Si sono sistemati davanti al quartier generale dell’ ONU a Bangkok e vi resteranno fino alla cancellazione dei due progetti. I trenta militanti verdi fanno parte della Rete popolare di Songkla e Pattani contro la Centrale a Carbone e di Salviamo Andamantan dal Carbone.
La protesta era iniziata il 29 gennaio davanti al palazzo del governo e si è poi spostata per evitare lo scioglimento forzato.
La decisione dello sciopero della fame dei trenta cittadini del meridione thai giunge dopo che i gruppi hanno chiesto al ministro dell’energia di ritirare completamente il suo studio di valutazione di impatto ambientale e sanitario, VIAS. Il ministro aveva detto di voler rimandare l’inizio dei lavori per prendere più tempo per portare avanti meglio gli studi.
L’impianto di Krabi ha avuto il VIAS per l’impianto a carbone all’inizio del 2016 ed è in attesa di istruzioni dal governo per iniziare i lavori. Ma ad aprile 2016 l’ente elettrico thailandese EGAT ha avuto l’ordine di rivedere la VIAS dell’impianto da 800 Megawatt i cui lavori dovrebbero cominciare nel 2025.
L’altro sito di Thepha nella provincia di Songkla ma più vicino a Pattani è molto più grande e raggiunge 2000 Megawatt e sta per avere l’approvazione della VIAS. L’impianto dovrebbe essere operativo nel 2024, anche se è difficile sapere la data di inizio.
Finora l’ente elettrico thailandese ha avuto approvato la Valutazioni di impatto ambientale, VIA, per 2200 megawatt dall’ONEP, Ufficio delle Risorse naturali e di politica ambientale e pianificazione, ed è in attesa di sapere quando può iniziare a costruire.
I manifestanti hanno consegnato una lettera al generale Prayuth in cui chiedono sia la dismissione del piano energetico che il proscioglimento delle accuse contro 17 militanti incriminati per violenze. Essi volevano consegnare una lettera a Prayuth durante una riunione del governo a Songkla a novembre 2017, ma furono dispersi con la forza dalla polizia, poi arrestati ed incriminati.
Un manifestante del meridione, Madtayom, giunto a Bangkok per consegnare la lettera ha detto al Bangkokpost come quelle VIA siano in realtà quelle dettate dalle compagnie costruttrici. Ma ora bisogna ascoltare la voce della gente che ci vive in quelle zone.
“Naturalmente hanno approvato le VIA, chi costruisce le centrali ha fatto un quadro ecologico di Thepha come di un’area messa male che ha un’industria della pesca che se la passa male. Ma la realtà sul terreno è all’opposto” ha detto Madtayom che ha ricordato come non si possa abbassare la guardia dinanzi alle tattiche per spegnere lo scontento della popolazione.
“Guardate alla centrale a carbone di Krabi. Nonostante le promesse del primo ministro e il rigetto del VIA, l’impresa è tornato a fare pressioni per il progetto”. Nella provincia di Krabi infatti si è tenuto un altro incontro pubblico dell’impresa costruttrice per spingere ancora sulla costruzione della centrale a carbone.
Certo se si fa la centrale, ha detto Madtayom, sarà la fine dell’ecologia dell’area e della pesca, ed il ministero deve guardare al di là del quadro che le imprese hanno fatto.
Sembra che il governo stia prendendo tempo per trovare luoghi alternativi dove are la centrale, dove cioè la resistenza civile sia meno intensa.
Analoga posizione sarà espressa dai cittadini di Krabi per la loro centrale a carbone da 800 Megawatt che a fine febbraio saliranno a Bangkok. La centrale sarà costruita sulla costa insieme al porto proprio in mezzo ai villaggi di pescatori.
Perché si possa trovare una soluzione al problema energetico del meridione thailandese, soprattutto delle zone più ricche e più consumatrici di risorse come Phuket, ci vuole un cambio all’approccio con cui il governo pensa alla sua politica energetica. Secondo Madtayom la politica delle centrali a Carbone nelle province meridionali sembra stata scritta su una pietra tanto è difficile da cancellare.
Nessuna altra politica energetica sembra possibile per il regime militare di Bangkok, nonostante le alternative proposte ci siano: dalle biomasse dei rifiuti dell’industria della palma, alla eolica, alla solare.
La dura verità del carbone
Il governo di Prayuth Chanochoa ha mancato una grande opportunità nelle prime sei settimane di questo anno. Avrebbe dovuto annunciare di aver cancellato tutti i piani e gli studi per costruire centrali elettriche a carbone a Krabi e Songkla nel meridione piuttosto che invocare un altro ritardo che dà l’impressione di debolezza e indecisione.
Allo stesso tempo un nuovo progetto pare indicare che il capo di stato thailandese operi su un doppio standard.
Gli oppositori alla centrale di Thepha a Songkla sono venuti a Bangkok di recente per protestare contro il progetto. Hanno annunciato che se ne andranno solo quando il governo accetterà di cancellarla, liberando così la loro regione di una minaccia di un’altra centrale altamente inquinante.
Prayuth ha risposto con l’annuncio di un rinvio a tempo indefinito dei due progetti. Ha accusato quello che lui definisce “le divisioni dentro la comunità” di Songkla.
Poi la polizia, la settimana scorsa, ha iniziato ad intimidire chi osasse esprimere la propria opposizione, minacciando i manifestanti di essere rimossi con la forza e arrestati se non se ne fossero andati di propria volontà.
Questo mostra quanto maldestra sia la gestione delle relazioni con chi si oppone ai dettagli della politica energetica calata dall’alto di Prayuth.
Agli inizi di dicembre, durante un incontro di gabinetto tenutosi a Songkla, un gruppo di cittadini di Thepha iniziò una marcia di protesta. La polizia attaccò i manifestanti picchiandone tre e arrestando 17 di loro con gravi accuse. La polizia finora si è rifiutata di togliere le accuse nonostante tutti gli appelli ricevuti.
Prayuth si è lasciato sfuggire una possibilità di fare discussioni ragionevoli con i manifestanti contro la centrale, ignorando le proteste davanti al suo ufficio, rigettando il dialogo o la riconciliazione.
In modo prevedibile, gli iniziali cinque manifestanti sono cresciuti di numero e di influenza. Le proteste sono state assunte dalla Rete popolare di Songkla e Pattani contro la Centrale a Carbone e di Salviamo Andamantan dal Carbone.
Lunedì 40 membri della nuova coalizione pubblica ha iniziato uno sciopero della fame presso il palazzo dell’ONU a Bangkok.
Comunque sono i manifestanti a Krabi, dove si gode di ampie fonti di energia rinnovabile come rifiuti dalle piantagioni, che hanno avuto più successo dei loro amici di Songkla di fronte ai piani energetici del primo ministro.
Quando un loro gruppo notevole iniziò una manifestazione di strada un anno fa, il governo cambiò idea nel giro di dieci giorni.
Persino allora Prayuth non riuscì ad ammettere che i meridionali dotati di senso civico, che avevano prodotto uno studio che dimostrava le capacità della provincia a potersi affidare totalmente all’energia rinnovabile, avevano ragione. Invece improvvisò una soluzione in cui il governo, particolarmente Prayuth stesso, era vittima di provinciali miopi e campanilisti.
Ora è comparsa un’altra grinza che espone il governo all’accusa di ipocrisia.
Venerdì scorso ha firmato un contratto di 1 miliardo di euro con la giapponese Mitsubishi Hitachi Power Systems per una centrale a due turbine da 5300 Megawatt.
Questa sarà costruita su un posto libero ma ancora sconosciuto vicino Bangkok. Non si userà il carbone perché le due turbine saranno alimentate solo dal gas.
Anche se si tengono le centrali a carbone fuori da Bangkok, la sua popolazione non può sfuggire all’impatto di questo pericoloso combustibile fossile. Vari rapporti dicono che la copertura di smog di questi giorni è causata dalle centrali a carbone a Rayong.
Prayuth ha rigettato due opportunità di portare avanti la propria politica energetica. La prima è di consultarsi con i gruppi ambientalisti ben informati e far sapere che le loro opinioni sono importanti. La seconda sarebbe stata di tagliare i progetti e dichiarare che non ce ne sono più da approvare.
Sarebbe stata una vittoria, per il paese e per Prayuth stesso. Un prolungato ritardo è il fallimento della capacità di indicare la direzione.