Bangkok elegge il governatore e le province restano colonie

Per quanto gli abitanti della megalopoli possano godere del diritto di decidere quale candidato governatore scegliere a Bangkok agli inizi del mese prossimo, la competizione è diventata un chiaro avvertimento sulle ineguaglianze su almeno due fronti.

Primo, la mancanza assoluta di uno spazio di manovra unico per la maggior parte dei candidati, e per secondo il senso di eccezionalità riservato a Bangkok con la possibilità di eleggere il proprio governatore diversamente dal resto del paese, una cosa considerata ovvia oggi.

Con la Commissione Elettorale che permette ai candidati di spendere fino ad un massimo di 49 milioni di Baht, un milione e mezzi di euro, assicura virtualmente che soltanto le persone straricche o i candidati dei grandi partiti hanno una qualche possibilità di attrarre l’attenzione dei votanti e di vincere. Per una persona che guadagna solo la paga minima giornaliera ci vorrebbero quattro decenni per racimolare la stessa somma.

La maggioranza dei media si sono alche concentrati più o meno intenzionalmente su non più di quattro candidati se non proprio due. Poi la macchina elettorale dei due grandi partiti, i capi, i deputati provinciali si muovono per conto loro. Questo fa porre la domanda spontanea se servano a qualcosa dei candidati indipendenti, ed i possibili votanti devono affrontare la possibilità che dare loro il voto possa equivalere ad uno “spreco” di voti.

Mentre la gente di Bangkok gioca con l’idea du chi eleggere, il resto del paese deve subirsi i governatori nominati. Questo sistema risale ad oltre un secolo fa quando Bangkok centralizzava il suo potere con un modello ispirato dagli amministratori coloniali nelle nazioni vicine sotto le potenze imperialiste occidentali.

Questo sistema antiquato lo si è mantenuto nonostante il fatto che città come Chiang Mai sono molto più antiche di Bangkok e che la loro gente dovrebbe avere il diritto di eleggere il proprio governatore da tanto tempo. Non ci si può attendere che un governatore eletto sia responsabile come uno eletto, ma a causa del fatto che il governo centrale vuole mantenere il potere, le province continuano ad essere trattate come se fossero colonie di Bangkok. Argomenti soliti per la continuazione dei doppi standard variano dalla sfiducia della capacità razionale e della maturità della gente delle province alla paura della recessione.

Chi si oppone ai governatori eletti per il resto del paese afferma che ad essere eletti sarebbero i baroni della droga o i padrini se si permettesse alla gente di decidere chi meglio può essere loro governatore. Questo senso di essere eccezionali tenuto da molti abitanti di Bangkok diventa sempre più evidente mentre gli abitanti della capitale vanno ad eleggere il loro governatore ogni volta senza alcun problema.

A beneficiarne sarebbe l’intera Thailandia, se come inizio, province grandi e ben stabilite e città come Chang Mai, Pattani e Khon Kaen potessero scegliere il loro proprio governatore. Ma ahimè nessun governo in questi anni, compreso l’amministrazione attuale di Yingluck Shinawatra, ha voluto spingere per questa decentralizzazione che sarebbe dovuta essere in atto già da tanto, visto che vogliono mantenere il potere per sé.

Ogni provincia ha il potenziale da far esplodere con un proprio governatore eletto che voglia ascoltare davvero e servire la popolazione locale invece che il governo a Bangkok. Ci vuole molta ignoranza e pregiudizio continuare a reclamare e giustificare la continuazione di un tale sistema.

governatore di Bangkok

C’è bisogno nella politica thailandese e nella sua democrazia di un vero piano di gioco livellato. Comunque questo non lo si può mai ottenere se, tanto per iniziare, non lo si riconosce.

Pravit Rojanaphruk Prachatai

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