THAILANDIA: La crisi politica e l’economia thailandese

Da mesi ora, anche mentre una crisi politica passa dalle proteste di strada alla violenza giornaliera, la disintegrazione delle istituzioni statali e la minaccia di un golpe, la maggioranza degli uomini di affari thailandesi, degli investitori e degli analisti dell’economia del paese hanno mantenuto delle previsioni relativamente positive per l’economia thailandese di questo e del prossimo anno.

Dopo tutto, come vari investitori classici del paese dicono, l’economia del paese in decenni si è dimostrata straordinariamente solida essendo sopravvissuta a 19 golpe e tentativi di golpe, disastri naturali, guerre e tante manifestazioni di strada finite in bagni di sangue.

Più di recente, dopo che i militari spararono contro i manifestanti a maggio 2010, colla morte di un centinaio di persone e con i manifestanti che bruciarono varie aree della Bangkok centrale, l’economia thailandese è risalita velocemente. E’ ripartita velocemente dopo la forte alluvione del 2011 quando molte industrie elettroniche, produttori di hard disk e parti di computer, ritornarono immediatamente nel paese dopo che le loro imprese furono sommerse e con tanti modelli persi.

Data la storia thailandese, l’attuale crisi politica, secondo molti osservatori, non rallenterà apprezzabilmente l’economia thailandese, la seconda nel sudest asiatico. Il Thailand Development Research Institute, probabilmente il gruppo di analisi e previsione economica migliore nel paese, predice che il caos politico indebolirà la crescita nel primo trimestre del 2014, ma che probabilmente la crescita riprenderà subito dopo nell’anno.

Perché la Thailandia ha dimostrato tale resistenza nel passato? Il paese ha una storia lunga di politiche liberali verso l’investimento estero e la stabilità macroeconomica. Gli investitori hanno costi di investimento forti in Thailandia, come i giapponesi e gli investitori occidentali in fabbriche per auto e altre operazioni di manifattura a Bangkok e nella costa orientale. Abbattere queste situazioni operative richiederebbe accettare perdite enormi ed abbandonare decenni di di addestramento di lavoratori esperti come i tecnici delle parti dell’auto. Tali costi di impianti rendono plausibile che questi investitori sopporteranno qualunque caos politico. Infine tanti investitori e turisti amano semplicemente la Thailandia per il tempo, la cultura, il cibo, e la sua posizione è proprio al centro della regione.

Ma questa resistenza non durerà per sempre. Certo non si avrà nessuno esodo di massa degli investitori per ora o forse per sempre, nessuna corsa verso la porta come quando si ha la politica di un paese che diventa violenta. Le forze storiche del paese, e la immagine positiva della Thailandia tra gli investitori, impedisce alla sua economia di scomparire completamente, come sembra accadere in questi giorni in Ucraina.

Gli anni di turbolenza politica che ora risalgono a metà egli anni 2000 hanno invece un effetto corrosivo sull’economia della Thailandia, che assomiglia più ad una perdita di acqua da un rubinetto che gocciolando pesa sulla bolletta dell’acqua, quanto alla rottura di un tubo che butta l’acqua dappertutto. La corrosione la si può vedere non solo nell’andamento rallentato dell’economia di inizio del 2014, ma nell’andamento rallentato sul lungo termine se rapportato alle sue potenzialità.

La corrosione non la si vede dagli investitori che ritirano le loro azioni e lasciano tutti insieme ma piuttosto nelle decisioni di nuovi investitori di vedere da altre parti, laddove nel passato avrebbero fatto della Thailandia la loro prima scelta per i nuovi investimenti di tutti i tipi di manifattura, dalla più grossolana alla più fine.

Come ha fatto la turbolenza politica ha corrodere la crescita? Le più grandi compagnie del paese sono state coinvolte in tanti modi nella turbolenza politica scegliendo di parteciparvi o lottando per mantenere la propria quota nel mercato interno; le ditte maggiori del paese sono state, in parte come risultato, lente ad avvantaggiarsi dell’apertura economica e politica del vicino birmano dove le imprese thailandesi avrebbero dovuto dominare per la crescita enorme. Inoltre, l’attenzione dei politici thailandesi al restare al potere e alla distruzione dell’opposizione, ha distolto la loro attenzione dalle priorità critiche per la competitività della Thailandia, compreso il miglioramento della qualità della forza lavoro, rendere più facile per gli imprenditori locali sviluppare e gestire prodotti, migliorare la qualità del sistema wireless e l’infrastruttura fisica e altre priorità.

La natura dove nessuno vince della politica attuale ha anche portato sia anche il Puea Thai e il partito democratico, quando è stato al potere, a fornire continuamente promesse populiste nel tentativo di accontentare la propria base popolare nel nord e nord est oppure di conquistare quel gruppo di popolazione. Sebbene alcune di queste promesse siano rimaste tali ed altre abbiano avuto un notevole impatto sulla eguaglianza sociale, altre ancora, come la disastrosa politica sul riso, hanno rallentato la crescita ed iniziato un esempio terribile per i futuri politici del paese.

Infine la costante turbolenza politica ha per quindici anni ha portato fuori del governo alcuni dei più capaci funzionari guidandoli verso il privato, sia a Bangkok che all’estero. Dopo tutto, chi vuole lavorare nel governo quando non si sa mai se i ministri eletti proveranno mai a pulire la burocrazia da chi non si inchina al primo ministro. (la strategia del Puea Thai e Thai Rak Thai ) o se talvolta manifestanti arrabbiati assedieranno il tuo ministero, chiuderanno le porte e impediranno fisicamente di entrare o assalteranno qualche funzionario (strategia dei democratici e del PDRC)?

La burocrazia nel passato era fondamentale nel mantenere la stabilità macroeconomica di lungo termine e la sua apertura agli investitori della Thailandia, ma la burocrazia thailandese non è quello che era nel passato. Con i governi che vengono e vanno, il servizio dello stato non può più fornire quell’ancora della decisione politica che era un tempo.

Joshua Kurlantzick, ASIA UNBOUND

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