Il fiume Ciliwung scende da un vulcano posto a meridione della capitale indonesiana, percorrendo il cuore di una delle regioni più densamente popolate al mondo per raggiungere quasi la Baia di Giacarta centrale.
Quasi, perché il fiume, nel suo ultimo miglio che lo separa dalla Baia, dovrebbe salire verso l’alto.
La stessa cosa si può dire per gli altri fiumi soffocati dai rifiuti che percorrono Giacarta Centrale. Incapaci a vincere la forza di gravità, sono stati direzionati verso i canali che si svuotano in mare.
La necessità di avere questi condotti è che Giacarta Metropolitana, un agglomerato di 28 milioni di persone, si stende su una pianura alluvionale che nei tre decenni precedenti si è abbassata di 4 metri.
“Giacarta è una scodella e la scodella ora sprofonda” dice Fook Chuan Eng, specialista della Banca Mondiale per l’acqua e i trattamenti sanitari, che presiede a un progetto di mitigazione dell’alluvione da 190 milioni di dollari.
I canali del Ciliwung e degli altri fiumi sprofondano. E con essi l’intera costa settentrionale di Giacarta con i porti di pesca, i cantieri navali, i mercati, gli allevamenti di pesce, le baraccopoli affollate e le trincerate comunità esclusive. Sprofonda tutto. Sprofonda persino il muro di sbarramento che avrebbe dovuto impedire al mare di Giava di inondare la capitale.
Proprio dentro il muro si stende il villaggio di Muara Baru, dove vivono oltre 100 mila persone. Si trova ora due metri sotto il livello del mare, e i suoi abitanti come Rahmawati, madre di due piccoli, alzano lo sguardo dalla loro scalinata di ingresso per vedere il mare.
“Quando c’è un’alta marea, le barche galleggiando si trovano all’altezza della diga, e possiamo vedere le navi da qui” dice la donna che come tanti indonesiani ha solo un nome.
L’allagamento da parte di fiumi e canali che straripano è almeno un evento che accade ogni anno costringendo Rahmawati e gli altri abitanti del villaggio a spostarsi negli edifici pubblici vicini. Si possono vedere sui muri del villaggio i segni dell’acqua alta dell’ultimo grande alluvione del 2013.
Giacarta sprofonda a causa della subsidenza che accade quando l’estrazione di acqua dolce causa lo sprofondamento delle rocce e dei sedimenti l’un sull’altro.
Il problema è particolarmente acuto a Giacarta poiché gran parte della sua popolazione attinge l’acqua attraverso pozzi che pescano negli acquiferi sotterranei. Questi pozzi inoltre forniscono un terzo del fabbisogno di acqua dell’industria.
“E’ come un grande formaggio svizzero lì sotto” dice Fook della Banca Mondiale. “L’estrazione di acqua dolce non ha paralleli per una città di queste dimensioni. La gente scava sempre più a fondo e il suolo sta sprofondando.”
L’effetto è peggiorato dal mero peso della distesa urbana. Lo sviluppo economico negli ultimi decenni ha trasformato la linea tradizionale di case basse in una foresta sempre più fitta di grattacieli, il cui mero peso distrugge il suolo poroso sottostante.
In articoli precedenti si era messo in evidenza l’innalzamento dei livelli di mare a causa del riscaldamento globale che causa un’espansione dell’acqua e la fusione del ghiaccio ai poli. I livelli dell’oceano sono cresciuti globalmente nello scorso secolo secondo l’ONU. Ma in molti posti, come Houston in Texas, nelle città della costa orientale americana, alle grandi città del Sud Est Asiatico, è l’impatto della subsidenza a causa dell’estrazione di acqua potabile ad essere più forte. Manila sprofonda al passo di un centimetro l’anno, come pure Saigon e Bangkok.
Questo succede anche mentre la popolazione nel mondo si è concentrata lungo le terre costiere basse. Nel 2010 724 milioni di persone al mondo vivevano in quello che i ricercatori considerano zone costiere a basa elevazione, di altezza inferiore ai dieci metri sul livello del mare. Nel 1990 le persone erano 538 milioni, il 34% in meno.
Il fenomeno trova in Asia la sua manifestazione più forte con le cinque nazioni la cui crescita demografica è stata maggiore sulle aree costiere vulnerabili. In Cia la popolazione è cresciuta del 29% a 162 milioni nel periodo di 20 anni; in India il 43% e in Bangladesh è stato il 46%.
In Indonesia il numero di persone che vivono in aree vulnerabili costiere era 47,2 milioni, uno dei totali più grandi al mondo, oltre il 37% dal 1990.
Mari più alti, città che sprofondano e popolazioni maggiori indicano impatti peggiori derivanti da alluvioni e tifoni. E cresce anche la frequenza di questi eventi. Sono cresciuti di sei volte sia le alluvioni registrate che i grandi eventi climatici nella regione, da meno di 20 negli anni 60 a quasi 120 negli anni 2000 secondo uno studio della ADB.
Ma nessuna città sprofonda più velocemente di Giacarta, ad una media di un centimetro l’anno, superando anche la crescita annuale del livello dei mari nell’area. La costa vicino Giacarta sprofonda ad una media anche maggiore di due centimetri l’anno, raggiungendo in alcuni punti anche i quattro centimetri, secondo uno studio di esperti di geodinamica di Bandung.
Oggi il 40% della città è sotto il livello del mare. “Giacarta è la città al mondo che sprofonda di più” dice Janjaap Brinkman, idrogeologo della Deltares Olandese che ha passato anni a studiare la subsidenza provando a dare soluzioni ad essa.
Si può fare ben poco per fermare la tendenza a salire dei mari ma è possibile fermare la subsidenza. Giacarta ha dei regolamenti che limitano la quantità di acuqa che si può estrarre giornalmente da pozzi certificati. Una campagna pubblica televisiva invita tutti a “risparmiare acqua di falda per poter salvare la nazione”. Ma il controllo è debole e i pozzi illegali abbondano in città.
Il 75% dei residenti usano acqua di falda e molti si rifiutano di connettersi agli acquedotti poiché costano di più, non sono sempre disponibili e l’acqua che esce fuori spesso è sporca.
La città ha una moratoria sulla costruzione di nuovi centri commerciali principalmente per la congestione del traffico ma non ha provato a controllare i pesi sul suolo sottostante.
Incapace di impedirsi di sprofondare, Giacarta Centrale ha posto la sua attenzione a proteggersi dall’inevitabile inondazione dal mare. Una tempesta del febbraio 2007 fu letteralmente il momento che spinse il governo a fare qualcosa.
Una tempesta di monsone che coincise con un’alta marea superò le deboli difese costiere spingendo un muro di acqua dalla baia di Giacarta dentro la capitale. Fu la prima volta che un innalzamento del mare aveva allagato la città. Quasi mezza Giacarta fu coperta di 4 metri di acqua fangosa e 76 persone furono uccise ed altre 600 mila persero la casa. Il danno complessivo ammontò a 544 milioni di dollari.
Dopo che Giacarta fu ripulita il presidente Yudhoyono formò una task force per affrontare i sempre più frequenti allagamenti.
In una opzione si discusse di spostare la capitale verso livelli più alti a meridione oppure su un’altra isola, dice Robert Sianipar che presiedeva la taskforce. Gicarta ha 5585 abitanti per chilometro quadro tra le dieci città più densamente popolate al mondo. Un’altra idea fu di abbandonare il vecchio distretto di Giacarta Settentrionale.
Ma queste due idee furono presto abbandonate per il peso economico che Giacarta ha con il suo 20% del PIL. Era impensabile che il mare potesse reclamare il 40% della città che ospita metà della popolazione di Giacarta. Sianipar dice: “Se abbandoniamo Giacarta Settentrionale, il costo in termini di prorpeità sarebbe di 220 miliardi di dollari, senza contare il numero di persone e la produttività che dovrebbe essere spostata”.
Il gruppo decise di rafforzare le difese costiere e di rifare il sistema di canali che crollavano. Il governo olandese offrì il proprio aiuto tecnico.
Nel 2008 si innalzò il livello del muro lungo oltre 20 chilometri. Ma mentre la struttura finisce sotto le onde offre poca protezione contro un altro innalzamento di livello, o contro una mare moderata di primavera. In alcuni posti durante l’alta marea, i vecchi muri della città sono appena visibili sulla superficie dell’acqua, sia perché il mare sale ma anche perché il muro stesso sta sprofondando sui suoi soffici sedimenti alluvionali.
La Banca mondiale in un suo rapporto del 2012 metteva in guardia contro alluvioni catastrofiche che sarebbero ben presto diventate una norma per Giacarta “con conseguenti danni forti di tipo socio economico”
La tasforce stava ancora cercando una strategia complessiva quando la predizione della Banca Mondiale si avverò nel gennaio 2013 con parti della città sommerse da 2 metri di acqua dopo una forte tempesta di monsoni. Giorni dopo il presidente Yudhoyono chiese un approccio più forte alla taskforce.
La conseguenza fu il Piano Principale di Sviluppo Costiero integrato della Capitale, Grande Garuda o anche Il muro d’acqua gigante, per la sua somiglianza al Garuda della mitologia Induista, simbolo nazionale indonesiano. Il complesso da 40 miliardi di dollari includerà un muro esterno lungo 16 chilometri e 17 isole artificiali che escluderanno la Baia di Giacarta.
La costruzione del primo passo del piano, un nuovo muro interno largo 2 metri proprio dietro l’attuale in uso, fu lanciato il 9 ottobre e serve a pendere tempo contro un’altra possibile inondazione finché il nuovo muro esterno del Grande Garuda darà la protezione di lungo termine. Il Grande Garuda comunque non restaurerà il flusso dei tredici fiumi e di vari canali della città nella baia.
Alcu i dei canali conducono nei laghi di ritenzione delle acque piovane, un magnete per i nuovi emigranti delle province che si stabiliscono illegalmente attorno ai suoi argini. Le stazioni di pompaggio quindi pompano l’acqua fortemente inquinata di questi laghi per qualche centinaio di metri dentro la Baia di Giacarta.
Presto ci sarà bisogno di altri grandi laghi per scaricare l’acqua degli altri fiumi e canali tra i quali ci sono i grandi canali delle alluvioni del Piano. “Si parla di pompare dei laghi di anche 100 chilometri quadri” dice Victor Coenen della ditta Wittewen Bos che fa parte del gruppo di consulenza olandese. “Dove si trova lo spazio in una città così densamente popolata?”
Il Grande Garuda risolverebbe quel problema creando un immenso serbatorio di acqua nella Baia di Giacarta, rinchiuso da mura interne ed esterne ed alimentato da stazioni di pompaggio sulla riva. “Se si giunge a quello, preferirei avere una grande laguna nera a largo” dice Coenen.
Per impedire che il Grande Garuda sembri come un grande laguna nera, la città deve affrontare un’altra immensa priorità, fornire acqua pulita alla magiorp arte dei suoi cittadini e sistemare degli impianti di trattamento dei rifiuti per far sì che fiumi e canali non abbiano più la funzione di discariche.
Giacarta al tempo del governo olandese era conosciuta come Batavia, la Regina dell’oriente per la sua bella architettura coloniale e i canali alberati. Una ispezione più attenta rivelava “una successione di fosca di rive fangose puzzolenti, pozze sporche e laghetti stagnanti che annunciano a tutti i sensi la loro natura velenosa del suo clima terribile”, scriveva un inglese nel 1811.
Allora come ora “i canali stagnanti” funzionavano come discarica aperta esalando “una puzza insopportabile”. Nella stagione delle piogge “Queste riserve di acqua sporca rompevano gli argini nelle parti basse della città riempendo i piani bassi delle case dovesi lasciavano dietro un’inconcepibile quanità di fanghi e terra.”
Oggi la città ha solo un piccolo impianto di trattamento dei rifiuti che funziona per il distretto degli affari. Quasi tutti usano fosse settiche o buttano i rifiuti nel sistema dei canali vicino. La melma si è accumulata nei secoli nei canali e i loro argini sono cresciuti in uno sforzo inutile per contenere le acque alluvionali. I canali che scorrono al mare o nelle pozze di ritenzione costiere hanno perso il 75% della loro capacità secondo Brinkman della Deltares.
La città è quasi alla fine del suo progetto di tre anni per approfondire i canali ed accrescere l’altezza dei suoi muri, ma le case ora sono spesso al di sotto dei livelli dei canali lasciando nessuna fuga verticale verso il tetto nel caso di un alluvione.
Una città che abbia un sistema di canali estesi ed un clima da foresta tropicale non dovrebbe avere problemi di acqua potabile, eppure solo un quarto della popolazione è connessa ad un acquedotto. A metà prende l’acqua dai pozzi ed un altro quarto compra l’acqua da trasportatori che prendono l’acqua dai pozzi pubblici, legali o illegali.
Alcuni residenti che potrebbero avere accesso all’acquedotto preferiscono l’acqua di falda a causa dei costi di connessione e gli altri costi che rendono l’acqua molto costosa di quella del pozzo del cortile.
L’acqua dell’acquedotto è anche poco popolare perché è spesso sporca. E c’è una buona ragione: metà dell’acqua viene dal bacino del fiume Citarum che è stato definito come Il fiume più sporco al mondo. Su di esso scaricano reflui industriali ed agricoli dalla presenza umana sulle sue rive, dando l’impressione che si possa camminare su quelle parti del fiume.
L’acqua di falda non è affatto migliore. Il 70% di essa è contaminata dall’Escherichia coli delle fosse settiche. Questa crisi di acqua è stata la manna per chi vende l’acqua in recipienti da 20 litri che girano per i villaggi. 20 litri costano 3 centesimi di euro.
Questo commercio fiorisce nei distretti della costa dove la subsidenza ha permesso l’intrusione dell’acqua salmastra rendendo imbevibile l’acqua di pozzo. Ed in alcune aree della costa l’acqua di acquedotto giunge solo sporadicamente durante il giorno.
Non ci sono dati pubblicati sul volume di acqua di pozzo usata ma il nuovo governatore Basuki ha denunciato un livello allarmante dell’uso illegale dell’acqua. Ha detto che farà applicare una legge del 2008 che impone multe salate e prigione per chi fa cattivo uso dell’acqua di pozzo.
La giungla di cemento non è solo utente intensivo di acqua; ha anche impedito il drenaggio naturale di acqua impedendo all’acqua sotterranea di ricaricarsi. Invece di infiltrarsi nel suolo le piogge stagionali scorrono nei canali verso il mare.
Nel 2009 il ministro dell’ambiente presentò una nuova idea di restaurare i livelli freatici di acqua sotterranea: emise un decreto che richiedeva ai proprietari di case e di costruzioni commerciali di immagazzinare acque piovane in “cilindri bioporosi” da un metro per assorbire e immagazzinare l’acqua piovana. Il decreto non aveva meccanismi di applicazione e il ministro dell’ambiente della città non poteva mai dire quanti cilindri erano stati installati
La città ha intrapreso un altro tipo di approccio nella sua guerra dell’acqua: spostare gli insediamenti abusivi lungo la costa per creare aree verdi. Migliaia di abusivi occupano vaste zone di Muara Baru dietro i muro di acqua e attorno alle pozze di ritenzione, rovistando tra i rifiuti, raccogliendo coze verdi o gamberetti tra i rifiuti o lavorando nei cantieri navali.
Ogni anno arriva l’alluvione, la gente si sposta negli edifici pubblici e il villaggio sprofonda un po’ di più. “Non è proprio brutto” dice Sukiman “possiamo vivere qui.”
Ma Muara Baru sembra avere i giorni contati. La città ha cominciato a spostare i suoi abitanti per creare spazio verde e restaurare la pozza di ritenzione di Pluit che è soffocata di rifiuti
Chi ha una tessera di residenza può avere un appartamento nei nuovi progetti di case pubbliche. Queste abitazioni che s’alzano insieme agli appartamenti lussuosi e negozi, sia aggiungeranno al peso che fa pressione sulla terra subsidente e solo peggioreranno la situazione.
BILL TARRANT, REUTERS
INDONESIA: Giacarta, l’alluvione e l’inquinamento dei fiumi
Ci si trova di nuovo in quella parte dell’anno quando vaste aree di Giacarta si trovano immerse nell’acqua fino all’anca, vittime non tanto degli alluvioni della stagione quanto della mancanza di acqua e fogna, di un’infrastruttura arretrata e di un sistema fognario inaccettabile.
Si stima che la salute di quasi 5 milioni di abitanti dei 10 milioni stimati della capitale indonesiana è minacciata dall’acqua del fiume, inquinata da acque di rifiuto domestiche ed industriali. Più di 50 mila persone muoiono ogni anno in Indonesia per la scarsa igiene e la mancanza di servizi igienici secondo uno studio del 2008 della Banca Mondiale, nel quale si stima che almeno 6 milioni di tonnellate di rifiuti sono rilasciati nei corpi idrici del paese senza trattamento.
Sfortunatamente Giacarta non è da sola. Mentre le città si sono ingrandite fino ad un livello per cui non sono più gestibili nel terzo mondo, al contempo il problema è anche influenzato dai cambiamenti climatici che gli studiosi del clima credono abbiano accresciuto gli eventi avversi. In un altro studio della Banca Mondiale, Città e alluvioni, si afferma che nei soli diciotto mesi passati vari alluvioni distruttivi hanno colpito Pakistan Australia, South Africa, Sri Lanka, Filippine, Brasile, Bangkok, il fiume Mississipi negli USA ed altre aree. Secondo il rapporto 178 milioni di persone sono state colpite da alluvioni nel solo 2010.
Giacarta con la sua crescita è diventato un esempio da manuale che spiega quello che succede quando l’urbanizzazione incontra il rischio di alluvioni. La popolazione della città ha continuato a salire inesorabilmente con l’immigrazione di milioni dei suoi 237 milioni di abitanti che cercano un miglioramento della condizione economica. In quello si trova al passo col resto del mondo. Nel 2008 per la prima volta nella storia umana, metà della popolazione vive nelle città, due teri dei quali vive in nazioni a basso o medio reddito. La popolazione urbana mondiale è stimata crescere del 60 % nel 2030 e 70% nel 2050 fino ad un totale di 6,2 miliardi o il doppio della popolazione rurale prevista per il tempo secondo uno studio della Banca Mondiale.
Giacarta ha lo stesso problema con le alluvioni come dovunque, a parte Manila dove i tifoni dei due anni scorsi hanno buttato massicce quantità di acqua sulle aree basse paralizzando i servizi amministrativi della città costringendo a sentire i disagi dell’alluvione per settimane, oppure Bangkok dove gli abitanti hanno sempre problemi con l’acqua.
Al pari delle città costiere, Giacarta fu costruita su una piana alluvionale poiché quando la città fu fondata l’acqua era il principale mezzo di trasporto. La città è attraversata da 13 fiumi che per la mancanza di dragaggi, cominciati su tre fiumi, si vanno intasando. Quasi il 40% della città si trova sotto il livello del mare, e continua a sprofondare per la subsidenza per la continua estrazione dell’acqua di falda a scopi urbani. Il cemento ha rimpiazzato gli spazi verdi rendendo impossibile la capacità dell’acqua piovana di penetrare il suolo.
Il dragaggio dei fiumi è solo uno dei problemi. In un paese contrassegnato dal grande numero di amministrazioni provinciali e giurisdizioni intrecciate in Giacarta come in tutto il paese, le misure di mitigazione devono cominciare vicino alle sorgenti dei fiumi, piuttosto che nelle aree basse dove le acque dell’alluvione sono più difficili da controllare.
Il vice ministro dell’Ambiente Indonesiano Hendri Bastaman ha detto all’IRIN, il servizio di informazioni dell’ONU, che l’inquinamento dei fiumi a Giava occidentale sta peggiorando specie il Ciliwung e il Citaruma. “La maggioranza dei reflui viene dalle famiglie che usa i fiumi come servizi igienici personali. Abbiamo trovato anche mercurio che sospettiamo proviene dalle industrie o da quelle piccole attività estrattive vicine ai fiumi.”
Il coordinatore di Kruha, una coalizione di ONG dedicate all’accesso all’acqua potabile a Giacarta ha detto all’IRIN che nessun fiume della capitale può essere considerato salubre per uso umano. “Anche chi fornisce acqua a Giacarta non usa l’acqua di qui poiché è altamente inquinata. Invece usano l’acqua dal fiume Citarum che è anche fortemente inquinato. Anche dopo i trattamenti è ancora insalubre per bere.” Il Citarum scorre a Nord di Bandung per circa 300 chilometri fino al Mare di Giava.
Le alternative di acqua potabile per le comunità povere sono sempre meno e lontane, dice Sahib. “Molti usano acqua di falda, ma a causa della cattiva fogna e della defecazione all’aperto, il 90% dell’acqua di Giacarta è contaminata dal battere dell’escherichia coli che ha causato molte morti di bambini e che rappresenta la principale minaccia di questi fiumi.”
Il portavoce dell’UNICEF indonesiana, Edward Carwardine, ha riferito all’IRIN che a Giava Occidentale l’uso dell’acqua trattata, ottenuta dai rubinetti, pozzi coperti e sorgenti, è molto meno della media nazionale con solo metà della popolazione che ne è servita. “Quando le famiglie non hanno accesso a fonti di acqua trattata le malattie sono molto più probabili. Un quarto delle morti dei bambini sotto i cinque anni in Indonesia sono causate da malattie diarroiche.”
L’OMS stima che a livello nazionale ogni anno muoiono 20 mila bambini attorno ai cinque anni per diarrea. La febbre di Dengue e la malaria, diffuse da zanzare che crescono in acque stagnanti, sono responsabili per un ulteriore 3% di morti complessive di bambini, secondo Carwardine, che aggiunge sarebbe necessaria più attenzione a porre termine alla vasta pratica di defecare all’aperto.
Il ministro dell’ambiente Bastaman ha detto che il governo sta usando campagne di educazione per far comprendere i pericoli di un’acqua non potabile e per porre fine alla defecazione nei fiumi. “Per il Ciliwung abbiamo un piano di dieci anni per riportare in salute il fiume. Ma per il Citarum è impossibile restituirlo allo stato precedente. L’inquinamento è semplicemente troppo.”
INDONESIA: Un fiume malato di Giacarta e i piani di recupero
Il fiume malato di Giacarta è il Citarum e ci sono piani i recupero in atto.
Il fiume Citarum è uno delle vie d’acqua più strategiche dell’Indonesia, sostenendo le necessità di acqua di milioni di persone nella capitale Giakarta.
Ma il suo cattivo uso e il crescente inquinamento industriale degli ultimi venti anni ha profondamente danneggiato il fiume.
Mentre procede con varie anse tra le colline prima di Giacarta, raccoglie i sedimenti di erosione e reflui di caseggiati e industrie. Comuni sono anche gli alluvioni che minacciano costantemente la vita e la salute delle gente che vive sulle sue rive.
Qui a Cangkuang, uno dei cinquanta villaggi che popolano la riva superiore del Citarum, Bousana, una donna, indica una linea formatasi sui mattoni esterni di casa sua. E’ più alta della sua testa e mostra il livello raggiunto dall’acqua del fiume quando si innalza e allaga tutto.
«Se piove tutto il giorno l’acqua sale fino a quella linea, come è accaduto due mesi fa. Accade anche quando si verificò uno smottamento di terreno. La casa fu distrutta e me ne dovetti andare. Due furono i vicinati ed ora non so dove potermene andare se dovesse accadere di nuovo.»
Le case qui si trovano anche a meno di dieci metri dalla riva del fiume.
E c’è anche un altro problema solito. La deforestazione delle aree a monte ha portato ad una erosione di sedimenti che si accumulano nel fiume, facendo crescere nel tempo il fondale del fiume, e non ci vuole poi molto perché cresca il livello del fiume stesso fino a superare gli argini.
Su queste rive lungo il Citarum vive anche Sunardhi Yogantara che fa parte dell’associazione Cittadini Coscienti per l’Ambiente.
«Il colore è brunastro perché trasporta con se molto fango. Vuol dire che c’ sta un grande problema di erosione a monte del fiume.»
Secondo Asian Development Bank sul fiume vivono 28 milioni di persone con una popolazione in crescita che si muove lungo le rive del fiume, distruggendo terre coperte a foreste e causando di conseguenza i problemi di erosione.
«Quando la gente ha bisogno di spazio per coltivare e poter sopravvivere, non avendo altro spazio, non c’è altro modo se non penetrare in queste aree di foresta. Quindi per poter iniziare una coltivazione hanno bisogno di buona merce e così tagliano gli alberi per avere quindi abbastanza insolazione per le loro produzioni.»
Ma sedimenti e alluvioni non sono i soli problemi sulle rive superiori del fiume.
Industrie tessili ed elettroniche, come pure le alimentari, si affacciano sulle sue rive, come pure una grossa centrale a carbone. I canali pieni di acque melmose proveniente dalla città di Bandung giungono anche sul CItarum, mentre rifiuti di plastica si allineano sulle sue rive.
Il vicino di Bousana, segretario del consiglio del villaggio, scuote il capo dicendo che un tempo non era così.
«Le acque del Citarum un tempo erano molto pulite. Se buttavi una moneta la potevi vedere toccare il fondo. Ora non più»
Oltre a servire la gente, questo fiume sostiene il venti per cento della produzione indonesiana.
Liquami domestici e rifiuti delle case si mescolano con reflui industriali.
Sulla rive della parte superiore lavorano 1500 industrie ed appena il 20% di queste hanno sistemi di depurazione dei reflui.
Secondo Luisa Boer, direttrice dell’ente di protezione ambientale a Giava Occidentale, benché i rifiuti domestici siano quantitativamente maggiore, i peggiori danni li fanno quelli industriali.
«Sono più tossici in quanto ci sono metalli ed altre sostanze. Piombo e rame dei reflui non si possono decomporre come invece è possibile per i reflui domestici.»
E questi reflui industriali sono una micaccia per le attività agricole e di pesca lungo il fiume.
«Le industrie riducono la produttività delle aree agricole loro intorno con raccolti più magri. Allo stesso modo viene influenzata la pesca. Meno ossigeno nelle acque, vuol dire minore produttività in termini di pescato.»
Bekasi, pomeriggio tardi, una cittadina sulle rive a valle del Citarum.
Un uomo si bagna nel fiume mentre parla ad una donna che sta facendo il bucato. Dall’altra parte del fiume, un pescatore ha posto la rete nel fiume.
«Molta gente che vive qui pesca nel Citarum ma a causa delle povere condizioni può solo prendere del pesce che non riescono a vendere.» dice Ridwan Arifin di El-Kail, una NGO che lavora nella zona sui temi ambientali. Dice anche che l’inquinamento colpisce anche la qualità del riso, spingendoli a scoraggiare la gente dal piantarlo lungo le rive del fiume.
«Ho paura a piantare della verdura qui, ma serve soltanto ai miei bisogni, non ne ho abbastanza per venderla. E poi tutti lo fanno. hanno proibito la coltivazione lungo il fiume ma nessuno viene mai a fare ispezioni.
Negli anni recenti molti piani hanno puntato a ripulire il Citarum. Alcuni progetti miravano ad eliminare qualche ansa e permettere un flusso più alto delle acque, oltre a vari progetti a monte per alleviare l’impatto degli allagamenti. Ma tutti sono d’accordo nel fatto che sia necessario un approccio integrato su tutto il fiume per poter avere un miglioramento reale.
Non è una cosa da poco ripulire il fiume, ma finalmente dopo anni di discussione e programmi che hanno lavorato solo su porzioni del fiume, il governo propone un approccio nuovo integrato in cui, secondo il direttore governativo dell’Ufficio del Fiume Citarum, Mudjiaji, saranno molte le attività che partiranno contemporaneamente
«Un programma sulla protezione, uno sull’utilizzazione, uno come affrontare i disastri, uno sull’ambiente, e poi l’allocazione della risorsa acqua e anche la sua protezione. Dobbiamo anche sviluppare dati ed informazione. E’ un programma molto vasto. La spesa totale per ripulire il fiume si aggira sui 3,3 miliardi di dollari »
Il governo ha già sottoscritto un prestito di 500 milioni di dollari con l’Asian Development Bank per il finanziamento del piano.
L’attivista Sunardhi Yogantara è positivo ma mostra cautela.
«Ho criticato il piano 3 anni fa. Poi sono stato coinvolto nel miglioramento del piano stesso fino al piano attuale che è molto integrato. E ho molte speranze, considerato che faccio parte di una comunità che ci vive sul fiume. Vivo a 50 metri dal fiume e se presenta cattivi odori lo sento. Un mio vicino svenne durante una stagione secca per il cattivo odore che il fiume emanava.»
Ma altri attivisti hanno attaccato il piano. Qualcuno si chiede il perché di questa larga somma in un solo colpo quando il piano deve durare per 15 anni.
«Un grande problema è il debito. Anche se non abbiamo bisogno di prestiti per alcune cose chiediamo soldi in prestito. Perché? Perché non chiedere prestiti a secondo della necessità e solo sulla base della reale necessità? . Crea solo una scappatoia per la corruzione, complicazioni che i programmi per il fiume non richiedono» sostiene Ridwan Arifin.
Altri sostengono come nel programma non ci sono misure contro la corruzione, una distrazione grossa per una nazione nota per il livello di corruzione e concussione. Ci sono poi il problema della ricollocazione delle comunità e dei piani di compensazione in quanto moltissimi vivono lungo il fiume in modo illegale. Per esempio a Bekasi, nella parte inferiore del fiume, non esistono piani per ricollocare la gente che ci vive.
Secondo alcuni attivisti, la politica della Asian Develpment Bank non richiede che la compensazione debba basarsi solo sulla legalità dell’occupazione del suolo, mentre nel piano governativo è specificato che solo quelli che risiedono legalmente hanno diritto a ricompense per spostarsi.
Mudjiaji si domanda del perché anche gli illegali dovrebbero avere gli stessi diritti di quelli che hanno seguito la legge.
«Gli illegali non sono mica tutti poveri, come la maggioranza pensa. Hanno anche altre case. La Asian Bank sostiene che legali ed illegali dovrebbero avere uguale trattamento. Come mai? Così gli illegali diventano i presidenti. Poiché sono un illegale ho la stessa compensazione degli altri, i buoni cittadini.»
Inoltre Mudjiaji smorza i toni sulle preoccupazioni sulla mancanza dei meccanismi anticorruzione del piano. «Le condizioni sono cambiate in Indonesia, dove esiste un comitato anti corruzione. E sta migliorando sempre di più.»
La ripulitura del fiume inizierà sulla parte bassa, in un canale che entra poi a Jakarta, la cui acqua proviene per il 70% dal Citarum il cui stato di salute è diventato di grande interesse per tutti. Ed anche questo ha attirato la critica.
«L’area più sporca è nella parte a monte» sostiene Nadia Hadad, che lavora per una NGO che monitora il progetto, BIC. «Non capiamo perché il progetto è iniziato a valle invece di riabilitare, prima, le aree a monte e procedere verso la valle in seguito. Forse c’è qualche fattore politico in quanto connesso con Giacarta e fa gli interessi della città.»
Il governo, da parte sua, sostiene che la parte superiore ha avuto già dei programmi di intervento e che sarà oggetto di un nuovo piano integrato.
Quando si parla con la popolazione locale, pochi sembrano sapere del piano di ripulitura o delle controversie che lo circondano.
Quello che sanno è che il fiume è sporco, dà sempre meno pesce ma sempre più inondazioni di prima.
(tratto da due articoli di Elise Potaka, di Asia Calling.