Uscita dal carbone in Indonesia e gli oligarchi del Carbone

L’Indonesia che ha tenuto nel 2022 la presidenza del G20 ha colto l’occasione al summit di Bali di firmare un accordo da 20 miliardi di dollari, Just Energy Transition Partnership (JETP), che aiuterà la uscita dal carbone in Indonesia, la maggiore economia del Sud Est Asiatico, come fonte principale di energia.

Metà della somma sarà a carico dei paesi donatori che sono Canada, Danimarca, Francia, Germania, Italia, Giappone, Norvegia, USA, Regno Unito ed Unione Europea, mentre l’altra metà sarà sostenuta dalle istituzioni finanziarie internazionali.

uscita dal carbone in Indonesia

Mentre il prestito è un impegno lodevole da parte delle economie avanzate a spingere le controparti in via di sviluppo a fare una transizione verso fonti energetiche più verdi, le condizioni particolari del paese devono farci domandare se il paese può davvero soddisfare le promesse fatte sulle emissioni di carbonio in atmosfera.

Le cifre del primo trimestre 2022 indicano un aumento del 35% di esportazioni rispetto allo scorso anno, laddove il carbone è la merce principale d’esportazione del paese nella categoria del non petrolifero.

L’estrazione del carbone è un’industria in cui sono fortemente presenti molti politici e membri della elite economica indonesiana. L’iniziativa di giornalismo investigativo Project Multatuli ha emesso un rapporto a febbraio in cui spiegava la collusione dei padroni delle miniere di carbone con gli interessi politici del paese ed ha coniato il termine gli oligarchi del carbone. Il rapporto cita varie persone che fanno parte della elite economica o politica e talvolta entrambe che controllano l’industria del carbone indonesiana.

Nel 2020 le cinque maggiori imprese del carbone erano nelle mani di Aburizal Bakrie, politico del Golkar ed ex ministro, Fuganto Widjaja, dove i Widjajas sono una delle famiglie più ricche, Sandiaga Uno,ex candidato vicepresidenziale ed ora ministro del turismo, Edwin Soeryadjaya, riccone indonesiano, Garibaldi “Boy” Thohir (fratello di Erick Thohir), Erick Thohir (ministro delle aziende di stato ed alleato stretto del Presidente Joko Widodo), Agus Lasmono, un altro riccone, e Low Tuck Kwong, il più ricco degli indonesiani.

Il rapporto cita due nomi che hanno un significato politico ben maggiore: Luhut Binsar Pandjaitan, Ministro di coordinazione degli affari marittimi e degli investimenti che ha avuto un ruolo fondamentale nel portare in porto il prestito JETP, e Prabowo Subianto, ministro della difesa e aspirante presidente. Anche loro hanno investimenti notevoli nell’industria del carbone.

Questo potentato comandano nell’industria del carbone tradizionale e regolamentata ma sono tantissimi i minatori illegali del paese. I dati del ministero delle risorse dice che nel 2021 ci sono 2700 miniere di carbone illegale in tutto l’arcipelago.

Visti i prezzi crescenti del carbone a causa della guerra in Ucraina, saranno di certo spuntate altre miniere illegale. Se si considera la collusione delle autorità con queste miniere illegali, si può dire che il settore è in gran parte non regolato rendendo difficili gli sforzi ufficiali per uscire dal carbone.

Queste miniere illegali sono state accusate di causare vasti danni ambientali per le loro procedure differenti di estrazione.

Di per sé sono insignificanti gli sforzi del paese per uscita dal carbone in Indonesia, visto che il 50% della sua elettricità è generata da centrali a carbone. Dal 2019 il paese avrebbe dovuto porre un tetto alla produzione di carbone a 400 milioni di tonnellate annue ma poi vi ha rinunciato. Senza contare la produzione generata dalle miniere illegali, il paese sforerà 663 milioni di tonnellate nel 2023.

Poi c’è la questione del sostegno pubblico a lasciar perdere il carbone che non si avrà in un futuro vicino. Un’indagine del 2020 di YouGov ha trovato che il 21% degli indonesiani non crede nel riscaldamento globale, la più alta percentuale di persone al mondo a non credere nei cambiamenti climatici.

L’Indonesia, che è il secondo paese recipiente del JETP dopo il Sud Africa, è riuscito ad avere più del doppio dei fondi del Sud Africa. Mentre John Kerry, inviato USA sul clima, salutava entusiasta l’accordo definendolo pionieristico, è necessaria una dose di realismo.

Il prestito del JETP vuole che l’Indonesia diventi nazione libera da emissioni entro il 2050. Ma i legami incestuosi tra economia e interessi politici degli attori principali del settore del carbone, insieme ad una popolazione che non riuscirà a inchiodare il potere alle sue responsabilità quando si parla di cambiamenti climatici, deve servire da campanello di allarme.

I paesi e gli enti donatori farebbero bene a mettere condizioni più stringenti dentro l’accordo specialmente quando si parla di obiettivi e impegno dovuto. I 20 miliardi di dollari devono agire come un mezzo di trasformazione di cui beneficiano tutti gli indonesiani piuttosto che gonfiare le tasche dei cosiddetti oligarchi del carbone.

Johannes Nugroho Asiasentinel

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