Una stagione dei monsoni così dura che minaccia di inondare Bangkok così dura ed intensa non la si vedeva da almeno 50 anni, in tutto il sudest asiatico continentale, facendo lievitare il numero di morti, tuttora 253 nella sola Thailandia e almeno 150 nella vicina Cambogia, e i danni alle infrastrutture, a centri turistici e all’agricoltura come non mai e innalzando notevolmente il livello dei fiumi.
A Bangkok il primo ministro Yingluck Shinawatra ha confermato che gli allagamenti minacciano pure la capitale dove scorre il fiume Chao Praya che raccoglie l’acqua dei fiumi dalle pianure alluvionate.
Bangkok è stata finora risparmiata da seri danni, ma le acque che scendono lungo il fiume dal nord dovrebbero arrivare in questi giorni ed incontrare le alte maree, mentre devono ancora arrivare le piogge del tifone Pedring che sta per colpire la Thailandia.
La Yingluck, che ha annullato per la situazione meteorologica straordinaria alcuni sui viaggi di lavoro all’estero, in un messaggio alla radio ha detto che saranno dragati in questi giorni vari canali nella periferia della città per permettere il deflusso delle acque, e sono state installate 400 pompe per allontanare l’acqua dalla città e portarla sempre verso il mare, ma il volume di acqua è tanto, al di là di ogni attesa, che le autorità stanno facendo di tutto per affrontare la situazione.
L’eventualità di evacuazioni dai quartieri più bassi non è affatto remota ed in alcune parti è cominciata preventivamente per quando salirà la marea che porterà direttamente acqua di mare. Si comincia a lavorare per i piani di emergenza accumulando acqua e cibo.
I danni fino ad ora sono di 253 morti, 3 milioni di persone colpite in 60 su 77 province da frane e alluvioni, e 1.2 milioni di ettari dedicati all’agricoltura distrutti. In varie zone industriali almeno 43 industrie sono state costrette a sospendere la produzione, come la Honda, la Nikon e la Canon per i danneggiamenti ai macchinari lasciando almeno 15 mila operai a casa. In alcune zone industriali sono state messe varie barriere come a Bang Pa-in e Hi tech per la protezione dei macchinari, ma l’approvvigionamento della materia prima è attualmente fermo
THAILANDIA: Acqua dal cielo e acqua dalle dighe ad inondare Bangkok?
Le piogge ininterrotte e l’acqua delle dighe riusciranno ad inondare Bangkok?
Le recenti alluvioni in tutto il sudest asiatico continentale stanno mettendo in ginocchio una regione del mondo estremamente vitale, ma che, al pari di tutte le regioni del mondo, ha guardato nel suo sviluppo all’immediato, lasciandosi dietro le pratiche di cura del territorio che i loro avi avevano.
Come è accaduto ed accade nelle Filippine ad ogni arrivo di tifone, la colpa è sempre della troppa acqua e della troppa pioggia, ma poche volte si porge lo sguardo all’intervento umano e alla mancanza di programmazione.
In un blog famoso thailandese, Bangkok Pundit, si discute del ruolo che hanno le dighe in questo frangente: una situazione già vista nelle Filippine con i tifoni Ondoy e Pepeng negli anni scorsi, e anche quest’anno con gli allagamenti di tutte le pianure attorno a Manila per il rilascio dell’acqua dalle dighe al colmo della loro portata.
Nel guardare i giornali la scorsa settimana, sono rimasto sorpreso di apprendere che le due più grandi dighe thailandesi, la diga di Bhumibol e di Sirikit, stavano rilasciando acqua dopo aver raggiunto il 97% e 99% della loro capacità complessiva.
Sul BangkokPost del 6 ottobre si legge:
«La discarica aumentata di acqua dalla diga di Bhumidol a Tak ha minacciato di aggiungere altri dolori alle province a valle, compreso Ayutthaya dove un vasto numero di industrie sono rimaste sotto l’acqua sin da martedì…… Si è passati da 60 milioni di metricubi a 100 milioni di metri cubi al giorno, con un flusso di 1200 metricubi al secondo. L’intenzione è quella di salvaguardare la diga, ma il volume in più di acqua ha peggiorato la situazione dell’alluvione a valle.»
Su The Nation del 6 ottobre 2011 si legge:
«Nel frattempo nella provincia di Tak, il fiume Ping è straripato nei due sottodistretti e sono state evacuate circa 100 famiglie, e continua a salire dopo che la diga Bhumibol a Tak ha rilasciato altra acqua. A Nakhon Sawan, il fiume Ping ha straripato allagando case anche oltre il metro di acqua. Si stanno rafforzando gli argini e le famiglie si sono spostate su terreni più alti.»
Alla ricerca di sapere perché si è lasciato crescere il livello dell’acqua nelle dighe, ho trovato un articolo su MonstersandCritics:
«Le autorità sono state costrette a rilasciare l’acqua dalle dighe più grandi nel fiume Ping e nel fiume Nan (Nel Nord e Nordest) che alimentano il Chao Praya (che scorre a valle a Bangkok), come sostiene Smith Dharmasaroja, Presidente della Fondazione di avviso sui disastri naturali.
‘Il problema è la gestione delle acque. Abbiamo tenuto troppa acqua nelle dighe all’inizio della stagione delle piogge, ed ora alla fine della stagione delle piogge devono lasciarla andare in grandi quantità allo stesso tempo, cosa che ha causato le inondazioni.’. La stagione delle piogge in Thailandia va da maggio ad ottobre.
Sul BangkokPost c’è un’altra intervista dello stesso Smith:
«Questo incidente non è il risultato di un disastro naturale. Il nostro problema è che non sappiamo come gestirla l’acqua. Non abbiamo stabilito il grado di piovosità dall’inizio della stagione delle piogge e quindi quanta acqua sarebbe dovuta rimanere nelle dighe.
Ogni agenzia mantiene l’acqua nelle grandi dighe. Il dipartimento dell’irrigazione e l’ente nazionale dell’energia avevano paura di rimanere senza acqua nella stagione secca facendo così una cattiva previsione. Se le piogge si protraggono a metà e alla fine della stagione piovosa, le dighe non ce la fanno a tener tutta l’acqua e così sono piene.
Il problema è che le due dighe rilasciano l’acqua in contemporanea, e le piane centrali thailandesi hanno già patito delle piogge eccessive, quindi c’è una massiccia quantità d’acqua. Il rilascio conteporaneo dell’acqua dalle due dighe ha causato l’allagamento delle aree che vanno da Nakhon Sawan ad Ayutthaya.
In un articolo del NewYork Times di Seth Mydans si cita anche qui Smith:
«Mentre uno degli allagamenti peggiori della Thailandia in mezzo secolo scende giù verso Bangkok, sommergendo nella sua corsa città, zone industriali e tempi antichi, vari esperti accusano l’attività umana per trasformare una pesante stagione dei monsoni in un disastro.
I fattori principali sono la deforestazione, costruzioni eccessivi nei bacini, la costruzione di dighe e il cambiamento del percorso naturale delle acque, la crescita urbana ed il riempimento dei canali insieme ad una cattiva pianificazione.
Gli avvisi fatti alle autorità sono stati inutili. Tutti queste aree diventano ostacoli al flusso libero dell’acqua man mano che continuano le attività di chi gestisce lo sviluppo. ‘Costruiscono le loro costruzioni in aree basse che erano usate come riserva e pongono una diga o un terrapieno, bloccando la strada al movimento dell’acqua nelle stagioni piovose.
Una volta che le acque alluvionali raggiungono Bangkok riempiranno la città che ha perso le sue difese naturali: un incredibile dedalo di canali sono stati riempiti dal cemento, o pieno di rifiuti, man mano che la città è divenuta un grande mammuth.»
Su Bloomberg si dice oggi:
«’Il problema è che c’è meno pioggia e più acque di rilascio che scende dalle province del Nord dove le dighe rilasciano l’acqua. Si anticipa nei prossimi giorni ad Ayutthaya prima che passi da Bangkok, ed è questa la ragione della loro estrema preoccupazione che è il loro turno ora.’ dice Han della Hana Microelettronics»
Allora perché si permette che le dighe, e ce ne sono tante altre, si riempiano fino alla sommità? Ad essere onesti, a giugno 200 le dighe hanno segnato il loro minimo storico e se non ci fosse acqua sarebbe il problema opposto. Quindi è un problema di tante piogge inaspettate o di cattiva gestione delle acque come afferma Smith?
Bangkok si salva dal peggior alluvione, per ora.
La capitale thailandese, Bangkok con i suoi 9,7 milioni di abitanti, sembra sia stata risparmiata dall’alluvione peggiore degli ultimi 50 anni. La massa d’acqua proveniente dalle piane centrali è passata e il livello delle acque nelle province centrali si è abbassato.
Finora l’alluvione ha causato almeno 300 morti, allagando 930 industrie che impiegano più di centomila persone. Quasi 9 milioni, in 61 su 77 province, sono le persone affette dall’alluvione che continua ad allagare 26 province. Il disastro potrà costare al paese 120 milioni di Baht, quasi 3 milioni di euro.
Il primo ministro Yingluk Shinawatra ha riassicurato la gente che la capitale non sarà allagata e che «la situazione complessiva in alcune aree sta migliorando». Ma la protezione di Bangkok ha un costo non solo economico: le barriere messe in atto per evitare di inondare Bangkok in realtà tengono fuori molta gente che vive nella periferia della città, creando di fatto molti scontri tra autorità e residenti e facendo dire al premier «L’acqua è dappertutto. Il governo deve proteggere alcune aree, ma questo non vuol dire che abbiamo dimenticato il dolore della gente che subisce l’alluvione. Abbiamo bisogno di lavorare insieme in termini di economia complessiva»
Il volume di acqua che viene dal nord si è stabilizzato con le dighe che hanno riversato fuori meno acqua. Il livello sta calando a Singburi, Ang-Thong e Ayutthaya, mentre il livello del Chao Praya è ancora sotto il livello delle barriere, grazie ad un sistema complesso di barriere, canali, dighe e canali sotterranei che aiutano a deviare una grande massa di acqua nel golfo della Thailandia.
Secondo alcuni, il rischio non è ancora passato del tutto. E per il futuro è necessario affrontare le cause di questo disastro a cominciare dall’uso del suolo.
Pavin Chachavalpongpun su TodayonLine scrive tra l’altro, dopo aver fatto notare che le piogge forti sono cominciate a luglio:
Molti si cominciano a chiedere: ma la crisi è solo come affrontare questo genere di disastri naturali, o più sulla crisi della leadership?
Per essere onesti, Yingluck si è mossa dovunque nella nazione per incontrare le persone colpite dall’alluvione ed offrire loro un primo aiuto fondamentale. Ha lavorato indefessamente visitando le regioni più lontane a mostrare il proprio impegno per sollevare la gente delle durezze del momento. Sarà abbastanza per provare la sua capacità di comando? Forse no.
Finora, la soluzione governativa alla crisi si è basata sulla strategia centrata sulla Yingluck, ma all’inizio tutti i suoi ministri non si vedevano da nessuna parte. Una volta costretti ad assumersi la responsabilità, hanno offerto soluzioni contraddittorie creando ulteriori confusioni tra la popolazione affetta dall’alluvione. Nessun approccio integrato o una politica livello nazionale
L’ alluvione ed i lavoratori emigrati in Thailandia
I lavoratori emigranti provenienti per lo più dalla Birmania, dal Laos e dalla Cambogia, stanno ancora lottando per scappare dalle aree inondate della Thailandia. Non ci sono stime attendibili di quante persone sono bloccate tra le centinaia comunità a Bangkok e nelle aree settentrionali della città. Secondo le agenzie di aiuto, tra i milioni di cittadini colpiti ci sono almeno 600 mila lavoratori stranieri, principalmente birmani, che si trovano bloccati nelle situazioni peggiori.
Bloccati in appartamenti senza elettricità, cibo o acqua potabile sono costretti a pagare cifre esorbitanti per essere portati in aree asciutte. Nonostante la situazione molti punti di soccorso del governo non hanno raggiunto la piena capacità poiché in molti restano con i familiari o restano nelle zone allagate per proteggere quello che hanno. Per Andy Hall, Consulente della Human Rights and Development Foundation, la condizione dei lavoratori stranieri resta difficile.
“Perché restano lì? Forse perché non comprendono la situazione, forse hanno paura perché non hanno documenti, perché costretti a stare nelle loro comunità da organizzazioni mafiose che vogliono impedire che vengano a contatto con le autorità.” Si stima che le industrie thailandesi impiegano più di due milioni di lavoratori stranieri, molti dei quali nell’edilizia e nelle zone industriali delle province vicino Bangkok, dove sono molto forti le inondazioni.
Secondo il portavoce di Mekong Migration Network, Jakie Pollock, molti lavoratori stranieri, specie dalla Birmania, incontrano una discriminazione negligente a causa della barriera di lingua con le organizzazione di aiuto thailandese. “I soccorsi devono raggiungere gli emigranti, per cui ci dovrebbero essere interpreti nei maggiori centri di soccorso coordinato, forse la Croce Rossa Thailandese, oppure organizzazioni che possono andare lì e portare con loro degli interpreti. La croce rossa sarebbe contenta di poterli raggiungere, ma non ci riescono.” Gli emigrati che sono registrati ufficialmente non vogliono tornare a casa poiché il loro permesso di lavoro è nullo una volta lasciata la nazione.
Ma migliaia di emigranti birmani sono scappati verso la città di Mae Sot per tornare in Birmania, e si registra che le autorità Thailandesi hanno tenuto in prigione molti perché non avevano i documenti necessari.
Le agenzie di aiuto dicono che le autorità birmane e thailandesi si sono mosse per impedir alle guardie ai posti di frontiera di chiedere soldi ai lavoratori che fuggivano. Secondo le autorità locali, le autorità di frontiera della Birmania permettono l’entrata in Birmania a soli 150 lavoratori al giorno creando così alla frontiera una fila enorme.
Secondo HRDF il problema di questi lavoratori è un nodo che il governo dovrebbe affrontare. “Il ministro del lavoro dovrebbe essere responsabile ma sembra che a causa della politica che pervade tutto questo nessuno solleva il problema della protezione dei lavoratori migranti, e notiamo che sono lasciati dietro nei periodi di crisi per essere abbandonati ai mediatori che li sfruttano e alla polizia.”
Secondo Mekong Migration Network il governo dovrebbe permettere a quelli registrati che hanno i documenti di lasciare temporaneamente la nazione e ritornare una volta che la crisi finisce senza penalità per contribuire alla ripresa economica.
Ron Corben VOA