Il nuovo rapporto di Amnesty International, “Non preoccuparti lascialo morire: Uccidere impunemente a Papua” racconta l’elevato numero di omicidi illegali nella provincia orientale.
abbiamo anche documentato come le forze di sicurezza applichino le stesse tattiche che hanno usato per anni contro gruppi armati in contesti non politici senza che qualcuno si è assunto mai responsabilità alcuna di quelle morti.
Nell’era di Suharto il concetto di diritti umani a Papua non era affatto riconosciuto. L’integrazione di Papua nel 1969 che usciva dal dominio coloniale olandese sotto la supervisione dell’ONU non fu mai accettato spingendo alcuni papuani a prendere le armi per chiedere l’indipendenza.
La caduta di Suharto nel 1998, dopo 32 anni di potere, aprì la strada per un maggior rispetto dei diritti umani tra i quali libertà di espressione e di assemblea pacifica.
Mentre i gruppi armati continuano ad operare nella regione, molti papuani e rappresentanti di chiese, studenti e popolazioni indigene hanno espresso la loro idea politica pacificamente per evitare ulteriori violenze portando alla nascita di vari movimenti pacifici a Papua dopo il 1998.
Eppure nonostante il maggior rispetto dei diritti umani i governi del dopo Suharto hanno mostrato una posizione senza compromessi verso i movimenti di indipendenza anche verso chi sostiene l’indipendenza di Papua con mezzi pacifici.
Applicando in parte la riforma, i governi dopo Suharto hanno separato la polizia dai militari che di conseguenza ha avuto il compito di mantenere l’ordine interno, mentre i militari si dedicavano esclusivamente alla difesa. Entrambe, comunque, le forze di sicurezza sono presenti ed attive a Papua.
Hanno luogo ancora gli omicidi di membri di piccoli gruppi armati in una scala minore, ma nel periodo dopo Suharto gli omicidi extragiudiziali prendono di mira attivisti politici pacifici. Le autorità dicono di temere che questo attivismo pacifista potrebbe portare a richieste di indipendenza più forti e alla disintegrazione nazionale.
E’ allarmante che la polizia e i militari applicano le stesse tattiche spietate e mortali a Papua che hanno usato da anni contro i gruppi armati ma contro eventi pubblici non legati all’indipendenza. Di conseguenza sono diventati vittima ed obiettivo degli omicidi extragiudiziali chiunque denuncia problemi non politici.
Nell’ultimo rapporto di AI si mostra come la maggioranza delle vittime di omicidi extragiudiziali a Papua dal gennaio 2010 al febbraio 2018 erano manifestanti pacifici in situazioni non legate alle proteste in favore dell’indipendenza. I responsabili erano poliziotti e soldati e nessuno ha mai subito indagini penali dalle istituzioni. 95 morti in totale, una persona al mese.
Le forze di sicurezza hanno ucciso illegalmente 95 persone delle quali 56 non legate all’indipendenza, in incidenti in cui la sicurezza trattava manifestazioni di protesta sociale pacifica e disordine pubblico, in tentativi di arrestare presunti criminali e talvolta per la cattiva condotta di singole persone della sicurezza.
Il fatto che la maggioranza d questi omicidi extragiudiziali erano di etnia Papuana, 85 su 95, sottolinea il risentimento annoso della gente del posto contro le forze di sicurezza perché associano qualunque protesta civile al Movimento separatista di Papua libera ed applica le misure di repressioni e talvolta letali.
In una visita del dicembre del 2017 un gruppo di giornalisti di etnia papuana disse ad AI di aver subito frequentemente trattamento di discriminazione e repressione da parte delle forze di sicurezza.
AI ha rivelato che la polizia è dietro la grande maggioranza degli omicidi illegali che si sono avuti in otto anni a Papua. Ha ucciso 39 persone mentre i soldati 27, mentre gli altre 28 persone in situazioni miste tra polizia e militari.
E’ una macchia grave sulla storia dei diritti umani indonesiani. E’ tempo di cambiare il corso: devono finire gli omicidi extragiudiziali a Papua ed i responsabili di quelli passati devono essere portati davanti ad un tribunale civile indipendente.
Restano le stesse le tattiche usate dalla sicurezza, ma a morire a Papua sono sempre più militanti politici pacifisti e manifestanti non politici. L’uso di forza non necessaria o eccessiva, come armi da fuoco, attività di polizia in assemblee pubbliche non politiche e disordini pubblici a Papua, hanno portato a morti che non accadono in altre parti del paese. Le forze di sicurezza devono rivedere l’addestramento, l’equipaggiamento, regolamento e tattiche nel presiedere ad assemblee pubbliche a Papua.
Dopo gli omicidi di quattro studenti papuani nel dicembre 2014 in una manifestazione pacifica a Paniai, l’allora nuovo presidente Joko Widodo promise di rendere prioritari i diritti umani nella regione e trasformare Papua in una isola di pace.
Tre anni dopo non c’è ancora giustizia per quelle vittime e le famiglie di Paniai. Le indagini su quanto accadde sono in un limbo legale come tanti altre situazioni dela regione.
Durante l’amministrazione di Joko Widodo si sono avuti 39 morti per omicidi extragiudiziali, una cifra che non ispira fiducia. Si devono indagare tutti i casi di omicidi illegali avvenuti sia prima che durante il governo di Joko Widodo da parte di un corpo indipendente.
L’attuale amministrazione non deve chiudere gli occhi di fronte a questi omicidi che avvengono ancora a Papua anche mentre il governo accelera lo sviluppo economico della regione. Sviluppo sostenibile è ben accetto ma non basta da solo: deve esserci giustizia e rispetto dei diritti umani per guarire il dolore dei papuani. Le due cose, sviluppo e giustizia, devono andare insieme.
E’ tempo che Joko Widodo lavori verso la soluzione delle violazioni dei diritti umani per porre fine agli omicidi illegali e realizzare la promessa di trasformare Papua in una terra di pace.
Usman Hamid, JakartaPost