Abbiamo in precedenza introdotto il problema che si è affacciato ultimamente sul Mekong: la volontà laotiana di diventare un paese esportatore di energia elettrica verso i più potenti vicini , come Cina e Thailandia.
Il Laos vuole sfruttare la forza immane del fiume Mekong, non curandosi affatto degli impatti ambientali ed umani che le sue dighe avranno su una comunità di almeno sessanta milioni di abitanti, per la biologia e il futuro di tutto il bacino meridionale del basso Mekong.
Se sono certamente legittime le richieste di trovare un modello per uscire dalla povertà della sua popolazione, non sono altrettanto legittimi i modi per ottenere questo sviluppo, né tali modi in realtà sono in grado di garantire qualcosa.
Una volta messe sul lastrico sessanta milioni di persone, private di sostentamento e di lavoro che viene dal Mekong, che tipo di sviluppo si potrà assicurare loro?
Perché non guardare l’esperienza thailandese della diga su fiume Mun? Considerati i notevoli investimenti in gioco, Thailandesi e Cinesi, che ruolo ha la corruzione e l’affarismo in questa vicenda che da tutti gli esperti è stata bollata come il patto di Faust col diavolo? Segue qui un altro articolo apparso su IPS.ORG
LA DIGA CHE DIVIDE IL VIETNAM E IL LAOS
La prima di una serie di undici dighe, pianificate lungo il Mekong, il fiume più grande del Sudest Asiatico, potrebbe rompere un legame speciale tra due nazioni governate da regimi comunisti.
La preoccupazione dei critici vietnamiti è focalizzata su un progetto da 1260 megawatt di una centrale idroelettrica programmata dal loro vicino più povero, più piccolo e annidato nell’interno, il Laos. Il progetto è definito un disastro ambientale.
Il Laos, da parte sua, aspira ad essere la centrale energetica della regione, vendere energia ai suoi vicini per guadagnare abbastanza per sollevare dalla povertà un terzo della sua popolazione di quasi sei milioni di abitanti.
La diga che si trova in un posto idillico di montagna nella provincia settentrionale laotiana di Xayaburi sarà costruita da una compagnia thailandese, e sarà la Thailandia a comprare il 95% di questa energia per sostenere la sua economia in forte crescita.
I movimenti ambientalisti sostengono che questa diga, insieme alle altre dieci pianificate sul corso del Mekong di cui nove nel solo Laos, rappresentano un contratto faustiano.
La diga “ridurrà la disponibilità di acque superficiali e di sedimenti a valle nel Vietnam devastando l’industria della pesca.” si legge sui giornale vietnamita più diffuso ‘Tuoi Tre’ pubblicato a Saigon nel sud Vietnam.
Il Saigon Times da parte sua mette in luce che questa diga da 3,5 miliardi di dollari è una minaccia per il Delta del Mekong, “l’area più grande di produzione di riso e di allevamento di pesce”.
I rappresentanti del governo vietnamita hanno alzato la voce contro la diga alta 32 metri e larga 820. “Se è costruita danneggerà notevolmente la produzione agricola e l’ acqua-cultura vietnamita” sostiene il ministro alle risorse naturali e all’ambiente Nguyen Thai Lai in un recente incontro degli esperti del Delta del Mekong.
Tale criticismo va contro lo spirito del trattato di amicizia e cooperazione del 1977 che li lega in un “rapporto particolare”, ma “riflette le preoccupazioni e l’opinione del governo e della popolazione” come dice Nguy Thi Khan direttore del Centro per la conservazione e sviluppo delle risorse idriche, una ONG di Hanoi nel Vietnam del Nord che ha aggiunto: “Il progetto dovrebbe essere fermato. Si è rotto il silenzio vietnamita su questa diga”.
Da parte sua, il governo laotiano si sta attenendo strettamente al su piano. “Siamo certi che il progetto di energia idroelettrica di Xayaburi non avrà un significativo impatto sul fiume Mekong” hanno risposto da Vientiane (capitale del Laos) agli esperti del fiume Mekong. Gli esperti del Mekong della Cambogia, Laos Thailandia e Vietnam, le quattro nazioni che condividono le acque del tratto basso del fiume, si incontreranno a Marzo per approvare i progetti della diga di Xayaburi.
Il Laos si è appellato ai suoi vicini affinché non blocchino il progetto, in quanto il governo laotiano non vuole sollevare paletti e giungere al punto di essere costretto a chiedere l’approvazione dei progetti della diga direttamente ai ministri o ai primi ministri.
“Non ci sarà bisogno di estendere il periodo di tempo e nessun bisogno di portare questa questione a livello ministeriale” si scrive in una nota del governo laotiano agli esperti del Fiume Mekong.
Questa è diventata il primo maggior test di diplomazia ambientale per le quattro nazioni del basso Mekong che sono membri della Commissione del Fiume Mekong (MRC), un’agenzia intergovernativa con la sede a Vientiane nata con un accordo del 1995, che mira a gestire lo sviluppo del bacino del fiume con un consenso delle quattro nazioni. Qualunque piano di costruzione di diga deve essere analizzato dal punto di vista del suo impatto complessivo su tutte le nazioni con un meccanismo particolare, conosciuto come “procedura di notificazione precedente alla consultazione e all’accordo” (PNPCA).
“Questa è la prima volta che ci troviamo di fronte a questo processo di consultazione” dice il direttore esecutivo della Commissione Jeremy Bird a IPS. “Non hanno le nazioni diritto di veto, per fermare una diga da costruire in una nazione vicina, tuttavia le nazioni non possono procedere senza la consultazione.
Gli stati membri della Commissione devono soppesare il provvedimento secondo l’accordo che “una nazione non può agire irresponsabilmente per danneggiare il suo vicino” contro il “diritto a non essere d’accordo” di ogni membro” dice Rudi Veestraeten, inviato belga in Thailandia. Il Belgio insieme a varie nazioni europee e all’Australia e Canada è uno degli stati finanziatori della Commissione del Fiume Mekong.
Finora il fiume, lungo 4880 chilometri, è rimasto libero da dighe lungo il suo tratto che, dalle anse in Birmania attraverso le quattro nazioni che bagna, lo porta poi a sfociare nei Mari Cinesi del Sud, nel Vietnam del Sud.
Ma nella parte superiore, il flusso del fiume dalle sue sorgenti nel Tibet attraverso la Cina Meridonale è stato imbrigliato da quattro dighe nella provincia cinese dello Yunnan, parte del progetto di una cascata di otto grandi dighe del Gigante Asiatico. Gli esperti, gli ambientalisti e persino i governi del Basso Mekong sono allarmati.
L’impatto di queste dighe cinesi sulle nazioni a valle del fiume ha rafforzato le campagne condotte da una ONG TERRA (Verso un recupero ecologico e un’alleanza regionale), un gruppo di pressione con sede a Bangkok, che avvisa che le dighe del basso Mekong influenzeranno le vite di almeno 60 milioni di persone che dipendono dal fiume per gli alimenti e la sopravvivenza.
“Il Laos non è stato di aiuto alla causa del fiume poiché il governo si è rifiutato di rendere pubblico la valutazione di impatto ambientale che ha chiesto per la diga di Xayaburi. Sostiene che è un documento segreto” dice Premrudee Daoroung, direttore di TERRA.
Marwaan Macan-Markar, IPS