Transfobia in Indonesia una minaccia alla vita dei transgender

La morte di un turista transgender peruviano in carcere mostra come la transfobia in Indonesia causa spesso la morte di persone transgender.

Rodrigo Ventosilla, un turista peruviano transgender venuto a Bali con il marito, è morto da alcune settimane ormai mentre era detenuto per aver importato della marijuana terapeutica nel paese.

La morte è stata attribuita dalle autorità ad un crollo delle funzioni vitali, ma la mancanza di chiarezza che circonda la sua morte ha portato i familiari, gli amici e la comunità LGBTQ in Perù ed in Indonesia a credere che ci siano stati abusi durante la sua detenzione causata in primo luogo da “discriminazione razziale e transfobia

comunità indonesiana LGBT

Ventosilla era un trans uomo come lo è suo marito. Quando si seppe online la notizia della sua morte, l’accusa della famiglia che la transfobia era un fattore della morte accese sia le manifestazioni di sostegno che di accusa da parte di chi insisteva nel dire che il portarsi la marijuana in Indonesia, dove esiste una politica di tolleranza zero, lo ha portato in primo luogo in carcere.

Ma per gli individui transgender in Indonesia, il caso è qualcosa di troppo familiare.

Le comunità di Jaringan Transgender Indonesia e Arus Pelangi hanno chiesto risposte sulla morte di Ventosilla in detenzione perché, indipendentemente dalle questioni trasversali, sanno bene che la radicata transfobia in Indonesia causa spesso la morte di transgender.

“Non si tratta solo del caso del peruviano” dice l’attivista trans donna Kanzha Vinaa secondo cui la gente transgender è da sempre una vittima “merce politica del governo”.

“Quello che il governo fa o dice impatta direttamente le comunità di base perché quando si rigetta si attacca o ci si oppone alla gente LGBTQ, la transfobia della gente crescerà senza che loro se ne accorgono”.

La violenza del passato e del presente

In questi anni sono apparsi sui giornali molti clamorosi attacchi transfobici, dagli abitanti dei villaggi che cacciano dalle loro case individui transgender fino agli omicidi brutali come quello del 2020 a Cilingcing a Giacarta della trans donna Mira, fu bruciata viva dopo un’accusa priva di fondamento di furto.

La lotta di Vinaa con la sua identità di genere e gli abusi violenti da parte della famiglia e degli amici è raccontata in modo grafico sul sito web di una comunità transgender Sanggar Swara, che ora dirige. Quando le si chiede di quella tragedia, si rifiuta di raccontare ancora la storia.

“La transfobia proviene dalla propria ignoranza che si rafforza fino a diventare odio” dice ricordando un caso recente di uno studente universitario che si identificava come non binario e che fu cacciato dalla sua classe.

“Da quel caso è chiaro come i lettori di università si dibattevano per rispondere finendo con ‘Che tipo di spettro di genere è questo?’”.

Vinaa lo ha visto come una parte preoccupante dell’educazione sessuale del paese dove le istituzioni dell’istruzione non riescono a comprendere qualcosa del genere.

“Questa comprensione è raramente inclusa nel nostro sistema educativo, nei luoghi di lavoro formali o persino nel settore governativo” dice. “La gente si sforzerà di correggere questa ‘deviazione di genere’ come con gli sforzi di correzione del genere, per esempio. Finiranno per essere bullizzati a scuola o impossibilitati ad andare a lavorare”.

Anche l’artista di Yogyakarta Tamarra ha vissuto una lotta analoga. Di fronte alla transfobia radicata a livello di comunità, Tamarra trova difficile proteggere la comunità dall’agenzia dell’ordine pubblico, Satpol PP.

“Devi giocare al gatto e al topo con Satpol perché non mettono mai la propria uniforme e diventa difficile distinguerli dai civili, cosa che li facilita nel prenderci” dice Tamarra.

Provenendo da Tasikmalaya a Giava Occidentale, Tamarra ha visto i pericoli che la gente transgender vive in Indonesia a vari livelli, come il caso del 2018 ad Aceh quando lavoratori transgender di un salone di bellezza furono picchiati, costretti a rasarsi il capo ed arrestati in un’operazione che doveva eliminare “la malattia della società”.

Aceh fustigazione transfobia

“Noi non odiamo la gente lesbica, gay, bisessuale e transgender ma odiamo i loro comportamenti” disse nel 2018 il governatore di Aceh Irwandi Yusuf nel giustificare le operazioni.

Tamarra dice che i transgender che vivono a Giava sono più fortunati di quelli che vivono a Sumatra o in altre isole. Questa è la ragione per cui l’artista di strada diventato artista ha cercato compromessi in molte situazioni, come comportarsi da maschio verso gli amici di stanza.

“A Yogyakarta non si trovano dormitori per i waria, termine indonesiano per trans donna. Non potrei trovare posto in un dormitorio maschile se dicessi che sono trans, mi picchierebbero a morte” dice Tamarra che nel 2016 fu espulsa dai residenti di Mantrijeron, Yogyakarta.

“In Indonesia quasi ogni singola waria nella comunità o che vive da sola deve aver vissuto qualche abuso perché viene dal governo non solo dalla gente”.

Odio sistematico e transfobia

Tamarra si è riferita ad un momento di paura di odio accresciuto verso la gente LGBTQ nel 2016 dopo tanti discorsi di odio contro la comunità da parte di rappresentanti del governo.

“Era una cosa pazzesca. Manifesti pieni di insulti e minacce erano dappertutto. Uscivo la mattina prima dell’alba per strappare quei grandi manifesti a Yogyacarta” ricorda Tamarra. Il momento più brutto fu l’incursione contro il Collegio Islamico per Waria Al-Fatah da parte del Fronte Islamico indonesiano di Yogyakarta.

Fu questo fattaccio che la trans donna e militante Rully Mallay ricorda come un esempio di quando la mancanza di conoscenza del governo della comunità transgender avrebbe potuto portare ad un pericoloso attacco transfobico.

“Gli svantaggi nostri come transgender fu che lo stato era in ritardo nel darci un’identità. Solo di recente lo stato è riuscito a facilitare le carte di identità per noi perché continuiamo a fare pressioni per i vaccini, assicurazioni sanitarie …” dice Rully che è coordinatrice presso Waria Crisis Center di Yogyakarta ed una volontaria rispettata nella comunità transgender come Kebaya Yogyakarta.

Lei ha visto come il non essere riconosciuti dalla legge ha avuto un impatto mortale sul popolo transgender durante il primo anno della pandemia quando sono morti fino ad 11 transgender.

“A Yogyakarta sin dal 2013 ci battiamo con forza per avere una tessera di identità perché l’identità è un fattore vulnerabile; non avere una tessera di identità significa che non sei considerato un cittadino. Se succede quindi qualcosa del genere, la polizia può facilmente alzare le mani e dire ‘meritate di essere puniti’, ‘siete devianti’ e tanto altro ancora” dice Rully.

Sebbene non ci siano segnali che lo stato riconoscerà l’identità transgender, Yogyakarta ultimamente ha permesso l’accesso amministrativo per gruppi marginali che più hanno bisogno della tessera di identità per la vaccinazione e il trasferimento incondizionato di cassa. Ma con altre elezioni generali alle porte, sia Tamarra che Rully sentono che torneranno di nuovo le questioni del popolo LGBTQ.

“Ora la situazione politica appare simile a quella degli incidenti del 2016, l’infame podcast di Deddy Corbuzier ai commenti dei ministri tra cui anche che volevano porre una clausola LGBTQ nel codice penale” ricorda Rully.

Ha anche visto come è stato trattato dalle autorità statali chi ha osato esprimere la propria identità di genere alla recente breve settimana della moda di Citayam:

“La radice del problema, credo, è che chi deve sostenere il governo della legge come i ministri, hanno ancora un bias contro la comunità queer. Non ci riconoscono perché non esiste una legge dello stato che dà il riconoscimento alla nostra esistenza. Essere una trans donna non è una scelta ma un fatto”

Lei vede però un raggio di speranza nelle altre persone perché la coscienza si diffonde specie sui media sociali. Quando mise una pagina di offerte per transgender in bisogno che si isolano, il Waria Crisis Center ha ricevuto quasi diecimila dollari nel giro di una settimana aiutando così oltre 60 trans donne lì vicino che vivevano nei loro dormitori, 100 lavoratrici donne del sesso e persino un centinaio di anziani che non sono transgender.

“Il ruolo dei giovani da generazione del millennio che comprende la tecnologia è enorme, partecipano nel far girare la voce, continuando a promuovere questa questione tra i giovani influencer che aiutano il nostro movimento”

Radhiyya Indra, JakartaPost

Taggato su:

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Clicky