Mentre emerge con un una tempistica da precisione dalle stanze anteriori del monastero di Thanh Minh Zen, Thích Quảng Độ mi saluta con un cenno del capo e sorride, allungandosi in una stretta di mano, forte abbastanza da contraddire i suoi 83 anni.
«Grazie per essere venuto, ti trovi al momento giusto.» esclama il Supremo Patriarca della Chiesa Buddista Unificata Vietnamita (UBVC) e getta uno sguardo oltre le mie spalle verso la strada dietro di me. Col sorriso smorzato dalla tosse, mi fa strada all’interno, sull’area del tempio e sopra verso una piccola stanza di ricezione.
Il cancello del tempio si apre su una strada vivace tipica di Ho Chi Minh City, dove i venditori ambulanti offrono degli spuntini locali e i passanti si siedono nei caffè ventilati a sorseggiare i forti caffè ghiacciati vietnamiti. Qualcuno degli abitanti in qualche caffè non sta solo rilassandosi con una bevuta di mezza mattina, mentre osserva lo scorrere della frenetica città. Thich mi chiede: «Lo sai che ci sono dei poliziotti seduti dall’altra parte della strada? Sono sicuro che ti hanno visto entrare al tempio.»
Fuori, una delle città più vive di tutto il sudest asiatico vibra al baccano del traffico incessante, che corre attorno e sotto i nuovi simboli della crescita economica quali i parchi del software e della tecnologia informatica che segnano la periferia della città. Nelle ultime settimane, gli altoparlanti hanno lanciato messaggi di invito al voto per l’Assemblea Nazionale del 22 maggio, mentre dappertutto al suono si accompagnava l’arte visuale per le strade segnate dai poster che esaltavano le virtù del Partito Comunista Vietnamita. In queste elezioni concorrono 827 candidati, la stragrande maggioranza dei quali sono già quadri di partito e la candidatura di tutti, comunque, è stata già approvata in precedenza dalle autorità.
Thích Quảng Độ non ne ha visto molto di questo. Di fatto agli arresti domiciliari dal 1998 dice: «Posso recarmi una volta al mese dal dottore ma solo quello. La polizia mi segue per ogni passo della strada.»
Chiedere un sistema multipartitico in Vietnam può condurre a tanti anni di carcere, oppure agli arresti domiciliari a cui Thích Quảng Độ è stato sottoposto.
Qualche giorno prima i buddisti nel mondo hanno celebrato il Vesak, la nascita del Budda. Per l’organizzazione religiosa più grande del Vietnam, UBVC, comunque, le celebrazioni sono state limitate. Una direttiva del governo dice: «E’ strettamente proibito leggere ad alta voce il messaggio del Vesak di Thích Quảng Độ od ogni altro documento che contravviene alla legge»
Ad Ho CHi Minh City, la polizia ha permesso ai fedeli di radunarsi al tempio dove poliziotti in abiti civili si sono mescolati ai fedeli secondo quanto riferito da Thích Quảng Độ. «Non vogliono reprimere qui a Saigon, ci sono troppe persone intorno, turisti compresi, e non vogliono essere visti quando esercitano la mano pesante.» dice chiamando la città per il suo vecchio nome.
La realtà altrove non è così buona, aggiunge. Secondo i rapporti dell’UBVC che non possono essere verificati in modo indipendente, nel giorno del Vesak, la polizia ha isolato Giac Minh Pagoda a Danang e ha impedito a tutti i buddisti di avvicinarsi per entrare nell’edificio.
Secondo il rapporto del 2010 dell’ONU del Consiglio sulla Libertà Religiosa sul Vietnam,
«La polizia di sicurezza religiosa del governo vietnamita continuamente attacca e prova ad intimidire i seguaci del UBCV avvisandoli che sarebbero stati arrestati se avessero continuato a frequentare le pagode de UBCV, avrebbero perso il lavoro o i figli cacciati dalle scuole.»
«I buddisti sono le vittime principali della discriminazione religiosa e delle continue violazioni di diritti umani per oltre trentanni.» crede Thích Quảng Độ , sin dalla presa del potere del regime comunista nel 1975.
Comunque non sono solo loro le vittime, e sono abbastanza frequenti gli scontri tra le autorità vietnamite ed i vari gruppi religiosi, come ne l caso di un numero imprecisato di protestanti, abitanti delle montagne della Catena Centrale che giacciono in galera sin dal 2000 dopo le dimostrazioni contro le restrizioni.
Ci sono anche scontri intermittenti tra polizia e i cattolici ad Hanoi e nelle aree costiere centrali, in parte su dispute sulla proprietà ma che ledono il diritto al credo, mentre le minoranze etniche buddiste e protestanti hanno avuto sofferenze da parte dello stato con un numero non precisato di Hmong arrestati e altri fuggiaschi nella provincia di Dien Bien dopo le proteste degli inizi di maggio, guidate da quelli che il governo centrale definiva estremisti.
Chiude il nostro incontro su una meditazione di quelle ce le autorità comuniste provano chiaramente a scoraggiare: «Tutto quello che esiste è soggetto al cambiamento, e secondo la nostra dottrina, tutto è impermanente. Domani quando ti svegli il mondo può cambiare nel giro di una notte»