Contro Cartografie: una lettura differente di Singapore, è un libro che offre una lettura dello spazio fisico come definito dallo stato
Quando Singapore riprese le esecuzioni dopo un’interruzione di due anni, un militante abolizionista di lungo corso, Rocky Howe, fece domanda di autorizzazione per fare una protesta di fronte alla Prigione di Changi.
La polizia all’inizio rigettò la richiesta, cosa che non sorprende nessuno, ma ebbe successo il successivo appello che sorprese tutti.
Poi lui vide le condizioni poste dalla polizia: il luogo della protesta era stato spostato ad una strada sul retro del complesso della prigione, su un piccolo appezzamento vicino ad un lampione specificato, ed era acclusa una mappa alla lettera della polizia, con un rettangolo giallo chiaro a designare l’area specifica.
Nonostante avessero permesso di partecipare solo a quattro persone, le autorità si attendevano che l’organizzatore “mettesse un cordone per demarcare l’area designata per l’assemblea” e che fosse in servizio un addetto professionista alla sicurezza per mantenere l’ordine.
Ai partecipanti era permesso di mantenere delle luci a mano e una foto del detenuto del braccio della morte, Nagaenthran K Dharmalingam, anche se nel momento in cui furono inviate le istruzioni, Nagaenthran K Dharmalingam era già stato impiccato.
C’era anche un appunto all’estremità dell’area prevista in cui si legge: “permessi sono i partecipanti già registrati”. Sono state date anche le specifiche della grandezza della pagina, A4, del font Arial e della grandezza del testo, 48.
“L’assemblea” si poteva tenere solo in un giorno particolare ad un’ora particolare dalle “23.49 alle 23.59”, per un totale complessivo di dieci minuti. Non era ammessa una pubblicizzazione dell’evento né si potevano invitare i giornalisti per parlare di questa dimostrazione di dieci minuti di quattro persone.
Qualunque deviazione da queste condizioni avrebbe trasformato la protesta in una assemblea illegale.
La maggioranza dei cittadini di Singapore non farà mai nella loro vita domanda di permesso per una protesta, ma questo permesso che Howe ha ottenuto e che non ha usato per le condizioni imposte, illustra quanto potere lo stato ha sullo spazio fisico nel paese.
Secondo la legge dell’ordine pubblico tutte le proteste, anche quelle delle singole persone, richiedono il permesso della polizia a cui si possono unire le condizioni da seguire. Le autorità possono dettare dove i singaporiani possono stare, quando e per quanto tempo. Hanno il potere di regolare il modo i cittadini si esprimono nello spazio fisico.
Essere singaporiano è sapere che lo spazio pubblico è davvero più come lo spazio dello stato, e non ci si può aggrappare a nulla.
Palazzi e parchi compaiono e scompaiono, sono costruiti e demoliti dagli sforzi industriosi e massacranti di una forza lavoro massiccia di emigranti a basso salario.
Gli amati luoghi storici possono svanire, il loro significato sociale subordinato alle priorità dei pianificatori urbani.
Se non c’è spazio a sufficienza, la terra può essere tirata fuori dal mare come terra reclamata, tratti caratteristici del tanto ammirato profilo di Singapore si ergono su uno suolo che prima non esisteva.
E’ questo potere che affascina la studiosa singaporiana, scrittrice e poetessa Joanne Leow nella sua monografia, Counter-Cartographies: Reading Singapore Otherwise, (Controcartografie: una lettura differente di Singapore).
La scrittrice mette in luce la grande quantità di controllo che lo stato ha sullo spazio fisico nella città-stato, dal potere dato al governo dalla legge di acquisizione di suoli alle missioni spettacolari per dominare la natura, come possiamo notare nelle cupole climatizzate dei Gardens by the Bay.
Ogni singolo pezzo di Singapore e delle sue isole sono mappate e zonizzate, inserite in un piano regolatore che il governo rivede ogni cinque anni.
“Ciò ha comportato paradossali questioni di scala: anche se il governo ha assunto il controllo di porzioni di terra sempre più ampie, le ha microgestite in appezzamenti e zone sempre più piccole.” scrive sostenendo che questo rende leggibile il potere politico a ricordare ai cittadini ogni volta quanto piccoli sono i suggerimenti che possono dare di fronte alle agende dello stato.
Internazionalmente si celebra Singapore come una città efficiente ben progettata per le abilità di una guida politica che sa vedere lontano, ma è importante ricordare che questa presunta capacità di vedere lontano è stata in gran parte resa possibile dai tanti anni di potere del People’s Action Party, 65 anni e non se ne vede la fine e quanto potere gestisce.
“La visione di Lee Kuan Yew della città da giardino tropicale era quella di una fantasia autoritaria di una Singapore verde e pulita che sposa in effetti la rigogliosità dei tropici ideali con la purezza e ordinamento di una società irreggimentata e regolarizzata.” scrive Leow riferendosi al primo premier di Singapore e “giardiniere in capo”.
“Corollario della pianificazione urbana e della zonizzazione, la tropicalizzazione dell’ambiente costruito di Singapore era direttamente collegata alla missione di Lee di coltivare la popolazione stessa”.
Sarebbe deprimente se tutto quello che Leow fece era di indicare la grandissima estensione del potere statale di Singapore, ma la seconda parte del titolo della monografia è “una lettura differente di Singapore”.
Forse non si riesce ad evadere del tutto dallo stato, ma la gente non vive all’altezza dell’occhio di uccello delle mappe su cui la burocrazia si arrovella e affanna.
Le vite si svolgono sul campo, circondate dalle disordinate minuzie del quotidiano, in angoli e fessure che non possono essere realisticamente controllati da forze esterne. I lavori che Leow legge da vicino -film, multimedia, poesia, narrativa, teatro e graphic novel- sono esempi di singaporiani che, se non si confrontano direttamente con il potere, almeno rifiutano di conformarsi alle formulazioni dall’alto di come vivere su quest’isola.
Questi sono tentativi, sostiene Leow, di “scavare, eludere, trovare e confabulare” al di fuori delle narrazioni motivate politicamente e dei confini dello stato. Alcuni dei lavori analizzati, come il documentario di Tan Pin Pin, To Singapore with love, vietato a Singapore, la graphic novel epica vincitrice del premio Eisner di Sonny Liew, The Art of Charlie Chan Hock Chye, oppure il dramma di Alfian Sa’at e Marcia Vanderstraaten, Hotel, che la sottoscritta già conosceva.
Altri, come la serie SEA STATE dell’artista multidisciplinare Charles Lim Yi Yong, “A fluid Borderless Past” oppure il libro semiautobiografico di Tan Shzr Ee Lost Roads: Singapore, li ho scoperti attraverso gli occhi di Leow. Questi pezzi portano alla luce parti di Singapore che chi è al potere preferisce seppellire (excavate), eludere le norme ufficiali per creare il proprio significato (circumvent), esplorare percorsi alternativi rispetto a quelli sanciti dallo Stato (wayfind) o immaginare diverse possibilità per il passato e il presente di Singapore (confabulate).
Questi artisti rifiutano di accettare del tutto le narrazioni dello stato così prevalenti a Singapore; invece sono determinati nel dirigere la nostra attenzione verso cosa giace dietro una patina del successo gestito.
Si prenda la lettura di Leow di Lost World, uno short film di Kalyanee Mam, regista cambogiano e il solo lavoro non singaporiano il cui lavoro è analizzato in questa monografia. In esso, un abitante della provincia cambogiana di Koh Kong Vy Phalla, va a Singapore per vedere il risultato del dragaggio di sabbia che ha distrutto l’ambiente naturale della sua provincia. Leow scrive:
“Nel prendere la sabbia e le piante nelle mani, Phalla vede quello che altri non possono vedere perché loro ammirano le imprese tecnologiche dei Giardini e il progetto infrastrutturale ecocida di Singapore del suolo reclamato: che sono rovine e rovina che si estendono oltre i suoi confini e continuano a colpire ecosistemi e comunità che erano stati resi invisibili”.
Counter-Cartographies non è la lettura facile e casuale, ma un testo accademico scritto con il linguaggio e nelle convenzioni del campo, differente ovviamente dalla poesia, dal romanzo e da ciò che Leow scrive altrove. Penso ancora al suo pezzo di storia creativa ‘Journalism and Jiujitsu: The Gentle Arts of a Dictatorship‘ scritto per Catapult nel 2016 sulla sua esperienza casuale di giornalismo e presentatrice di notizie a Singapore. Ma le idee al centro sono intrinsecamente relazionabili: per tutti gli sforzi delle potenti istituzioni, le persone troveranno il modo di vivere le loro vite nonostante, e forse anche a dispetto, dei margini predeterminati.
Che si tratti di studiosi, di artisti, di registi o poeti e giornalisti o militanti, ci saranno sempre singaporiani che trovano il modo per esprimere la differenza in una città che cerca di manipolare, spolverare e microgestire. È come dice Leow a proposito del libro di flash fiction di Alfian Sa’at, Malay Sketches:
“La panoplia di spazi fittizi di questa raccolta, prodotta attraverso le vite sociali dei personaggi della minoranza malese, resiste alle mappe pianificate e suddivise in zone del paese, producendo un modo di attraversare questa città senza mappe ma con i ricordi, le sensazioni corporee e la consapevolezza delle strutture di potere che governano il loro spazio vitale”.
I governi di PAP in successione sono riusciti ad imporre l’ordine, cioè il controllo, sul paese in molti modi, dalle politiche della casa pubblica che danno precedenza alle coppie di cittadini eterosessuali, sposate alla mappatura degli spazi e alla loro realizzazione per decenni e generazioni.
Ma, come dimostrano i film, le storie e l’arte studiati da Leow, nessuna cartografia ufficiale può cancellare l’agire umano, la curiosità, la memoria, l’amore e il desiderio. Nel “Una lettura differente di Singapore”, Leow ha attirato la nostra attenzione sulle persone che vivono, sono, differenti.
Kirsten Han, Mekong Review