A gettare un’altra macchia sulla Thailandia, paese del sorriso, c’è la scoperta nuova di un traffico umano di schiavi del Bangladesh denunciato dalla BBC.
Finora era stata svelato il traffico di Rohingya musulmani birmani che fuggivano il loro paese per scappare alle persecuzioni razziste in patria andando a finire nel traffico umano nel mare delle Andamane. Sulla denuncia di questo traffico ad opera della Reuters, c’è ancora una denuncia per diffamazione contro due giornalisti del Phuketwan da parte della Marina Reale Thailandese.
Come scritto più volte su questo blog i Rohingya approdati sulle coste meridionali della Thailandia venivano rivenduti al traffico umano da parte di gente appartenente alla polizie e alla marina thailandese, mediante respingimenti in mare e mediante rimpatri forzati alla frontiera. Varie centinaia di Rohingya furono scoperti in campi di concentramento lungo la frontiera malese.
In seguito a queste denunce e alle denunce del traffico umano sui pescherecci thailandesi, gli USA portarono la Thailandia al grado più basso di affidabilità nel commercio senza però conseguenze concrete, almeno per il momento.
La giunta NCPO, al pari dei governi precedenti, si è impegnata almeno formalmente a lottare contro il commercio lungo le sue coste e migliorare la visibilità del proprio paese. I risultati devono ancora venire se si pensa che da qualche giorno per denuncia della BBC è comparsa una nuova storia sul traffico umano nel mare delle Andamane.
Recentemente sono stati ritrovati 171 uomini del Bangladesh in campi di concentramento nelle giungle del meridione. Si pensa che questa tratta nuova sia ora a sostituire quella dei Rohingya e sia mutata in una vera tratta di schiavi organizzata. Dei 171 una ventina sono Rohingya. 81 di questi sono tenuti in una sala di un municipio locale a Takua Pa dove raccontano storie raccapriccianti di come sono finiti in questa tratta.
“Abdurrahim ha solo 18 anni e cammina zoppicando dopo aver ricevuto un forte colpo al ginocchio quando aveva chiesto al suo carceriere qualcosa in più da mangiare. Lui viene da Bogra nel Bangladesh settentrionale e cercava lavoro nella capitale Dakka. Un uomo anziano gli offì un lavoro per 5 euro al giorno. Insieme all’uomo andarono a Cox Bazar e fu portato in una casa sulle colline. Fu legato, drogato per svegliarsi poi su una barca, dove rimase per una settimana circa in mare picchiato più volte.
Approdarono poi sulla costa thailandese e portato in un campo nascosto nella foresta di mangrovie. Senza cibo furono costretti a mangiare foglie.
Absar Mia è un uomo di 27 anni di Teknaf, vicino alla Birmania, sposato con tre figli. La sola cosa che pensa è come ritornare a casa e rivedere madre, moglie e figli.”
La sua storia è identica alla precedente: un’offerta di lavoro, il sequestro e portato a forza di botte sulla barca, come lo sono tutte le storie di questi uomini.
«A salvarli dai loro sequestratori è stata la determinazione di un sindaco locale Manit Plianthong, che lotta contro il traffico da molto tempo e che nove mesi fa ha avuto questo incarico. Conosce molto bene cosa avviene lungo queste coste vicino Takua Pa. Ha allertato i pescatori della costa ad avvisarlo in casi di movimenti di grossi gruppi di persone in movimento.”
Lo scorso mese furono trovati 37 persone, 11 ottobre furono trovate altre 53, mentre l’ultimo gruppo di 81 persone fu ritrovato il 13 ottobre in un campo vicino la strada. Tutti hanno dovuto subire degli spostamenti da campo in campo per sfuggire alla ricerca da parte delle autorità.
Due guardie dei trafficanti sono stati arrestati, anch’essi del Bangladesh e due thailandesi. Il destino di queste persone e dei loro capi resta ora nelle mani di Bangkok che finora non ha sostenuto le richieste di Pianthiong di maggiore sostegno per cercare chi muove le file di questo affare che certamente godrà di legami e sostegno da parte di una rete di personaggi influenti.
Sulla condizione invece delle persone schiavizzate, si sta facendo il riconoscimento da parte dell’ambasciata per permettere il ritorno in patria.
Scrive la BBC su questo:
«Figure di peso della polizia e del ministero degli affari sociali resistono al fatto di classificare tutti gli uomini del Bangladesh come vittime del traffico umano. Il secondo gruppo di 5 persone ha già ottenuto lo status che dà loro un un riparo e sostegno immediato e permetterebbe loro di tornare in Bangladesh immediatamente. la polizia sembra voglia invertire la decisione e arrestarli come immigrati illegali. Il perché di questa decisione non si capisce dato che tutti sembrano delle vittime.
Forse non si vuole ammettere che il traffico umano continua in Thailandia. Forse perché sono riluttanti a perseguire i capi di questo traffico.»
La realtà è che tanti immigrati clandestini rimangono per anni nelle prigioni thailandesi, e si sa che tanti Rohingya sono poi ritornati nel traffico umano perché venduti.
Da parte del Bangladesh si vuole «fare luce» sulla vera nazionalità per accertare la loro genuina cittadinanza, dal momento che la lingua Bangla è parlata da tanti anche in Birmania che magari con passaporto bangladeshi emigrano all’estero.
Comunque il Bangladesh si appresta a far rientrare in patria centinaia di suoi nazionali che si trovano nelle prigioni thailandesi e farà di tutto per riprendersi i suoi connazionali caduti nel traffico umano.
Si legge sul Phuketwan, a firma di Morrison e Sidasthian, da anni impegnati nella lotta contro il traffico umano:
«Il traffico umano è diventato un modo di vivere per le reti crescenti lungo la costa del mare delle Andamane, specie nelle province di Ranong e Phang Nga vicno alla frontiera birmana, ed a Satun e Songkla, sulla frontiera con la Malesia.
La sottile differenza se si tratti di traffico umano o di schiavi è reso irrilevante a causa degli abusi, le violenze e gli stupri su di loro commessi nei campi segreti della giungla del meridione thailandese.
La polizia lungo la costa delle Andamane tende a categorizzare tutte le persone come immigrati illegali che rende più facile il loro lavoro, mantiene le cifre del traffico basse e lascia gli altri a cercare i soldi per nutrirli e sostenere questi arrivi non cercati.
Questo va bene al traffico. Si chiedono poche cose, le persone vengono trattate secondo la legge thai e si trovano a muoversi ancora verso sud.
Ora comincia la stagione delle lunghe traversate che sino possibili fino ad aprile prossimo. Manit Plianthong direttore del distretto di Takua Pa ha deciso di assumersi la responsabilità nelle proprie mani. Vuole che la Thailandia sia libera dall’onta del traffico umano. Ora ha il sostegno del governatore di Phang Nga e di vari cittadini ed attivisti che vogliono fermare questo commercio di persone nel paese.
Ora è il momento che le autorità thai facciano bene il proprio lavoro. Ci sono tre thailandesi in carcere per il traffico della gente del Bangladesh»
L’articolo di Jonathan Head sulla BBC conclude:
«Il modo di gestire da parte thailandese il caso di questi uomini sarà certamente un test della sua dichiarata volontà di voltare le spalle ai dati vergognosi del traffico umano e fare azioni significative per porre fine ad esso».