Parlare di politica in Thailandia, analizzarla e farla significa saper dire l’indicibile senza rischiare di finire nella forca dell’articolo 112 di lesa maestà. Questo commento di Voranaj Vanijaka, apparso sul Bangkok Post, è un bellissimo esempio di questa capacità. Lo stallo politico attuale è solo una manifestazione di una guerra maggiore condotta per il controllo di immense ricchezze.
Comunque finisca la guerra non termina per ora, perché è il destino di quelle immense ricchezze ad essere in gioco.
La Vera Guerra di Thaksin, Voranaj Vanijaka, bangkokpost.com
Suthep Thaugsuban potrebbe abbandonare, ritornare a Surat Thani e diventare un agricoltore di caucciù. Potrebbe dire ai suoi sostenitori di andare a casa e far avvenire una elezione nazionale per il mese di giugno. Potrebbe esserci la pace già domani.
Ma non è realistico, vero? Sta vincendo e quindi non abbandonerà.
C’è comunque un altro scenario su come potrebbe concludersi questa crisi politica in considerazione di come si è evoluta la situazione. Si badi, parliamo di come finisce la battaglia attuale, non la guerra. Quella continuerà a infuriare perché il premio finale è ancora da conquistare. Non è certo la sedia di primo ministro e non si potrà avere per altri cinque anni almeno, se non più a lungo.
Ci sono voluti quasi sei mesi, ma Suthep è riuscito ad istigare la rimozione di Yingluck Shinawatra dal suo posto di primo ministro.
Questo è un passo importante verso la sua meta di “eradicare il regime di Thaksin Shinawatra”.
La rimozione non sarebbe stata possibile senza il sostegno di forze potenti e corpi dello stato rilevanti. Il risultato dovrebbe mandare un segnale forte a Thaksin e dargli una ragione per prendere una pausa. Date voi una definizione, ma la macchina politica di Thaksin, politicamente e giudiziariamente, è ferita e colpita.
La carta più visibile che Thaksin ha ancora in mano da giocare è la minaccia di legioni di Magliette Rosse che discenderebbero sulla capitale. Ma è una mossa fortemente rischiosa che ha il potenziale di un confronto fisico.
E’ probabile che Thaksin non voglia far scendere le magliette rosse nel gioco se le forze potenti dietro Suthep lo prendono per il collare e gli dicono che è accerchiato e qualunque mossa incontrerebbe la forza totale dei militari.
In aggiunta, gli alleati politici ed economici di Thaksin non vogliano rischiare la violenza totale. Devono proteggere i propri interessi fondamentali. Il mondo degli affari è soprattutto pragmatico tranne che quando si parla di avidità. Senza il loro sostegno Thaksin non correrebbe questo rischio e ciò potrebbe condurlo ad accettare la sconfitta in questa battaglia.
Thaksin o un rappresentante potrebbe fare una dichiarazione in cui si dice di sacrificarsi per il bene della nazione, mentre si menziona il RE almeno una decina di volte, per concludere con il ritiro del clan Shinawatra dalla politica thailandese, per ora.
In cambio potrebbe ricevere un premio di consolazione. Forse parte delle proprietà sotto sequestro potrebbero essergli restituite, cosa che dovrebbe essere fatta in modo nascosto per evitare lo scandalo pubblico. Questa battaglia potrebbe terminare ma la guerra non sarà terminata. Se questo conflitto fosse una partita a golf, sarebbe una di quelle partite molto lunghe. Una singola battaglia non è la guerra.
Thaksin ha ancora un giocatore fondamentale al cui paragone Tiger Wood è un giocattolo di plastica. Chiamateli alleati di convenienza, due persone col nemico in comune, o il benefattore ed il beneficiario, come vi piace di più. Questo giocatore può cambiare l’intero gioco, ma al momento non può ancora colpire la pallina da golf. Non sarebbe prudente.
Sebbene a causa di questo giocatore gli eventi nei prossimi tre o cinque anni possano vedere tuttavia il ritorno di Thaksin, persino un ritorno trionfale.
Una cosa da tenere a mente è che tutti siamo finiti. Senza Thaksin non ci sarebbe la macchina politica dei Shinawatra. Non esiste un erede decente che prenda il uso posto. Queto paragrafo suona vero per più di un uomo, una famiglia e una macchina politica.
In questa guerra è in gioco la più grande ricchezza e proprietà del regno, ed è una delle più grandi al mondo. A causa della geopolitica, la Thailandia gioca un ruolo fondamentale in una regione che ha il potenziale economico maggiore al mondo, l’anello del pacifico Orientale e il sudest asiatico. Controllare la Thailandia significa tenere un badile su questa potenziale miniera d’oro.
La gente per strada e su internet parla di lotta per il buon governo e contro la corruzione, per la democrazia contro la tirannia.
Chi gioca questo gioco sa che la lotta è per la stessa cosa per cui si combatte in ogni paese al mondo e in qualunque momento della storia umana: il controllo sul potere e la richezza.
Nel breve periodo Suthep e coloro che sono dietro di lui devono avere le forze armate fermament dalla propria parte. Nel lungo periodo devono immaginare come mettere da parte colui che fa sembrare Tiger Wood un giocattolo.
Allora si raggiungerebbe l’obiettivo finale di Suthep “di eradicare il regime di Thaksin”.
Per Thaksin deve impedire che accadano queste due cose. Nel breve è malconcio e ferito. Nel lungo periodo detiene ancora una briscola in mano.
E’ brutale, sinistro e puramente maligno. La politica nella sua forma più pura.