamentale per il modo di vita dei Moken, ma la pesca industriale ha quasi svuotato i mari. I Moken devono ora immergersi ancora più a fondo e andare sempre più a largo per trovare del pesce. E in tanti sono morti nella fase della decompressione.

Oggi i Moken hanno abbandonato il nomadismo, e vivono dove i loro antenati trascorrevano la stagione dei monsoni. E proprio questi litorali sono ora fortemente ricercati dai costruttori dell’edilizia, avidi nel voler incassare quanto più possibile dalla richiesta dei turisti di spiagge tropicali. Mentre il valore delle proprietà sale enormemente, si giocano dure battaglie sulla proprietà della terra che vedono i Moken molto spesso perdenti.

Una comunità Moken la si può incontrare sulla spiaggia di Rawai, sull’isola di Phuket, dove sono state lanciate oltre dodici cause da un proprietario contro i residenti di Rawai. Per indagare la rivendicazione della proprietà da parte dei Moken, il governo ha scoperchiato varie vecchie tombe nell’area. L’uomo d’affari e proprietario del titolo della terra Piyawat ha acquistato legalmente la terra nel 2008 non sapendo che vivevano lì così tanti Moken. Da allora dice di non aver potuto usare la terra poiché i residenti lo avevano cacciato. Dopo anni di battaglia legale non si riesce ad intravedere una soluzione.

Mentre l’aiuto del dopo tsunami ha portato istruzione e salute ai Moken, ne ha lasciati tanti ai margini della società.

Ora mentre provano a vivere in equilibrio tra tradizione e modernità, come possono mantenere la propria vita mentre le risorse del mare si esauriscono sempre più velocemente?

Potranno preservare le loro tradizioni mentre si adattano alla vita della moderna Thailandia? E possono superare una crisi culturale che potrebbe rivelarsi più dura dello tsunami stesso?

Nel 2004, da giovane fotografo indipendente, corsi sulla costa della Thailandia per fare un servizio. La distruzione che vidi non era simile a nulla di quanto avevo visto prima. La puzza della morte nell’aria in quelle settimane mi circonda ancora. Tanti turisti erano morti quel giorno, e il loro status mondano non li avrebbe mai potuto salvare in quegli ultimi momenti.

Solo molto tempo dopo venni a sentire dei nomadi del mare Moken e del racconto della loro sopravvivenza.

I Moken sulle Isole tropicali di Surin avevano in dono la memoria istituzionale da salvavita: i racconti popolari trasmessi dagli anziani mettevano in guardia del Laboon, o di onde maestose viste dalle generazioni precedenti.

Le storie dicono che gli tsunami vengono spesso dopo che l’oceano improvvisamente si ritira.

Nessuno sulle isole tropicali di Surin perì a causa dell’onda quel giorno. Tutti videro i segni e fuggirono verso un terreno più elevato.

La società moderna tende a discriminare le popolazioni nomadi. I loro sistemi di valori non vanno spesso d’accordo con la nostra ricerca aggressiva di proprietà della terra, di istruzione formale, tecnologia avanzata e ricchezza materiale. Ma il giorno dello tsunami fu l’antica saggezza dei Moken a salvarli. E quella saggezza che è stata trasferita da una generazione all’altra attraverso il racconto delle storie sta scomparendo velocemente.

Dopo lo tsunami i media di tutto il mondo discesero sui Moken. A loro fu dedicato un intero programma di una televisione americana. Giunsero milioni di dollari di aiuto per i Moken come per le altre comunità colpite della costa delle Andamane. Immediatamente sorsero nuove case, scuole e persino un museo Moken. Una iniezione di modernità improvvisa che ha portato promesse e pericolo.

Per secoli i Moken sono stati dei nomadi, aggirandosi nel mare delle Andamane tra Thailandia e Birmania. Oggi sono rimasti 900 Moken tradizionali in Thailandia. Negli anni alcune comunità si sono mosse nell’entroterra per dare vita ad un gruppo i Moken di Terra che sono 4000 la cui cultura sta scomparendo ancora più velocemente dei loro parenti nomadi di mare.

Al di fuori della comunità Moken delle isole di Surin, sono rimasti pochi che possono recitare le loro storie tradizionali. Mentre tutti nelle isole parlano bene la lingua Moken, meno della metà dei Moken sulla terra ferma possono parlare la propria lingua. Questa condizione pone la lingua Moken con la sua epica, le canzoni e i racconti di mare, a rischio di scomparire nel giro di qualche generazione.

Al centro della capacità dei Moken di salvaguardare le proprie tradizioni è la libertà di trovare alimenti e rifugio in modo tradizionale. Nella stagione secca, i Moken vivevano sui Kabang: barche in legno designate per solcare il mare e fare da rifugio di lunga durata, non solo un mezzo di trasporto. Vivevano sulla terra solo durante la stagione delle piogge quando il mare era minacciato dai monsoni.

Solo poche generazioni fa la maggior parte dei Moken nascevano sui Kabang, mentre oggi comunque ne rimane solo uno di Kabang in Thailandia. E’ totalmente nuovo, finanziato privatamente e costruito per i turisti nelle isole di Surin.

La vita dei Moken dipende dalla ricchezza del mare. Pescano, prendono calamari e si immergono fino a 30 metri per cacciare il pesce, raccogliere conchiglie e cocomeri di mare. Comunque la tristezza è che la pesca industriale ha quasi prosciugato i mari. Devono immergersi più in profondità e andare più a largo per raccogliere i molluschi. Sulla terra ferma i pescatori Moken non riescono più a trattenere il respiro abbastanza a lungo per immergersi a cacciare il pesce con la lancia.

Invece loro si affidano a respiratori in plastica collegati a compressori ad aria per poter stare più a lungo sott’acqua. In molti che hanno usato questi metodi sono morti per incidente o per decompressione sbagliata.

Poiché sono nomadi i Moken non hanno mai avuto proprietà legale dei mari dove pescavano o sulla terra che abitavano durante la stagione dei monsoni. Ora molti Moken vivono in luoghi dove per generazioni i loro antenati passavano le stagioni dei monsoni sulla riva. Una volta negate, questi brandelli di costa sono fortemente richiesti dagli operatori turistici per soddisfare la sempre crescente richiesta di vacanze sulla costa dei tropici.

La terra sotto i piedi dei Moken ha un valore enorme ed è contesa fortemente. Una comunità sulla costosa isola di Phuket sta conducendo battaglie legali da cinque anni. Oltre 20 famiglie Moken sono state denunciate e non si vede quando questa battaglia finirà. Il governo thailandese ha assegnato una speciale unità per datare le vecchie tombe nell’area che i Moken reclamano come terra ancestrale. Ma proprio la crisi attuale politica ha fermato la loro ricerca.

Mentre il clima del dopo tsunami ha portato aiuti, istruzione, salute e varie amenità alle comunità Moken, li ha anche spinti verso i margini della società. Come le popolazioni tradizionali di tutto il mondo, i Moken tentano un bilancio tra la tradizione di cui vanno fieri e la coesistenza col mondo moderno.

PAILIN WEDEL, Aljazeera.

Foto di Pailin WEDEL

Pubblicità
Taggato su:

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Ottimizzato da Optimole