Wamena Papua Occidentale: indagini sui disordini dei 33 morti

Human Rights Watch ha chiesto al governo indonesiano indagini indipendenti sui recenti disordini nella città di Wamena a Papua Occidentale che hanno causato la morte di 33 persone e di garantire l’accesso senza restrizioni all’Ufficio dei Diritti Umani dell’ONU nelle province dell’Irian Jaya.

“Sono morte almeno 33 persone durante i disordini di Wamena in circostanze per nulla chiare. C’è bisogno di una indagine indipendente per esaminare il ruolo delle forze di sicurezza e per perseguire chiunque abbia agito in modo errato” ha detto Brad Adams, direttore per l’Asia di HRW.

Delle 33 persone morte a Wamena ci sono 8 papuani di cui 2 bambini, e 25 indonesiani di varie province tra cui 3 bambini.

Si ricorderà come ad agosto ci furono intense manifestazioni papuane in almeno 30 città indonesiane dopo gli attacchi contro gli studenti papuani in un dormitorio a Surabaya del 17 agosto.

Nelle proteste che si trasformarono in manifestazioni per l’indipendenza papuana che costarono la vita ad almeno dieci persone tra cui un soldato a Deiyai e Jayapura.

In Jayapura migranti indonesiani delle Sulawesi meridionali istituirono posti di blocco ed attaccarono gente papuana. Il primo settembre un gruppo di migranti attaccò un dormitorio di studenti papuani a Jayapura uccidendo uno studente e ferendone altri due, accrescendo le tensioni razziali tra i due gruppi razziali.

Il 23 settembre studenti di Wamena radunati all’ufficio del governatore di Jayawijaya insieme ad una folla più grande diedero fuoco al palazzo. Nelle violenze successive molti negozi di indonesiani di altre isole furono dati alle fiamme che uccisero molti di chi rimase intrappolato negli incendi anche nel giorno successivo.

A Wamena fu interrotta la connessione internet tra il 23 e 29 settembre.

I disordini di agosto e la repressione militare a Nduga, dove furono uccisi 17 lavoratori delle costruzioni dell’autostrada a Papua a dicembre, hanno ingigantito il numero delle persone dislocate e che hanno cercato rifugio nelle giungle come presso le chiese o le postazioni di polizia, dopo i disordini ultimi di Wamena.

Almeno 2000 sarebbero i migranti delle province indonesiane che hanno optato per lasciare Papua con i mezzi offerti dall’aviazione militare indonesiana, mentre sarebbero 8000 le persone che hanno lasciato le case.

Nel frattempo la situazione volatile a Papua ha acceso gli animi degli estremisti musulmani del FDI, fronte di difesa islamico, forte nell’isola di Giava, che si è spinto ad invitare al Jihad contro i papuani in maggioranza cristiani.

Più volte HRW ha denunciato gli abusi commessi contro la popolazione papuana in termini di tortura e detenzione arbitraria, risultati del fatto che le forze della sicurezza non hanno momenti di verifica e controllo rendendo gli abusi contro la popolazione una norma a Papua e, di conseguenza, alimentando il risentimento tra i papuani.

Le forze di sicurezza devono esercitare molta attenzione nelle operazioni a Wamena e devono trattare la popolazione secondo gli standard internazionali. Sono necessarie indagini trasparenti e chiunque abbia commesso reati deve essere chiamato a rispondere.

Altro tema scottante è il fatto che i militari e la polizia non permettono ai giornalisti di operare indipendentemente e verificare in modo aperto le notizie che provengono da Papua, provincia dove i giornalisti dei media stranieri hanno estrema difficoltà ad entrare.

“La situazione a Wamena è tesa, tuttavia è difficile verificare le circostanze perché nessun giornalista può entrare in modo indipendente nell’area ed intervistare i testimoni” dice Brad Adams. “Persone indipendenti che monitorano la situazione in campo aiuterebbero a scoraggiare gli abusi delle forze di sicurezza come dei militanti a beneficio di tutti gli indonesiani”

Secondo un rapporto dei militari indonesiani sarebbero 16 mila le persone che sono fuggite da Wamena e dintorni mentre oltre 11 mila sono le persone che sono state evacuate dagli aerei militari indonesiani.

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