THAILANDIA: la scomparsa forzata di Somchai

“Papà, aveva delle convinzioni molto forti in termini di giustizia. Ci diceva sempre , a torto o ragione, che la decisione spetta ai giudici, e non credeva che tutti i suoi clienti fossero innocenti. Se avessero fatto qualcosa di sbagliato meritavano la pena che doveva essere proporzionata al reato, non più severa della gravità del reato commesso”

“E’ tutta la lotta per un caso, dalla corte più bassa fino su, alla corte suprema. Mio padre stava facendo semplicemente del suo meglio e non era facile scoraggiarlo. Una persona diretta, non era neanche pensabile di cambiare tutto improvvisamente”

Questo è stato tratto da un articolo firmato dalla figlia più grande, Sudpradthana il giorno della scomparsa forzata di suo padre.

Che lei fosse stata chiamata così, che vuol dire la più desiderabile, indica che suo padre sperava che la sua prima figlia sarebbe stata una ragazza. Ed è stata il solo figlio che lo ha seguito nella professione nel sistema giudiziario.

figlia di somchaiFiglio di contadini, mio marito conosceva troppo bene la sofferenza e lo sfruttamento come di altre ingiustizie sociali che lo hanno fatto diventare diventare un buon avvocato per aiutare al meglio la vita dei contadini e le altre persone marginalizzate.

Dopo aver finito gli studi di legge presso la Ramkhameng University, si unì agli avvocati dei diritti umani e a Thongbai Thongpao, premiato con il premio Magsaysay, nella lotta per le persone che si trovano di fronte alle ingiustizie.

Come ricordato dalla figlia maggiore, Somchai credeva fermamente nel processo di giustizia, e credeva in modo genuino che attraverso la prova nel sistema giudiziario avrebbe potuto restaurare la giustizia e la dignità alle parti danneggiate.

Prima di essere rapito e fatto scomparire, la situazione nel profondo meridione peggiorava sempre di più sotto la politica di contro terrorismo dell’allora primo ministro Thaksin.

Somchai aiutava a rappresentare cinque abitanti di un villaggio di Narathiwat che erano stati arrestati e soggetti a tortura. Scrisse per denuncia a varie agenzie chiedendo un’indagine. Appena dopo un giorno che aveva scritto la lettera di denuncia, fu rapito da un gruppo identificato in seguito come la polizia.

La scomparsa forzata accadde nel centro di Bangkok. Quasi dieci anni dopo Somchai è ancora scomparso. Fu un grande ostacolo per la polizia poiché provava l’innocenza di molti sospettati tenuti nella custodia dello stato. Per questo forse alcuni ufficiali volevano farlo scomparire. La pressione da parte dei gruppi umani costrinse il governo Thaksin a fare qualcosa che condusse all’arresto e accusa di cinque ufficiali della divisione di soppressione del crimine. L’acquisizione delle prove fu segnata da difficoltà, dal momento che c’erano state pressioni sui potenziali testimoni e sulle loro famiglie. I presunti accusati in questo caso erano poliziotti e fu loro garantita la libertà provvisoria. Ad alcuni fu permesso di ritornare in servizio mentre si difendevano nella corte.

Vari pezzi di prova portati in tribunale furono trovate inquinate e la loro credibilità compromessa. Nel frattempo, la polzia legale non riuscì ad acquisire prove a sufficienza. Anche se il DSI avesse preso il caso come uno speciale, poté fare solo pochi progressi e di recente ha detto alla pubblica accusa di aver terminato le indagini.

La scomparsa di Somchai illustra un fallimento del processo di giustizia della Thailandia. La scomparsa non è resa penale, e nessuna accusa può essere fatta se non si ritrova il corpo.

La scomparsa di Somchai ha creato dei grandi cambiamenti nella mia vita, una donna di famiglia con nessuna conoscenza della legge.

Ho dovuto guidar i miei cinque figli in mezzo a queste difficoltà , un episodio doloroso e di tormento della loro vita, mentre allo stesso tempo dovevo pensare ai modi di favorire la giustizia per loro padre.

Ho detto loro più volte “Anche se la giustizia non lo riporterà potrebbe ancora dargli giustizia”.

La nostra figlia più giovane, Prathapjit, in un pubblico convegno sulle scomparse forzate in Thailandia, ha detto: “Per i sopravvissuti delle scomparse forzate, il miglior rimedio è confrontarsi con la verità. Un volta un ufficiale del DSI rispose ad una domanda, fatta da mia madre sul destino di mio padre, che ‘dopo essere stato messo in una macchina, era stato portato in un luogo sicuro della Divisione di soppressione del crimine. Lì, fu torturato fino a morire. Il corpo fu poi bruciato e le ceneri gettate nel fiume’. Quando tornò a casa mia madre condivise con noi la storia. Cominciammo a piangere e le chiedemmo come si sentisse. Ci rispose che dovevamo ringraziare quell’uomo per averci detto ‘che vostro padre è morto’. La cosa più importante è la verità. Prima di questo fatto aveamo differenti idea su come era stato ucciso nostro padre. Alla fine sentimmo che era stato torturato fino a morire e sapevamo chi era coinvolto”.

Negli socrsi dieci anni, ho provato con forza a raggiungere la giustizia. Ma sta diventando ancora più difficile considerata la situazione. Ho passato varie situazioni nella mia vita, dolore, disappunto e durezza ma nulla ha garantito un tale intensivo uso delle conoscenze , della pazienza e della tolleranza come questa volta. Nelle mie istanze, le mie domande di aiuto sono state rigettate dai poteri. Sembra un ostacolo insormontabile per una persona normale come me raggiungere la giustizia e il governo della legge in Thailandia. Nessuno sa quanto dolorosa e traumatica possa essere l’esperienza di portare la testimonianza del fatto che una persona, che ha fatto così tanto per tante persone, non possa meritare di una tomba dove i suoi discendenti possano tenere una cerimonia alla sua memoria.

Se il fiume Mae Klong è stato l’ultimo luogo dove è stato visto il corpo di Somchai, ci potrebbero essere altre vittime di ingiustizia fatte scomparire in altri fiumi.E dovrebbe diventare una domanda sfida per tutti i thailandesi ed i poteri in questo paese. Come è possibile aver reso i fiumi un terreno di sepoltura per vittime innocenti? E come possiamo impedirlo?

Voglio estendere la mia solidarietà a tutte le famiglie delle persone scomparse ed invitarli a lottare fino alla fine per raggiungere la verità e la giustizia nel mezzo della violenza ed intimidazione. Nessuno è troppo piccolo per vivere senza onore e dignità.

Sebbene le ferite nei nostri cuori siano invisibili ed intoccabili, tutte parlano di storie di trauma, dolore e di così tante ingiustizie inflitte su di noi. E a causa delle ferite lotteremo per la giustizia e credo che nel mezzo delle perdite e dei dolori, nel corso della nostra lotta, abbiamo intessuto la nostra amicizia, solidarietà e mutua simpatia, qualcosa che certamente durerà e sarà incancellabile nel tempo.
Angkhana Neelapaijit, moglie di Somchai rapito il 12 marzo 2004Pubblicità

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