Gli obiettivi di questo movimento sono l’abbattimento del governo di Yingluck e del “regime di Thaksin” che si sarebbe instaurato con le elezioni del 2011. La scintilla, in realtà, l’ha data proprio il governo Yingluck con la sua infame bozza di amnistia totale che ha provocato da un lato il risorgere di un’opposizione dei realisti che non riusciva da anni a fare massa critica e dall’altro la delusione e lo scoramento nel fronte delle magliette rosse. L’ulteriore smacco è stata data dalla decisione della corte costituzionale di bloccare gli emendamenti alla costituzione della trasformazione del senato da organo semi-eletto ad organo totalmente eletto.
Lo studioso americano presso l’ISAS di Singapore, Michael Montesano, in relazione alla bozza di amnistia e delle ragioni per cui sia stata presentata scrive quanto segue:
“La legge di amnistia totale del governo di Yingluck era in fatti il pezzo forte di una soluzione elitaria al più grande dei problemi della politica thailandese. Ma il livello elitario non è più il solo strato che conta. La crisi che ora afferra il paese riflette il fallimento delle parti interessate a portare il loro seguito di massa dietro di loro.
Dal lato del potere questi includono manifestanti cittadini ben addestrati e membri dell’opposizione del partito democratico che si radunano presso il monumento alla democrazia per chiedere la fine del governo Yingluck. Dal lato di Thaksin essi includono le magliette rosse determinate a portare davanti alla giustizia i responsabili della violenza di stato.
L’allineamento tripartito dietro la legge di amnistia resta intatto. Potrebbe riprovare a raggiungere la meta fallita. La domanda comunque è se l’elite del Paese potrebbe riconciliare il proprio lavoro dietro le quinte con la nuova politica delle masse per dare forma al futuro del paese.”
Di seguito presentiamo un articolo sulla situazione politica thailandese apparsa su Foreign Policy
La Guerra di Attrito della Thailandia, Steve Finch, Foreign Policy
Con la sorella come primo ministro, la maggioranza nella camera bassa e i miliardi in banca l’ex premier thailandese Thaksin Shinawatra in esilio volontario ha ogni ragione per sentirsi fiducioso nel poter presto tornare a casa. Ma un tentativo del partito al governo del Puea Thai di lanciare una veloce amnistia politica in parlamento gli si è rivoltata contro. Mentre il governo che che influenza dall’estero lotta per sopravvivere, l’ultimissima crisi del paese minaccia di danneggiare per molto tempo la base di sostegno politico di Thaksin, lasciandolo lontano da casa.
La legge di amnistia, che la famiglia Shinawatra prova a descrivere come un modo per chiudere un decennio di scontri politici forti, avrebbe pulito Thaksin della sua condanna in contumacia a due anni di carcere per corruzione dopo la sua cacciata a causa del golpe del 2006.Sarebbero stati annullate le accuse di omicidio contro il capo del partito democratico Abhisit Vejjajiva per il suo ruolo nella repressione delle proteste da parte dei sostenitori di Thaksin conosciuti come le magliette rosse, quando all’epoca era primo ministro nel 2010.
“Dobbiamo resettare tutto e andare avanti o dovremmo continuare a lottare?” ha detto Thaksin, in un’intervista del 24 ottobre, nel suo ultimo tentativo di convincere i suoi oppositori che la legge porterebbe alla riconciliazione politica.
Otto giorni dopo la camera bassa a maggioranza del Puea Thai all’unanimità approva la legge mentre l’opposizione abbandona i lavori. Quando la legge ha raggiunto la camera alta del Senato era tanto tossica che il senato non ha avuto altra scelta che rigettarla all’unanimità.
Quando è giunta al senato ogni angolo del paese era arrabbiato. I lavoratori degli uffici nel distretto di Central Silom hanno lasciato le loro scrivanie e si sono riversati nelle strade con i fischietti in bocca in segno di protesta; il personale dell’università e gli studenti hanno marciato assieme , mentre i sostenitori dell’opposizione hanno messo le tende attorno al monumento della democrazia vicino alla sede del governo.
Una legge, che voleva un resettaggio della annosa lotta politica ridando lustro ai nomi di tutti e quindi in teoria accontentando tutti, aveva raggiunto l’effetto opposto. Per i sostenitori di Thaksin, tanti dei quali uccisi e feriti per mano militare nel 2010, l’amnistia salverebbe il principale capo dell’opposizione definito dai più come “l’assassino”. Per gli oppositori la legge è vista come un cinico tentativo del governo di mettere la polvere sotto il tappeto e con calma riportare nel paese una figura così odiata e di divisione. Un’altra paura era che potrebbero essere scongelati oltre 1,5 miliardi di dollari di proprietà di Thaksin.
A seguito del golpe del 2006 la divisione politica del paese si è allargata in una serie ciclica di crisi politiche tipizzate da proteste e scontri che coinvolgono le magliette gialle, che si autoproclamano difensori della monarchia, e le magliette rosse che si oppongono al golpe. Ne è conseguito che il caos è diventato una caratteristica regolare della vita nella capitale della Thailandia. A novembre 2008 le magliette gialle sequestrarono entrambi gli aeroporti di Bangkok per protestare contro un governo fantoccio di Thaksin; meno di due anni dopo parti della capitale furono trasformate in zone dove si spara liberamente mentre l’esercito reprimeva le magliette rosse nei loro accampamenti.
Tra le battaglie i Rossi avevano mirato a capovolgere l’eredità costituzionale di un golpe nel nome di una riforma democratica maggiore. Per i Gialli il fine resta la fine dell’influenza di Thaksin, la minaccia per la monarchia, un simbolo di corruzione e bramosia.
“La corruzione è il primo problema col governo” dice Chao Chaonarich, immobiliare di Bangkok. Uno dei tanti manifestanti delle magliette gialle che continua nelle manifestazioni a Bangkok mentre l’opposizione prova a dare una spallata al governo di Yingluck, Chao lamenta che questo governo non era affatto stellare prima della legge dell’amnistia.
I critici del governo affermano che il progetto populista di sostegno al prezzo del riso, che garantisce ai coltivatori un prezzo fisso al chilo, costa tanto al paese garantendo prezzi al di sopra quelli del mercato mentre allo stesso tempo prosciuga la domanda dall’estero. I Shinawatra hanno perseguito la strategia vincente denominata Thaksinomic attirando i poveri delle campagne che sono la maggioranza fornendo sussidi su tante cose: dall’assicurazione sulla salute all’energia con risultati non sempre buoni. La politica del riso ha lasciato a chi paga le tasse una bolletta da 4,3 miliardi di dollari durante il primo anno di governo ed altri 9,6 miliardi di dollari stimati nei 18 mesi successivi. Il governo si è rifiutato di far conoscere le perdite recenti ma secondo varie fonti la finanza statale si trova in uno stato emorragico: molti contadini avrebbero saputo di dover aspettare mesi prima di poter ricevere il dovuto pagamento mentre la percentuale del debito sul PIL sale al 44,3%.
Ad aggiungere un altro colpo contro il Puea Thai ed il suo governo, c’è la richiesta del Fondo Monetario Internazionale che l’11 novembre chiede di cancellare la politica sul riso. In quello stesso giorno il Senato bocciava la legge di amnistia e la Corte Internazionale di Giustizia a L’Aia appoggiava la posizione cambogiana sulla disputa territoriale a Preah Vihear.
Se politiche come quella del riso si supponevano mantenere la base elettorale a favore di Yingluck e Thaksin nel cuore agricolo del Nord e nordest, la sconfitta dell’amnistia ha mobilizzato l’opposizione specie a Bangkok mentre a scoraggiato i sostenitori nelle province.
Un’indagine della Bangkok University, condotta prima della definitiva cancellazione della legge di amnistia, ha posto il capo dell’opposizione Abhisit avanti a Yingluck nel gradimento per la prima volta da quando la Yingluck lo ha sconfitto alle elezioni del 2011. Abhisit è salito al 37,2% mentre il tasso di approvazione per Yingluck è sceso al 26,7% quando a giugno di quest’anno Yingluck conduceva con nove punti percentuali netti.
Le sue politiche sono rimaste essenzialmente legate a quelle di Thaksin: economicamente con lòa politica del riso e con i progetti di acquisto della prima auto e politicamente nel tentativo di annullare i cambiamenti costituzionali fatti a seguito del golpe che ha esiliato suo fratello.
Thida Thavornseth, presidente del UDD, uno dei gruppi fondamentali delle magliette rosse, ha stimato la perdita di un 10% di sostegno nelle scorse settimane. Lei dice che i sostenitori fondamentali che vogliono il governo della legge, la riforma democratica e Abhisit processato per omicidio sono arrabbiati.
Thida era uno dei quattro capi delle magliette rosse la cui presenza sul network Asia Update, finanziato dal figlio di Thaksin Panthongtae, era stata cancellata una settimana prima del voto cruciale al senato. Il loro messaggio non era quello che Thaksin voleva che la gente sentisse, ha detto Thida: tutti erano contrari alla legge. Per risposta l’UDD ha deciso di lanciare il proprio canale televisivo il mese prossimo.
Altri sostenitori di Thaksin hanno parlato di mosse più drastiche di allontanamento, ed alcuni capi delle magliette rosse che protestano contro la legge di amnistia, hanno parlato di istituire un partito politico rivale alla famiglia Shinawatra. “In tanti non provano più gli tessi sentimenti per per Thaksin e Yingluck.” dice Thida.
Le magliette rosse sono un gruppo sempre più fratturato che rappresenta un numero di fazioni che condividono una stessa cosa. Sin dalle prime elezioni del 2001 la maggioranza è salita sul treno di Thaksin. In un paese dove re Bhumibol Adulyadej ha regnato sin dal 1946 da dietro i cancelli reali, le magliette rosse hanno visto in Thaksin una ventata di aria fresca democratica per confondere la vecchia elite. Ai suoi detrattori il miliardario delle telecomunicazioni inventatosi politico è visto invece come un nuovo ricco preparato ad alterare lo status reale per i suoi propri fini.
Egli suggerì di riformare il conosciutissimo articolo 112, la legge draconiana di lesa maestà e così promise la sorella nel salire al governo. Ma con un numero sempre crescente di magliette rosse dietro le sbarre “Il Puea Thai è stato incredibilmente senza risposte nello sforzo di sollevare questa questione” dice David Streckfuss. La controversa legge di amnistia è stata descritta come un’amnistia totale dalla maggior parte dei media per chiunque da Thaksin fino all’ultimo militante delle magliette rosse. Ma gli unici, a cui l’amnistia sotto la legge proposta non dà nulla, sono quelli in carcere per l’accusa di lesa maestà, dice Streckfuss che aggiunge come, mentre cresce l’antagonismo e crescono i numeri di casi ogni anno, l’articolo 112 sia al momento una cosa troppo esplosiva per il governo nel clima politico attuale.
In un paese dove la legge della lesa maestà rende impossibile una discussione politica l’ultimissimo pantano politico ha posto persino più domande del solito mentre l’impasse continua. Perché Thaksin ha lanciato questa mossa politica disastrosa? E cosa ne sarà dei sostenitori suoi che per la prima volta hanno protestato apertamente contro di lui nelle strade?
Una spiegazione plausibile è fornita dai rumori di un accordo segreto tra Thaksin, i militari e persino il circolo della monarchia incluso il consiglio della Corona, che avrebbe fatto sentire sicuro abbastanza da spingere la legge di amnistia. Secondo Duncan McCargo, autore del libro The Thaksinization of Thailand, non sappiamo cosa stia avvenendo dietro le scene. “La questione dell’amnistia si relaziona a quello dello stato dell’arte su un accordo tra due parti. Non è solo ciò che Thaksin fa.”
In una presunta registrazione telefonica, apparsa su Youtube, Thaksin discuteva con l’allora ministro della difesa Yuthasak di un rimpasto militare e del suo ritorno possibile in Thailandia, cosa che ha alimentato teorie cospirative su un accordo dietro le scene. Il ruolo che Yuthasak ha avuto nelle precedenti amministrazioni di Thaksin aggiungeva un’aurea di autenticità alle conversazioni.
Ma persone vicine al miliardario negli anni recenti come il fondatore dell’UDD Jakrapob Penkair nega di aver preso parte a discussioni con i militari, opposizione o altra figura del potere nel periodo precedente alla legge di amnistia. “Non esiste un simile accordo. Ma ammetto che potrebbe esserci qualche accordo nelle alte sfere della Thailandia in cui non siamo coinvolti” dice Jakrapob alludendo ad un accordo tra altre fazioni del potere.
Mentre i capi del partito di opposizione salivano sui palchi delle manifestazioni davanti a migliaia di sostenitori a Bangkok nella spinta per cacciare il governo, Yingluck ha invitato a colloqui con l’opposizione. E’ la prima menzione di dialogo da quando è iniziata l’ultima battaglia politica del paese.
L’opposizione “inaccettabile” risorge ma non può attendersi di vincere quanto prima un’elezione, dice McCargo. Mentre Thaksin è lontano da un rientro e sconfitto è anche indebolito. E sebbene Yingluck resti vulnerabile nel breve periodo e lontana dal pieno controllo, è quella che emergerà probabilmente, a maggiore distanza dal fratello e quindi più forte, dice McCargo.
La Thailandia resta lontana da ogni accordo e ancora meno di un capo che ponga fine al ciclo di distruzione politica assicurata da entrambi gli schieramenti.
“Per i thailandesi non hai nessuna altra scelta. Se non scegli Puea Thai ma sostieni la democrazia chi scegli ora?” dice Thida dell’UDD.