Non ci vogliono armi per questa guerra, ma solo i muscoli dei soldati thailandesi a difendere, dall’ondata di acqua nemica in arrivo, una tentacolare zona industriale nella parte orientale della città.
Circa 400 uomini in mimetica sono stati impiegati per questa missione, a costruire un muro di sacchi di sabbia e fogli di plastica alti due metri, mentre altri pezzi della zona industriale di Lat Krabang sono stati rafforzati con cassoni di navigazione vuoti e badili pieni di pietre.
Il vecchio governatore dell’Autorità delle zone Industriali Thailandesi, Somjet Thinaphong, dice, con uno sguardo triste mentre guarda alla distesa d’acqua alta un metro che lambisce la zona: “L’acqua è già qui. Una sola rottura nel muro e tutta questa nuova struttura sarà inutile. Abbiamo raggiunto il livello difendibile, mentre la situazione cambia continuamente ogni giorno.”.
La difesa di questa zona industriale dall’alluvione peggiore è importante perché, per prima cosa, lavorano e producono 50 mila persone per aziende importanti come la Cadbury e la Johnson e Johnson. E’ un ponte di vitale importanza tra la Thailandia, uno dei centri manifatturieri più importanti della regione, con mercato globale. I suoi depositi di containers servono quasi la metà dei quattro milioni di containers spediti attraverso il porto di Bangkok ogni mese. Molti di questi containers si prevede rimarranno vuoti sulla scia dei danni causati dagli allagamenti. Sei delle zone industriali più grandi nelle province di Pathum Thani e Ayuthaya sono state sommerse, e le aziende giapponesi sono quelle che hanno subito maggiori danni. Sono circa 400 le aziende giapponesi localizzate a nord di Bangkok, il cuore manifatturiero del regno dove quasi 600 mila persone hanno perso il lavoro, incluso i lavoratori del settore auto e della produzione di tecnologie informatiche.
Produttori di auto come Toyota, Mitsubisci e Honda sono tra quelli costretti a sospendere la produzione oltre alle compagnie di produzione di hard disks. Nel mondo dell’IT già si sa che ci sarà penuria di pezzi di computer dal momento che la Thailandia produce il 40% della produzione mondiale.
Mentre si dovrà conoscere nel prossimo futuro il reale impatto degli allagamenti sull’economia Thailandese, dopo aver portato via tre miliardi di metri cubi di acqua nel golfo della Thailandia, la banca centrale ha tagliato le previsioni di crescita dal 4.1 al 2.6 percento.
“Questa significativa revisione al ribasso riflette la severità e gli impatti di vasta scala dell’alluvione” dice il governatore della Banca Centrale Thailandese, Prasarn Trairatvorakul “che hanno causato un fermo nell’agricoltura e nella produzione manifatturiera nelle aree danneggiate e hanno interrotto la catena di produzione anche nelle altre aree.”
Inoltre attende di essere pagata una pesante assicurazione su quasi 800 compagnie nei parchi industriali, valutata attorno ai 16 miliardi di dollari. “Le aree industriali danneggiate avranno un grande problema assicurativo.” dice l’ambasciatore giapponese in Thailandia, Masato Otaka. “La magnitudo è oltre le capacità delle zone industriali”.
Otaka ha paura che la Thailandia possa perdere quel vantaggio della competizione nei confronti di altre zone manifatturiere. “Le assicurazioni internazionali non forniranno assicurazioni, non vorranno assumersi il rischio ora che la Thailandia è riconosciuta come una nazione a rischio grandi alluvioni.”
Gli economisti mettono in questione il modello di sviluppo della nazione, dove l’industria rappresenta il 44,7 % del tasso di crescita, e mettono in rilievo la crescita asimmetrica di Bangkok che rappresenta il 41% dell’economia Thailandese, quando a partire dagli anni 70 la nazione si è liberata della sua identità di gran lunga agraria per abbracciare quella manifatturiera.
“E’ una economia degli estremi tra Bangkok e il resto della nazione” dice Craig Steffensen della Asian Development Bank. “Si è sviluppato tutto dentro e attorno Bangkok, dove si è dato maggior spazio agli investitori rispetto ad altre zone.”
I tentativi per spingere gli investitori in altre parti della nazione sin dal 1985 “ non hanno funzionato perché Bangkok è vicina al più grande aeroporto ed ai porti, ha le scuole migliori, gli hotel migliori e gli spazi commerciali migliori. Forse l’alluvione potrà portare qualche consiglio per cambiare.”
L’attuale alluvione, risultato di monsoni inusuali, di quattro tempeste e della cattiva gestione delle due più grandi dighe del paese a nord di Bangkok, ha esposto la vulnerabilità dell’economia thailandese in una regione che compete per gli investimenti stranieri, ha aggiunto Pavida Pananond della scuola di economia della Thammasat University.
“Forse la Thailandia sembrerà meno favorevole per gli investitori di quanto lo fosse prima. Forse pagheremo un prezzo per non aver fatto dei problemi ambientali una priorità quando si provava ad attirare i capitali stranieri per investire nell’industria da noi”.
Marwaan Macan-Markar, trust.org