La corsa alla ricerca di risorse e di energia ha messo in pericolo il futuro del grande Mekong, ma progetti sostenibili della transizione verde offrono una nuova speranza
Il fiume Mekong nasce nell’altopiano tibetano in Cina e finisce nel mare cinese meridionale dopo aver attraversato oltre 4000 chilometri delle campagne del Myanmar, Thailandia, Laos, Cambogia e Vietnam, ed è una fonte fondamentale per la pesca, per l’agricoltura e il trasporto per circa 65 milioni di persone.
Ma crescono i progetti infrastrutturali che servono a soddisfare la richiesta energetica delle crescenti società della regione. Le conseguenze di questi progetti infrastrutturali sono sentite a valle facendo una enorme pressione sugli ecosistemi fluviali e sul sostentamento delle persone.
La Cambogia inizia a lavorare ad un canale della discordia
La Cambogia ha annunciato giovedì che ad agosto inizierà i lavori del Canale Funan Techo, un progetto dal valore di 1,6 miliardi di euro che collegherà la Capitale Cambogiana Phnom Penh al mare, che ha attivato le preoccupazioni del Vietnam per l’impatto che avrà sulla culla del riso, Delta del Mekong, dove vivono 17,4 milioni di persone.
Chi difende l’ambiente è anche preoccupato di questo canale lungo 180 chilometri che potrà ridurre il flusso dell’acqua nel Mekong che è uno dei fiumi più diversi biologicamente.
La crisi climatica rafforza la questione mentre il ritardo della stagione delle piogge e le ondate di calore aumenta la siccità su queste terre fertili.
La catena globale alimentare sotto pressione
I cicli annuali del Mekong fatti di allagamenti e di siccite sostiene la fondamentale migrazione dei pesci e la biodiversità del fiume che è casa dell’industria della pesca di acqua dolce più grande al mondo che fornisce il 15% delle pesce pescato globalmente.
In certe regioni comunque la pesca è crollata di oltre 87% negli ultimi due decenni.
“E’ un problema molto sfaccettato” dice Coutney Weatherby del programma per SEA del Stimson Center, il cui scopo è trovare soluzioni pragmatiche a questioni transfrontaliere.
“Molte di queste vaste criticità, però, hanno radici nella massiccia corsa alla costruzione di dighe che ha preso piede nella regione negli ultimi decenni”.
Sfruttare la potenza dell’acqua che scorre per generare elettricità è una delle più antiche forme di energia rinnovabile. In particolare nel Sud-est asiatico, le dighe idroelettriche sono diventate una fonte affidabile e pulita di energia e di reddito.
“Si ha questo dilemma quando si considera l’energia idroelettrica come una fonte pulita e necessaria di energia. Allo stesso tempo ha degli impatti ambientali non carboniosi che possono essere profondi” dice Weatherby secondo cui i progetti di dighe idroelettriche cambiano il ritmo naturale del fiume.
Cambiano i livelli dell’acqua, si bloccano i passaggi della migrazione dei pesci e hanno un effetto sull’agricoltura che dipende dalla capacità del sistema fluviale di produrre sedimenti, nutrimenti e acqua attraverso il sistema.
Bilanciare le risorse del Mekong con la domanda energetica
Vista l’esistenza di alternative meno dirompenti esistenti, come l’energia solare ed eolica, alcuni esperti sostengono che anche le infrastrutture idroelettriche possono essere parte della soluzione.
Sono già in corso in Laos e Thailandia la costruzione di vasti parchi eolici e l’installazione di pannelli solari galleggianti sui bacini delle dighe del Mekong.
Questi progetti possono funzionare insieme all’energia idroelettrica, offrendo la possibilità di investimenti futuri per passare lentamente dalle dighe all’energia solare ed eolica.
Secondo Weatherby, l’idea di questi approcci alternativi alla progettazione energetica è di vederli “non come progetti singoli, ma piuttosto come un contributo più ampio al sistema energetico” per un futuro più pulito.
Soluzioni da transizione verde fondate sulla natura
Poiché nel Bacino del Mekong esistono ecosistemi differenti come le zone umide, le pianure alluvionali e le foreste, la Commissione del Fiume Mekong vede grande potenzialità nell’applicare soluzioni fondate sulla natura.
Invece di imbrigliare ancora di più il Mekong con altro cemento e barriere canalizzate, il fiume deve reclamare il proprio corso attraverso la conservazione delle sue risorse naturali.
Le mangrovie e le zone paludose per esempio possono agire da spugna per assorbire l’acqua e ridurre l’impatto delle onde sulle coste.
Il ripristino e la protezione di questi habitat naturali possono contribuire a mitigare le inondazioni, a migliorare la qualità dell’acqua e a potenziare la biodiversità”, ha dichiarato a DW il Segretariato del MRC.
La nuova Risoluzione 120 del Vietnam, dedicata a una transizione verde resiliente, dà speranza. Dimostra che c’è un crescente interesse a livello politico nell’identificare le soluzioni basate sulla natura come alternative fattibili alle infrastrutture più moderne.
L’ascolto della gente del posto
Mentre le persone che vivono lungo il fiume sono le più colpite dai progetti di sviluppo del Mekong, il MRC le considera anche tra le più esperte e le più determinanti nel promuovere soluzioni e approcci alternativi nella regione.
Un potente esempio di come le organizzazioni basate sulle comunità possano parlare a nome del Mekong e spingere le politiche a rispondere alle popolazioni locali è il Chiang Khong Conservation Group (CKCG), nel nord della Thailandia.
Nel 2020, dopo quasi 20 anni di attivismo, il gruppo è riuscito a impedire agli ingegneri cinesi di far esplodere le rapide del fiume lungo il confine tra Thailandia e Laos per consentire alle grandi navi cinesi di navigare più a valle.
È stata la prima volta che il governo thailandese ha bloccato un progetto transfrontaliero a causa del suo potenziale danno ambientale.
“Dobbiamo adottare una mentalità basata sulla conoscenza tradizionale. Questo porterà alla conservazione dell’energia, a una prospettiva di sistema e a una politica ecocentrica piuttosto che ad azioni estrattive e centrate sull’uomo”, ha dichiarato Noparat Lamun del CKCG a DW.
Insieme alla Mekong School affiliata, Lamun e il suo team attingono alle conoscenze locali e scambiano con i ricercatori. La loro comunità, in continua crescita, sta formando gli abitanti del luogo e i giovani ambientalisti su come proteggere al meglio le risorse idriche e stimolare l’impegno dei cittadini nel Mekong e oltre.
“Il fiume non è sano, ma nemmeno morto”, ha detto Weatherby.
“C’è tanta energia non solo nel settore privato, ma anche tra i giovani di questi Paesi che stanno spingendo per un cambiamento, e questo è entusiasmante e promettente”.
Enno Hinz, DW