THAILANDIA:L’odio per il regime di Thaksin

Le manifestazioni contro il governo di Yingluck Shinawatra e il “ regime di Thaksin ” si estendono anche nelle altre province dominate dal Partito Democratico del Meridione thailandese, come Trang, Phuket.

Nella stessa Bangkok sono presi di mira altri ministeri ma sembra che la forza numerica dei manifestanti stia scemando leggermente.
Il capo riconosciuto dei manifestanti è sempre lui, Suthep Thaugsuban, un politico di lungo corso del partito democratico che è stato ministro degli interni del governo di Abhisit ai tempi della repressione del maggio 2010 contro le magliette rosse che costò la vita ad oltre 90 persone.
Ma come dicono Aubrey Belford e Amy Sawitta Lefevre della Reuters la politica thailandese sembra essersi rivoltata. L’uomo della feroce repressione, che è stato inquisito per omicidio per quella repressione, è ora il ribelle che si agita nelle strade, mentre chi era nelle strade (non certo Yingluck di persona) si trova ora al governo. E Yingluck è imbarazzata sul che fare.

“Credo che Yinglcuk non ha l’autorità per ordinare alla polizia o ai militari di fare nulla. Hanno capito che è un primo ministro che non obbedisce al governo della legge” dice Suthep alla Reuters mentre se ne sta nell’occupato ministero delle finanze, negando un coinvolgimento ed un collegamento con i militari per il potere, ma sperando che “ci sia un movimento di persone che temporaneamente prenda il governo della Thailandia”. Si punta forse ad una riedizione del governo Abhisit quando parlamentari eletti nella coalizione di Thaksin si spostarono e formarono un governo con il partito democratico.
Si ritorna su quel ciclo che dura ormai dal 2006 di capi popolo che guidano proteste nelle strade per favorire l’intervento di militari, di giudici alleati e nel palazzo per impedire che un governo eletto possa esercitare il proprio mandato.
L’odio per Thaksin è il motore che agita un settore della società thailandese, legata alla classe medio alta di Bangkok e di molto meridione thailandese e che Suthep ha preso egregiamente nelle proprie mani. Thaksin è accusato di aver trasformato la politica thailandese e quasi di aver inventato la corruzione, di comprare i voti e di assicurarsi così il suo potere elettorale.
Come se la Thailandia prima di Thaksin fosse tutta pura, onesta e vergine. A questo scopo la Reuter ci ricorda il percorso politico di Suthep, nonché la sua attività reale, dell’uomo che vuole eradicare completamente la corruzione insita in Thaksin, che invoca un parlamento della gente, eletto e libero dai politici se non da pochi, che invoca l’elezione dei governi provinciali e che vuole la riforma della polizia e della burocrazia: un sistema che eradicherà la compravendita di voti.
Scrivono Aubrey Belford e Amy Sawitta Lefevre:
“Tale linguaggio rivoluzionario si scontra con il pedigree di vissuto politico. Fino a qualche settimana fa, il già magnate dell’olio di palma e dell’allevamento di gamberetti, aveva mantenuto un seggio al parlamento sin dal 1979. E’ stato ministero delle telecomunicazioni e due volte vice ministro dell’agricoltura. Nel 1995 uno scandalo che coinvolse il suo programma di riforma fondiaria causò lo scioglimento del parlamento da parte del Premier di allora del Partito democratico Chuan Leekpai piuttosto che affrontare un voto di sfiducia. Suthep era stato criticato per aver distribuito titoli di proprietà a gente ricca con un progetto di riforma inteso per i poveri. Lui negò le accuse ma si dimise. E’ ironico dire che fu proprio il terremoto che ne seguì a portare Thaksin nella politica.”
Va anche ricordato che Thaksin entrò in politica grazie ad un altro attuale suo acerrimo nemico, il colonnello Chamlong che fondò il partito Thai Rak Thai e che poi fece parte delle magliette gialle.
Allora come ora, a tirare la rabbia di tanti manifestanti è ancora l’idea che “Thaksin è tossico” e che va eradicato, come si sistema e come famiglia dal suolo thailandese. Con i progetti infrastrutturali miliardari, con il progetto del sostegno al prezzo del riso, ma non al prezzo del caucciù, il governo Yingluck l’ha fatta proprio grossa. E se si aggiunge l’idea dio voler riportare in patria l’odiatissimo Thaksin si capisce che per Suthep era giunto il momento opportuno per lanciare una scommessa sul rovesciamento di Yingluck e del suo governo.
Pavin Chachavalpongpun scrive su Asiasentinel:
“Vediamo ora perché Suthep è così disperato nel voler abbattere il governo. Di certo il suo partito non ha potuto competere con Thaksin nel gioco della politica elettorale come si vede dall’incapacità di vincere alle elezioni sin dal 1992. Quindi si preferiscono tattiche extraparlamentari. La sua azione disperata svela i suoi problemi personali. Suthep ha messo in luce il problema dell’amnistia per oscurare il suo presunto crimine dietro le morti delle Magliette Rosse, mettendo da parte le accuse contro di lui mentre inietta di nuovo quello che è conosciuto come Thasksinofobia tra i thailandesi delle classi medio alte di Bangkok. E’ cominciata la trasformazione da omicida ad eroe nazionale. In questo processo Suthep cresce come la nuova faccia del Protettore Morale della Politica Thailandese. Da sempre ormai, i thailandesi testimoniano la profonda ironia dentro il dominio della politica del paese quando gli politici immorali godono nel predicare della moralità.”
regime di thaksin odioAnche per Pavin lo scopo di questa mobilitazione, considerato che il governo Yingluck non ha affatto perso il proprio prestigio e potere, è giungere attraverso la creazione di uno stato di ingovernabilità ad un intervento esterno o dei militari o della corte costituzionale. Benché Yingluck abbia esteso la legge di Sicurezza Interna, che per altro sembra poco applicata, di certo non se la sente di ripetere quanto accaduto nel 2010 e di portare nel conflitto i militari.
“I militari sono restati per ora silenziosi, cosa che può essere spiegata in due modi. Primo, capiscono che questa volta un loro intervento non tiene. Il golpe del 2006 ha prodotto una serie di eventi a loro sfavorevoli da inficiare la loro posizione politica ed ha originato le magliette rosse che da sempre rigettano l’idea di un golpe. Il fatto che un gran numero di magliette rosse si radunano in uno stadio di Bangkok sembra mandare un segnale forte che vogliono proteggere il loro governo da ogni intervento militare. Seconda cosa i militari non hanno mai lavorato da soli nel mantenere i propri interessi politici, ma intimamente con il circolo della monarchia che ha generato una politica che rende i governi civili perennemente vulnerabili pena il loro abbattimento. Ma poiché la monarchia è stata indebolita dall’esposizione alla politica e anche a causa della cattiva salute del re, forse i militari pensano che sia meglio per loro starsene fermi.”
Resta aperto ora un altro capitolo, secondo Pavin, quello del ruolo della monarchia e soprattutto della temutissima successione al trono. L’erede al trono è il principe reale Vajiralongkorn, visto come un alleato di Thaksin ed ad esso legato in passato. Nei giorni scorsi il Principe Reale ha fatto sapere tramite il capo della polizia, fedele a Thaksin, di non volere uno scontro tra thailandesi e di volere che le parti si parlino. Sembra che ci siano fazioni interne al circolo della monarchia che preferiscano la sorella di Vajiralongkorn, principessa Maha Chakri Sirindhorn, da sempre più amata e popolare.
Mentre il capitolo monarchico e la lotta contro Thaksin si intrecciano in modi non sempre facilmente prevedibili, alimentando la paura e l’incertezza di nuova violenza, degno di nota è quanto scrive Pravit Rojanaphruk.
“E’ il tempo del raccolto per l’odio politico in Thailandia. Se ce la facciamo a superare la crisi attuale e il confronto politico senza omicidi o un golpe, la cosa in sé sarebbe una cosa buona e segno di maturità politica maggiore”
Ma la prospettiva attuale non è delle migliori specie alla luce del pestaggio di un giornalista rinomato e largamente rispettato come Nick Nostitz, mentre seguiva le manifestazioni di questi giorni. “In un aspetto importante, l’odio politico è peggio che nel 22006. La politica dell’odio è cresciuta da entrambe le parti della divisione politica dove parolacce, discorsi di odio oltre che discorsi che disumanizzano l’avversario sono diventate la norma sia sui palchi che fuori. I siti dei network sociali sono diventati una cloaca di parole ed immagini formate dall’odio politico estremo di molti. Sono diventati comuni epiteti come termite per indicare Thaksin, faccia di vagina per Yingluck, animale per Abhisit, bufali rossi per le magliette rosse, scarafaggi e parassiti per i democratici.”
Pravit fa anche notare come ad accrescere il tasso di odio e di violenza verbale ci si mettono le radio affiliate al partito democratico e a quelle legate alle magliette rosse che rafforzano gli stereotipi del noi contro loro, del bene qui ed il male lì senza lasciare spazio, neanche per andare a dormire, ad un attimo di disintossicazione.
“C’è un ovvio incentivo, ultimo ma non per importanza, per i capi degli schieramenti di mantenere i propri sostenitori sempre attenti e con l’odio nel cuore, poiché loro saranno a beneficiarne se si assicurano che si odiano a sufficienza per non cambiar campo.
La pace non può nascere dall’odio, ma molti thailandesi sono semplicemente troppo consumati per riconoscerlo.”Pubblicità

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