E’ scomparso il 4 giugno scorso a Phnom Penh Wanchalaerm Satsaksit, rifugiato politico thailandese, rapito da uomini armati che lo hanno caricato con la forza su una auto nera, mentre era al telefono a parlare con la sorella.
Mentre la polizia cambogiana non vuole riconoscere questo rapimento denunciato da Human Rights Watch e la polizia thailandese nega di averne a che fare, si sa che Wanchalearm Satsaksit ha detto alla sorella per telefono quando è stato bloccato: “Ah non riesco a respirare!” le stesse parole dell’afroamericano George Floyd prima di morire soffocato.
Wanchalearn apparteneva al movimento delle magliette rosse ed era fuggito all’indomani del golpe del 2014 insieme ad un centinaio di altri militanti, la maggioranza dei quali con l’accusa di lesa maestà. Ora aveva un mandato di cattura per la gestione di una pagina Facebook critica del governo thai ed era accusato di aver violato la legge di sicurezza informatica, oltre ad essere accusato di lesa maestà.
Scrive VOA Khmer:
“Abbiamo visitato un condominio a Chroy Changvar a Phnom Penh ed abbiamo parlato ai testimoni del rapimento. Almeno tre testimoni hanno riconosciuto Wanchalearm Satsaksit come la persona rapita… I testimoni hanno detto di aver visto il militante thai seduto al negozietto vicino al condominio dopo aver ordinato un piatto di polpette. Una macchina nera che un testimone ha detto essere una Toyota Highlander si è fermata vicino a Wanchalearm Satsaksit e sono scesi tre uomini in nero con armi nascoste.”
Secondo i testimoni, uno degli uomini non identificati ha colpito Wanchalearm Satsaksit al collo mentre lo trascinavano con la forza verso l’auto e secondo uno dei testimoni lo stavano strangolando. Aiutatemi per favore ha gridato il militante.
Tutte le autorità cambogiane non hanno voluto parlare di questo rapimento, negando di avere informazioni e negando qualsiasi commento. Alcuni hanno pure negato che sia del tutto avvenuto.
Il capo della polizia Chhay Kim Khoeun ha detto VOD di non avere informazioni del rapimento.
“Non esiste un caso del genere che sia accaduto, ma se qualcuno ha avuto informazioni allora chiedete a quella fonte di informazioni. Le autorità non ne sanno nulla”
Analoga versione è ribadita dal ministero degli affari esteri cambogiano che invita a rivolgersi al ministero degli interni che nega di avere informazioni.
“Se le autorità thai fanno una denuncia di rapimento di un proprio cittadino faremo un’indagine” ha detto il portavoce del ministro degli interni. “Se l’ambasciata thai non fa una denuncia di scomparsa di un proprio cittadini, cosa dovremmo fare?”
Brad Adams di HRW Asia ha detto:
“Il rapimento di un importante militante thai per le strade di Phnom Penh richiede una risposta immediata dalle autorità cambogiane. Il governo cambogiano deve agire immediatamente per rintracciare Wanchalearm ed assicurare la sua sicurezza”
HRW ha accusato la Cambogia e la Thailandia di collaborare nel “fare pressioni, arrestare in modo arbitrario e riportare i dissidenti esiliati con la forza in violazione della legge internazionale”
Analoga dichiarazione è stata fatta da Amnesty International:
“Le autorità cambogiane devono indagare il presunto rapimento di Wanchalaerm per stabilire dove si trovi. Le autorità thailandesi devono confermare se Wanchalaerm è stato arrestato su loro richiesta… Non sarebbe la prima volta che cittadini thai scompaiono dopo aver espresso le loro opinioni politiche. Wanchalaerm è molto attivo sui media sociali. La sua improvvisa scomparsa in un incidente violento è profondamente allarmante”
A febbraio 2018 la Thailandia arrestò e deportò Sam Sokha che aveva gettato una scarpa contro un manifesto gigante del premier cambogiano Hun Sen ed era stata poi processata in Cambogia.
A marzo del 2018, vari membri dell’opposizione cambogiana in esilio erano spiati e seguiti da veicoli delle forze armate cambogiane.
A dicembre 2018, fu deportato in Cambogia Rath Mony che aveva denunciato in un documentario di RT un presunto giro di pedofilia a Phnom Penh e che era fuggito per scappare agli arresti.
A Bangkok la polizia thailandese dice di non essere coinvolta nella scomparsa di Wanchalaerm a Phnom Penh, né di sapere chi ci sia dietro il rapimento del militante.
“Per quello che ne sappiamo, era ricercato per violazione della legge del crimine informatico dal 2018. Non sappiamo chi l’ha rapito” ha detto Krisana Pattanacharoen, un portavoce della polizia thailandese a Benarnews. “Rispetto a chi è fuggito all’estero, la polizia nazionale collabora con i paesi rispettivi per trovarli. Trattiamo ogni fuggiasco in modo eguale. Dipende da come gli altri paesi li trattano”.
Questa di Wanchalaerm Satsaksit non è solo la storia di una scomparsa forzata, come tante che sono nella storia della Thailandia e della regione, ma appartiene al nuovo filone dei tanti militanti thailandesi, di ispirazione repubblicana ed antimonarchica, che sono fuggiti all’estero per evitare di languire fino alla morte nelle patrie galere, finendo spesso scomparsi, oppure riempiti di cemento e buttati nel Mekong.
E’ accaduto a Itthipol Sukpaen nel 2016, a Wuthipong Kachathamakul nel luglio 2017 e Surachai Danwattananusorn visto per l’ultima volta nel 2018 e a due suoi compagni, Chatcharn Buppawan e Kraidej Luelert, che furono riempiti di cemento, imbavagliati, resi irriconoscibili e buttati nel Mekong. Il fiume forse ebbe pietà di loro e li fece riaffiorare.
Una militante in esilio in Europa, Suda Rangkupan, ha invitato l’agenzia ONU per i rifugiati, UNHCR ad agire con maggiore forza per aiutare i rifugiati a sfuggire dalla morsa militare Thailandese.
“UNHCR deve capire che la situazione thailandese è violenta e preoccupante. Molti non hanno passaporti. Non sono nella posizione di contattare l’agenzia … E’ una lotta lunga. Ognuno può decidere su cosa fare”.
Mentre sono state soffocate sul nascere a Bangkok le prime manifestazioni spontanee contro il rapimento di Wanchalearm, che sarebbe il nono militante ad essere stato scomparso ed ucciso, vanno citate le parole del portavoce della polizia thai, tra il rivelatore ed il sinistro:
“E’ a loro descrizione se vogliono arrendersi. E’ comunque meglio arrendersi e battersi in tribunale”