Il potente comandante delle Forze Armate Thailandesi, generale Prayuth Chan-ocha, sembra determinato a dare ai militari un ruolo dominante per le prossime settimane, mentre i partiti politici, in anticipazione delle elezioni generali del 3 luglio, provano a catturare il voto di quasi 45 milioni di elettori.
Ma nel mirino degli ordini del duro comandante c’è una sola circoscrizione elettorale: quella delle decine di migliaia elettori conosciuti come Magliette Rosse che hanno manifestato nel movimento di protesta antigovernativo e che ci si aspetta votino il partito di opposizione Puea Thai.
A qualche giorno dallo scioglimento del Parlamento, Prayuth ha ordinato un rimpasto di comandanti inviando gli ufficiali più duri ai comandi delle province del nord e nordest che sono le roccaforti dell’opposizione.
Il giornale di lingua inglese, BangkokPost, scriveva che “il generale Prayuth ha firmato l’ordine di comando 99/2554 (2554 è l’anno 2011 per la Thailandia) per il rimpasto di 157 colonnelli”
L’ordine faceva seguito ad un colpo contro Puea Thai nella stessa settimana in cui il carismatico parlamentare delle Magliette Rosse, Jatuporn Promphan, è stato incarcerato dopo che un tribunale lo ha riconosciuto colpevole di aver violato le condizioni della scarcerazione per cauzione. Il comandante ha avuto il suo ruolo in questa serie di eventi, ordinando una denuncia contro Jatuporn per un discorso che conteneva commenti che avrebbero insultato la monarchia.
Da quel momento c’è stato un irrigidimento dei militari ovunque: 13 stazioni radio attorno alla capitale sono state attaccate da un gruppo con alcuni ufficiali dell’esercito.
Queste radio, legate alle Magliette Rosse, sono state accusate lo scorso aprile di aver diffuso il discorso di Jatuporn del 10 aprile violando così la legge di lesa maestà. La legge, una forma molto dura di censura, condanna che la viola a una pena di 15 anni di carcere se ritenuti responsabili di aver danneggiato l’immagine della famiglia reale.
Questi atti spudorati confermano il sospetto che i militari mirino a mantenere un ruolo preminente sul palcoscenico della politica nazionale.
“L’intenzione dei militari di dettare legge prima e dopo le elezioni è lampante. Il generale Prayuth è dappertutto. E’ un falco e non nasconde la sua attitudine di duro” dice Thitinan Pongsudhirak, un accademico della Università della Chulalongkorn. “I militari sono attenti più a sostenere la coalizione dei governo condotta dal Partito Democratico. Gli ordini sono accumulati in favore della possibile coalizione di Abhisit.”
E’ un’alleanza senza sorprese, se si considera il ruolo assunto dai militari nel mettere su un accordo dietro le quinte per favorire il partito democratico di Abhisit nel ricevere l’appoggio parlamentare e formare un governo di coalizione nel dicembre 2008. Il partito di Abhisit appoggiato dall’esercito è subentrato al vuoto politico lasciato dal governante People Power Party (PPP)che, pur vincendo le elezioni l’anno prima, era stato messo al bando da una controversa decisione del tribunale.
Nel dicembre 2007 il PPP ebbe un trionfo elettorale nonostante gli ostacoli posti dai militari sul suo cammino, mentre 30 delle 76 province del nordest e del nord, che compongono la Thailandia, erano ancora sotto le leggi dure dell’emergenza sin dal golpe del settembre 2006.
Erano state usate anche altre misure dai militari per intimidire e attaccare i candidati del PPP nelle province del nord e nordest, le risaie del paese, come confermato da fonti vicine ai militari.
I militari vedevano il PPP, e vedono ora il suo successore Puea Thai, con sospetto per i suoi chiari legami con il primo ministro in esilio Thaksin che così ha evitato una condanna alla prigione per corruzione, inflittagli dopo che era stato costretto ad abbandonare il governo con il golpe del 2006. Thaksin era stato vincitore per due volte consecutive nel 2001 e 2005 con Thai Rak Thai (TRT).
Il TRT aveva un vasto supporto nelle masse rurali della campagna e nelle classe lavoratrice della città per le politiche a favore dei poveri implementate dal partito quando era al governo, prima di essere messo al bando nel 2007.
Questi votanti rappresentano il cuore del movimento di protesta delle Magliette Rosse, una forza politica che si è fatta sentire sin dal 2008 e che esprimeva la propria rabbia per essere stata privata due volte dei loro diritti elettorali, dopo che il loro partito che avevano votato per il governo aveva perso il potere contro il blocco antidemocratico dei militari, dell’aristocrazia e dell’elite burocratica e politica.
Una sanguinosa resa dei conti si ebbe lo scorso anno quando 91 persone, per lo più civili, furono uccisi tra metà aprile e metà maggio durante la repressione che chiuse le proteste antigovernative delle magliette rosse a Bangkok. Sia i militari che misteriosi elementi armati tra le migliaia di manifestanti si resero responsabili delle morti.
Secondo Chaturon Chaiseng, già ministro sotto Thaksin, la prospettiva per cui le elezioni del 3 luglio aiuteranno la Thailandia ad entrare in una fase più democratica sembra poco probabile.
“Qualunque sia il risultato elettorale ci potrebbero essere conflitti, scontri e instabilità. Le elite vogliono un governo che serva loro ed i militari. L’attuale costituzione, scritta da un agenzia stabilita dai militari, e il sistema attuale giudiziario sono influenzate dalla elite” dice Chaturon, uno dei 150 politici e parlamentari messi al bando dalla politica dopo che il loro partito era stato sciolto sin dal golpe del 2006.
Spiega il perché anche ora le dicerie, fortemente presenti ad Aprile, di un golpe imminente sono sempre sui titoli dei giornali, sottolineando la paura che i militari vogliano intervenire direttamente nella politica.
“Non c’è alcuna paura di credere alle dicerie di un golpe” dice il colonnello Sansern, portavoce dell’esercito in una conferenza. “L’esercito è un meccanismo dello stato e si atterrà alla politica del governo”
Military Looms over July Polls
By Marwaan Macan-Markar