Violenza sessuale in Indonesia nell’era de #metoo

E’ passato tanto tempo da quando Rhesya, un’operatrice di una ONG indonesiana, fu molestata per la prima volta dal patrigno. Rhesya disse che accadde per la prima volta nella sua stanza quando aveva 7 anni. Da allora fu violentata ogni giorno per quasi un decennio.

Rhesya che ora ha 31 anni dice che ci volle un po’ di tempo per comprendere che quello che il patrigno le fece era una violenza sessuale. Capì cosa significasse consenso quando i suoi amici iniziarono ad uscire con qualcuno.

“Capii cosa significasse consenso vedendo le mie amiche e fa male davvero. Tanta gente diceva: ma tu non sei stata stuprata. Beh non c’è differenza. Ero molestata ogni singolo giorno. Ed accadde si da quando ero piccola che non c’è niente che potessi fare” ricorda.

Le continue violenze le lasciarono il trauma. Rhesya dice che gli anni della scuola superiore furono tra gli anni più difficili della sua vita. Si barricava nella sua stanza con un lucchetto tenendo persino un coltello sotto al cuscino. Quando finì la scuola superiore Rgesya lasciò la famiglia ed iniziò a lavorare.

Rhesya dice che a farle davvero male è il fatto che fu violentata a casa, ma la sua sofferenza non fu mai riconosciuta dalla famiglia: la madre rimase sposata al torturatore di Rhesya. Rhesya dice che raramente fa visita a casa sua.

“Mi mancano i fratelli e sorelle ma odio il loro padre e l’ho anche detto. Loro capiscono. Per ora sono grata di avere un marito che mi sostiene tantissimo.”

A febbraio la giovane Lidya Ayuningtyas fu dichiarata finalmente in salute dal suo psicologo dopo vari trattamento che sono durati quattro anni. La prima volta che vide uno psicologo fu nel 2014, un anno dopo che iniziò a frequentare colui che è ora l’ex-fidanzato che spesso la costringeva a fare sesso e la riempiva di attacchi verbali.

“Mi continuava a mentire ai miei genitori e restare nel suo appartamento. Ero obbligata a soddisfarlo. Mi diceva di fare cose che non volevo fare. Non avevo avuto rapporti sessuali con alcuna persona perché volevo farlo solo con mio marito. A lui non interessava” dice Lidya.

Lidya dice che la sua relazione era mantenuta segreta perché il suo ex fidanzato diceva di essere un pio musulmano, membro di una organizzazione studentesca musulmana dell’università. Ciò le rendeva difficile dire del suo problema di avere un fidanzato violento e autoritario.

“E’ davvero contraddittorio. Mi diceva di iniziare ad indossare un hijab. A volte non indossavo fazzoletti. Continuava a parlarmi di non dover lavorare dopo la laurea e che gli uomini dovevano portare il pane a casa. Se vedete il suo account su Instagram, cita sempre frasi del Profeta Maometto. Ma mi violentava” dice Lidya.

Negli anni le era spesso chiesto di fargli i compiti a casa. Scrisse per lui anche un trattato che gli permise una borsa di studio in Italia. Lidya non riuscì ad ottenere al suo primo tentativo una borsa di studio con lo stesso programma. Presto si separarono. Poi fu presa nello stesso programma di borsa di studio e si iscrisse ad una università a Londra.

Per un po’ di tempo non andò più dal suo psicologo, ma quando il suo ex fidanzato provò a contattarla nel 2017, Lidya ebbe un attacco di panico.

“Vomitai molte volte, il mio corpo non smetteva di tremare e tutto era oscuro. Avevo davvero tanta paura. Allora capii che c’era qualcosa che non andava per me, ed dovetti riprendere a vedere il mio psicologo” dice Lidya.

Uno studio della Commissione Nazionale sulla Violenza Contro le Donne, Komnas Perempuan, mostra un aumento del 27% delle violenze contro le donne in Indonesia nel 2017. Sono stati registrati 348446 casi di violenza di genere e il 71% di questi casi sono avvenuti in privato o in ambienti domestici, mentre i casi di violenza pubblica rappresentano il 26%.

Negli ambienti privati sono 5167 casi di violenza contro le mogli, 2227 contro giovani ragazze e 1873 casi di violenza contro partner di appuntamenti.

Mariana Amiruddin, della Komnas Perempuan, dice che l’aumento di casi significa che più vittime si fanno avanti e fanno una denuncia pubblica.

“ Komnas Perempuan considera il maggior numero di casi di violenza contro le donne come indicatori della volontà delle vittime di farsi avanti a denunciare quelo che è loro accaduto. Nel 2017 abbiamo registrato un maggior numero di violenze contro le giovani donne rispetto al 2016” dice Mariana che fa notare come 1799 erano i casi registrati nel 2016.

Sri Suari Wahyudi, portavoce per la polizia, ha detto a Jakarta Globe che hanno notato un numero crescente di casi di violenza domestica e sessuale. Le denunce vengono dalle grandi città ma ultimamente la polizia inizia a ricever denunce simili dai piccoli distretti.

Sull’onda del Movimento americano e di tutto il mondo #MeToo, le femministe in Indonesia hanno fatto campagna contro la violenza sessuale. Migliaia di donne si sono presentate il 3 marzo alla marcia delle donne in 13 città indonesiane, dimostrando un miglioramento significativo nella coscienza della violenza sessuale, mentre la prima marcia delle donne nel 2017 attirò solo 400 partecipanti a Giacarta.

“Lo scorso anno il presidente Jokowi dichiarò che la violenza sessuale è un crimine straordinario. Se davvero lo è, allora è tempo che il governo faccia passi concreti per assicurare che nessuna donna sia oggetto di violenza” ha detto la presidente di Komnas Perempuan Azriana Manalu in un discorso durante la marcia. Jokowi è il nomignolo come è conosciuto il presidente indonesiano Joko Widodo.

Mentre sempre più donne manifestano ed esercitano i loro diritti politici, le femministe insistono nel creare ambienti di aiuto con varie organizzazioni.

Wulan Danoekoesoemo che ha fondato Lentera Sintas Indonesia dice di aver creato il gruppo di sostegno a Giacarta per le vittime di violenza sessuale nel 2011 perché voleva usare le proprie conoscenze di psicologia clinica ed aiutare le vittime a guarire. Prima di Lentera Wulan lavorò come consulente con Yayasan Pulih, centro di recupero per le vittime dei disastri naturali e le bombe. Ha aderito a Doctors Without Borders ad Aceh per dare sostegno psicologico alle vittime dello tsunami. E’ qui che sentì di vari casi di violenza sessuale mai denunciati.

Lentera ha un gruppo mensile di sostegno chiuso per le vittime. Per i casi più gravi, offrono assistenza su base individuale con appuntamento. I volontari di Lentera fanno giri per le scuole per parlare con studenti delle scuole superiori e dire cosa è una relazione giusta. Nel 2016 andarono per 78 scuole di Giacarta raggiungendo 15 mila studenti.

“Siamo un’organizzazione su base volontaria perché non tutti di noi hanno uno studio di legge. Quello che facciamo a Lentera è qualcosa di fiducia. Sappiamo che non si può costringere la fiducia. Parlando sul piano statistico chi violenta nella maggior parte dei casi è qualcuno vicino alla vittima. La violazione della fiducia quindi è enorme.”

Wulan dice che uno dei maggiori problemi per le donne indonesiane, e dovunque, è una cultura che biasima le vittime.

“La maggior parte delle vittime che viene da noi aveva i propri dubbi sul presentarsi ad un gruppo di sostegno per la paura di ricevere lo stesso trattamento cattivo che hanno dalle persone a cui raccontano quello che accaduto loro” dice Wulan. “Se le vittime hanno paura che la gente li accusi, significa che siamo noi chi deve cambiare. Dobbiamo controllarci per non dubitare o fare giudizi su queste vittime”

Wulan dice che Lentera insegna attivamente cosa sia una mascolinità giusta ai giovani nelle scuole.

“Comprendiamo la pressione degli amici a fare scherzi sulle ragazze, persino a togliere i loro reggiseni. Allora chiediamo loro. Se i ragazzi sono ragazzi perché non potete essere gentiluomini? Chiedi alla tua ragazza quando le tieni la mano, prima che la stringi o la baci. Non devi andare con la forza perché quella è violenza”

Nell’esperienza di Wulan, una mancanza di educazione sessuale porta a non comprendere il consenso non solo nei giovani ma anche negli adulti.

violenza sessuale

“Sì significa sì, calmo significa no, indecisione significa no, scuotere la testa significa no. Ubriacatura significa no perché la persona è sotto l’influenza dell’alcol. E persino quando la persona dà il consenso e dice sì, devono poter cambiare idea. Possiamo tutti imparare dal caso di Aziz Ansari che era un caso di violenza sessuale di confine”

Come vittima ed ora facilitatrice di Lentera, Rhesya ripete il principio del gruppo, Comincia a Parlare, Mulai Bicara, come primo passo per guarire.

“La fase più difficile è superare il senso di colpa. Ero in quella fase quando mi accusavo per non aver detto a mia madre quello che il mio patrigno faceva. Piansi per una settimana. Compresi anche se ero piccola, avevo già paura di quello che accadeva a mia madre.”

Dhania Sarahtika, Jakarta Globe

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