Il viaggio di Papa Francesco in Asia-Pacifico toccherà la regione delle Grandi Molucche, le tensioni e i tormenti di questo arcipelago.
Il ritorno di Papa Francesco in Asia-Pacifico dal 2 al 13 settembre lo porterà in quattro paesi nel giro di 12 giorni in un viaggio che è il più lungo da quando è asceso a Papa nel 2013.
Nel suo viaggio da 28mila chilometri visiterà il paese indonesiano con la popolazione musulmana più grande al mondo, Papua Nuova Guinea che è il paese più linguisticamente diverso, Timor Est il paese che ha la maggiore percentuale di cattolici e poi Singapore, il paese più diversificato dal punto di vista religioso.
In ogni paese Papa Francesco incontrerà le autorità locali, i capi religiosi, le popolazioni marginali, le comunità cattoliche e rappresentanti della società civile. L’indomito e anziano papa affronterà questioni legate allo sviluppo socioeconomico, alle relazioni tra religiose e all’integrazione regionale, ma soprattutto al ruolo del cattolicesimo nella regione dell’Asia Pacifico.
Molti comunque si chiedono perché, dopo le sue recenti visite in Mongolia (2023), Kazakhistan (2022) e Thailandia nel 2019, Francesco abbia deciso di ritornare in Asia procrastinando altri inviti compresa la visita attesa nella sua Argentina.
Perché il lontano Oriente è così importante per il Vaticano? Perché la Santa Sede ha deciso di mettere insieme questi quattro paesi in un viaggio solo? Ci sono particolari caratteristiche regionali su cui Francesco vuole toccare?
Una regione ma due dinamiche globali
Se si guarda ai luoghi esatti di ogni fermata papale e lo specifico ordine, sembra che Francesco girerà intorno ad un insieme di grandi isole, la regione delle Grandi Molucche, e forse toccherà le tensioni e i tormenti di questo arcipelago.
Come illustrato da tempo dalle isole delle spezie, la regione è molto ricca di minerali, di risorse agricole e marine oltre a tradizioni socio-culturali. La regioni delle Grandi Molucche è una delle regioni a maggiore biodiversità del pianeta. Per secoli l’arcipelago è stato un centro importante del commercio transnazionale. Furono queste isole ad attrarre gli imperi europei in Asia.
Per un gesuita come Papa Francesco, questa regione appartiene alle radici del suo ordine. Fu lì che nella metà del XVI secolo, Francesco Saverio, cofondatore dei gesuiti, evangelizzò la gente del posto con grandi risultati. Il famoso miracolo del granchio, secondo cui manteneva tra le sue chele lo stesso crocifisso che Francesco Saverio aveva gettato nel mare in tempesta per chiedere l’aiuto divino e che diventa il simbolo del santo, sarebbe avvenuto nelle Molucche.
Ora la regione delle Grandi Molucche è divisa tra Indonesia Orientale, Filippine Meridionali, Timor Est e Papa Nuova Guinea. Se da un lato è emarginata dagli Stati nazionali più potenti e dalle rotte commerciali, dall’altro è un campo di battaglia per l’estrazione delle risorse naturali. Come dimostrano in modo drammatico la povertà e le ricorrenti violenze in Papua Occidentale, non c’è accordo su chi abbia i diritti di estrarre e trarre profitto dalle risorse regionali.
Sulle isole di Ambon, Molucche, Flores e Papua le tensioni tra comunità cristiane e musulmane sono sempre onnipresenti. Si intersecano con le divisioni etniche e la predazione economica. L’Indonesia centrata su Giava, Australia, Regno Unito, Cina e Giappone si incrociano tutti in quello che offre la regione.
Ma i benefici dello sviluppo si devono ancora materializzare per le popolazioni indigene.
Nel cuore della regione delle Molucche, la Chiesa cattolica ebbe un ruolo fondamentale nell’aiutare Timor Est nella sua lotta per l’Indipendenza. Tra gli anni 80 e 90, il clero locale si eresse contro gli interessi australiani e indonesiani e permettere al popolo timorese di combattere l’occupazione militare indonesiana e conquistare l’indipendenza nazionale nel 2002.
Nella regione delle Grandi Molucche la maggioranza della popolazione è cristiana. E come mostrato dalla storia recente la Chiesa Cattolica non è un attore di secondo piano che non ha un suo peso politico. Quindi sarà molto analizzato quanto Papa Francesco farà.
Non sorprende che esponenti Indonesiani abbiano fatto pressioni a Dili e Port Moresby perché non appaia in pubblico la bandiera dell’indipendenza papuana durante la visita papale. Differenti forze sono in competizione per la visibilità internazionale e credito politico associato ad un papa.
Francesco andrà per prima a Giacarta e poi a Papua Nuova Guinea, dove oltre alla capitale Port Moresby, si spingerà fino a Vanimo, una piccola cittadina del settentrione di Papua al confine con l’Indonesia. Qui sarà difficile evitare la questione dolente del disordine sociale e del movimento indipendentista di Papua Occidentale.
Le tensioni che si agitano nelle Grandi Molucche, però, non sono solo regionali. Ci sono dinamiche sia regionali che globali che si sovrappongono in queste isole.
Come illustra troppo bene il recente accordo tra isole Salomone e Cina, l’intera regione è una linea di frontiera tra mondo occidentale e quello sinocentrico. Francesco nel visitare Papua Nuova Guinea, Timor Est e Singapore naviga tra due sfere di influenza globale.
La competizione geopolitica genera varie frizioni nella regione ed oltre. Ma come l’accordo tra Cina e Vaticano insieme ad altri esempi di cooperazione diplomatica diretta con la Cina, la Santa Sede ha impiegato vari sforzi sia a non prendere parte né a che interessi privati usino il cattolicesimo come un’arma per scopi politici.
Ciò include sforzi per controbilanciare narrazioni religiose e agende politiche dei media americani, compresi i media cattolici. Francesco resta fermo nel proteggere l’indipendenza della chiesa e la sovranità della Santa Sede. Il cattolicesimo non deve essere usato da alcuni per rafforzare la propria egemonia economica e politica. Questa visione globale infonderà tutto il viaggio di Papa Francesco in Asia Pacifico.
Tuttavia, nonostante l’importanza di queste dinamiche regionali e globali, tutte le politiche rimangono radicate a livello locale. I quattro Paesi che Papa Francesco visiterà hanno certamente le loro dinamiche e sfide interne. Pertanto, ogni tappa sarà immersa in un contesto locale distinto con relativi messaggi pastorali.
Quattro paesi, quattro realtà nazionali
Come è solito, Francesco farà visite di cortesia ai capi di stato, alle autorità locali e capi religiosi di ogni paese. Parteciperà anche a eventi speciali per i giovani e presiederà una messa per i cattolici locali di ogni Paese. Temi come il cambiamento climatico, l’educazione e le relazioni interreligiose rimarranno come filo conduttore dell’intero viaggio.
In Indonesia l’evento chiave sarà il 5 settembre quando Francis parteciperà ad un visibilissimo incontro interreligioso nella moschea Istiqlal che è la più grande in Asia. Da anni il Vaticano costruisce un dialogo attivo con la guida islamica. Con le tensioni tra musulmani e cristiani e i conflitti in Medio Oriente, Africa e Asia, questo sforzo di dialogo interreligioso resta una priorità globale a cui è di aiuto questa fermata in Indonesia.
Tuttavia, fare della visita in Indonesia una dichiarazione globale sul dialogo musulmano-cristiano non è privo di rischi e contraddizioni. Se l’Indonesia ospita la più grande comunità musulmana del mondo, la sua costituzione protegge l’uguaglianza dei diritti delle sei religioni secondo il principio del Pancasila. L’Indonesia non è uno Stato islamico e in diverse province orientali i cristiani sono la maggioranza.
Visitando Giacarta soltanto e dando priorità al dialogo con l’Islam, saranno meno visibili i cattolici indonesiani e la loro ricca diversità. I cristiani poveri non potranno arrivare a Giacarta. Diversamente da Paolo Giovanni II nel 1989 che visitò cinque luoghi nell’arcipelago, la visita di Francesco sarà inquadrata da una angolazione giava-centrica.
A Papua Nuova Guinea le dinamiche saranno del tutto differenti. Nonostante la vasta diversità di gruppi indigeni del paese i Papuani sono in maggioranza cristiani e la maggioranza della popolazione per il 26% è cattolica. Questo vasto paese con una popolazione relativamente piccola si dibatte tra grandi questioni come il processo di costruzione della nazione e lo sviluppo economico stabile. Più dell’85% della gente vive in aree rurali in comunità consuetudinarie.
Poiché è membro del Commonwealth e della monarchia costituzionale, Papua nuova Guinea continua ad avere in Re Carlo III il suo capo di stato. Allo stesso tempo l’Australia è un suo potente ed influente vicino. Sarà l’aviazione reale australiana a fare i voli papali tra Port Moresby e Vanimo.
Durante l’incontro con i giovani nel Sir John Guise Stadium, a Port Moresby, e la visita pastorale nella parte settentrionale del Paese, Francesco dovrebbe sostenere uno sviluppo più integrale. Facendo eco al suo Laudato Si, promulgato nel 2015 per chiedere uno sviluppo economico sostenibile, ecologicamente responsabile e socialmente integrato, Francesco molto probabilmente incoraggerà gli sforzi per combattere l’estrazione predatoria delle risorse, la mancanza di opportunità educative e l’endemica corruzione.
Il successivo paese sarà Timor Est che è oltre il 97% cattolico. Dopo oltre vent’anni dall’indipendenza il paese si dibatte ancora con alti livelli di povertà e corruzione.
Sebbene il clero cattolico storicamente ha avuto un ruolo centrale nella resistenza contro l’esercito indonesiano, la sua capacità di sostenere lo sviluppo economico e le istituzioni pubbliche cominciano ad essere indagate.
Vittima del suo stesso successo, la Chiesa locale è diventata parte dell’establishment. La sua capacità di promuovere cambiamenti significativi diminuisce e lo scetticismo nei confronti dell’istituzione sta crescendo. Sebbene la pietà e la fede rimangano forti, molti credono che la libertà della terra debba essere seguita dalla libertà della popolazione. Il cattolicesimo deve dimostrare la sua rilevanza socioeconomica, altrimenti Timor Est potrebbe diventare il Québec dell’Asia, con la maggioranza dei credenti che abbandonano bruscamente la chiesa.
Inoltre Francesco incontrerà la questione spinosa del vescovo Belo che fu vescovo di Dili, eroe dell’indipendenza e premio Nobel, ma che però abusò sessualmente di molti giovani ragazzi, come ben documentato.
Invece di rimuovere il vescovo salesiano dalla chiesa, il Vaticano lo ha trasferito prima in Mozambico e poi in Portogallo, lasciandolo però ancora vescovo.
Tuttavia la controversia sul suo destino rivela le tensioni interne al Cattolicesimo globale. Mentre le voci globali chiedono azioni decisive a Papa Francesco per la prevenzione degli abusi sessuali, le voci locali sperano che le emergenze socio-economiche e politiche non siano dimenticate.
La storia del vescovo Belo e il recente scandalo pan asiatico dei missionari francesi del MEP illustra che un varie chiese asiatiche e il Vaticano stesso lotta per sanzionare efficacemente i religiosi devianti e trasformare le mentalità e le dichiarazioni di buona volontà sembrano sempre più insufficienti.
Dall’11 al 13 settembre Francesco si fermerà infine a Singapore, il paese più diverso religiosamente al mondo. Qui un evento chiave sarà l’incontro interreligioso che Francesco avrà con 500 giovani presso il Catholic Junior College. Il messaggio è che il dialogo tra religioni ha bisogno di istituzioni pubbliche per accrescere la profondità teologica e il sostegno sociale.
Sviluppando una forte rete di istituzioni educative in cui i cristiani sono spesso una minoranza tra gli studenti, la Chiesa cattolica sta investendo nelle società asiatiche. Nonostante una serie di pregiudizi anticristiani per i quali le scuole confessionali siano luoghi di proselitismo, le scuole cattoliche sono uno spazio distinto di incontro e impegno interreligioso. La visita papale metterà in evidenza che le religioni non coesistono semplicemente fianco a fianco, servendo esclusivamente i bisogni delle rispettive comunità. Attraverso le loro scuole, i cattolici asiatici vivono, imparano e crescono insieme ai non cattolici.
Con la stessa insistenza sull’istruzione, Francesco visiterà anche la prestigiosa Università Nazionale di Singapore per incontrare le autorità, la società civile e il corpo diplomatico. Come istituzione leader nella ricerca accademica, questa università ha recentemente istituito studi buddisti e studi sikh – e sta ora esplorando le opzioni per sviluppare studi cristiani.
Perché il viaggio di Papa Francesco in Asia-Pacifico?
Per tornare alla domanda cristiana del perché la Santa Sede dia priorità all’Asia, sembra che ci siano varie motivazioni a guidare il viaggio papale. Lo sviluppo integrale, la crisi ecologica, le tensioni regionali, il dialogo interreligioso e la crisi degli abusi sessuali sono tutti aspetti importanti da considerare.
Allo stesso tempo le comunicazioni del Vaticano insistono sulla dimensione pastorale dei viaggi in Asia. Il Papa vuole manifestare la propria vicinanza personale alla popolazione asiatico. Visitando questi luoghi lontani insieme ad oltre 60 giornalisti internazionali che scrivono sulle varie mete del viaggio, la Santa Sede rafforza un dialogo tra culture come anche l’unità e la comunione dentro il cattolicesimo globale.
I giornalisti dell’aereo papale aiuteranno il pubblico globale a comprendere le realtà dell’Asia-Pacifico. Con l’imminente visita papale, il mondo sentirà parlare di Indonesia, Papua Nuova Guinea, Timor Est e Singapore.
Tuttavia, questa ricerca di comprensione reciproca non è semplicemente una preoccupazione geopolitica di Roma. È una priorità teologica del cattolicesimo. Nella dottrina cattolica, l’unità ecclesiale è essenziale per manifestare la presenza distinta dell’unico Cristo. Poiché la distanza fisica tra le chiese può minacciare questa comunione, la Santa Sede mette in atto diversi sforzi, tra cui le visite papali.
La visita personale del Pontefice rafforza l’attaccamento dei cattolici locali alla sede di Roma e alla sua autorità vitale. Queste visite papali altamente visibili sono pensate per rafforzare l’unità e la coesione all’interno della Chiesa cattolica universale, un’istituzione di 1,3 miliardi di persone.
Il Vaticano deve anche competere con altre voci della Chiesa. Alcune entità reazionarie della Chiesa cattolica stanno alzando la voce contro la leadership di Papa Francesco. Inondano le reti cattoliche con narrazioni che sembrano pie in superficie, ma che minano l’attuale direzione di riforma del cattolicesimo mondiale.
Non molto tempo fa il papa argentino ha descritto una potente agenzia di notizie cattolica come il lavoro del diavolo. Molti credettero che Francesco si riferisse alla EWTN, una rete ben finanziata centrata negli USA con canali e devoti in Asia.
Costruendo l’unità e la comunione cattolica, i viaggi papali contribuiscono anche all’attuale traduzione geopolitica della Santa Sede. Nonostante la sua posizione geografica, il Vaticano non è solo uno Stato europeo. Da una prospettiva politico-religiosa, la sovranità della Santa Sede non può essere ridotta a pochi ettari situati a Roma. Ha un’ambizione universale. L’entità sovrana che sostiene l’azione del Papa manifesta un aspetto chiave della teologia cattolica, la presenza dominante di Cristo nella vita delle persone.
Tuttavia la sovranità attuale della Santa Sede è profondamente indebitata con la storia occidentale e le strutture legali europee. Per esprimere il suo significato globale con categorie universali, il Vaticano deve trovare i modi per contattare altre civiltà, sistemi politici e regioni socioeconomiche. La visita papale in Asia fa parte di questa traduzione contemporanea della Santa Sede.
L’Asia non sta solo diventando la regione più importante del XXI secolo. È un continente in cui diverse tradizioni religiose, culturali e politiche hanno dimostrato di essere veramente resistenti. Esse plasmano gli affari globali e si pongono come alternativa all’egemonia occidentale.
In questo contesto, la Santa Sede è attivamente impegnata con le nazioni, gli Stati e le tradizioni asiatiche, non solo per convertire i popoli asiatici, ma per trasformare se stessa. La strada per tradurre la sua sovranità e manifestare meglio la sua rilevanza universale passa per l’Asia. E questa è stata una priorità per Francesco fin dall’inizio del suo papato, nel 2013.
Michel Chambon, TheDiplomat