“Da oriente ad oriente”, una frase che descrive abbastanza bene la lotta dei figli dei militanti per l’indipendenza papuana, sia del TPNPB, esercito di liberazione nazionale di Papua Occidentale, sia dell’OPM, Organizzazione di Papua Libera, che hanno scelto di portare avanti la battaglia dei genitori
Per loro il desiderio di liberare Papua è sempre stata presente ed è la stessa cosa dei figli delle vittime delle violazioni dei diritti umani a Papua.
Demianus Magai Yogi, figlio di Tadeus Yogi, membro del TPNPB nella reggenza di Paniai, scelse di seguire le orme paterne nel prendere le armi. Ora è un combattente del TPNPB perché è stato testimone della violenza che la sua famiglia ha subito da parte della polizia e dei militari indonesiani del TNI.
“Mio padre Tadeus Magai Yogi, ha condotto il movimento di indipendenza papuana sin dagli anni 70 fino alla sua morte il 9 gennaio 2009” dice Demianus.
“E’ impossibile avere una vita al sicuro e pacifica per noi figli dei militanti del TPNPB” aggiunge dicendo di averlo accettato come conseguenza della lotta dei suoi genitori.
“Non possiamo separare le nostre vite dal terrore e dalle intimidazioni subite da Tadeus Yogi, sua moglie e i figli. Anche Tadeus morì avvelenato. Mia madre morì per le malattie, perché la polizia spesso le dava la caccia e lei era stanca e la salute peggiorava.”
Anche dopo la morte del padre, Demianus dice che lui, i fratelli e sorelle continuarono a vivere le intimidazioni, il terrore e ad essere un obiettivo delle forze di sicurezza. Sette della sua famiglia sono morti durante il lungo conflitto che avvenne a Paniai.
“Kristianus Yogi fu sparato dal Gruppo Cassowary a Ugapupa nel 1997. Paul Yogi morì nel 2002 nel quartier generale Eduda del TPNPB. Debora mori sempre lì nel 2005. Salmon fu sparato dalla polizia nel quartier generale di Eduda nel 2013. Leo fu ucciso a Nabire bel 2015 dal TNI. Antonius fu avvelenato dalla polizia attorno a Ugi di Paniai Orientale nel 2017. Yosina fu uccisa dalle forze di sicurezza a Pugo, Paniai” dice Demianus.
Demianus dice che chi uccise i suoi fratelli e sorelle non è stato mai messo sotto processo e punito, come tutti coloro che hanno commesso le violazioni di diritti umani a Papua.
“Non è solo con noi, quasi tutti i figli dell’ OPM ricevono questo trattamento. O sono torturati oppure uccisi”
Per Demianus il governo indonesiano ha continuano a mostrare un carattere coloniale e non ha mai applicato le leggi da loro stessi fatte.
“Non ci sarà mai giustizia per noi per tutte le sofferenze che abbiamo vissuto”
A differenza di Demianus, Jimy Hilsom Hiluka, figlio dell’ex detenuto politico Linus Hiluka, che fu ritenuto colpevole di aver partecipato ad un furto nel deposito di armi del comando di distretto di Jayawijaya a Wamena il 3 aprile 2003, ha scelto di non partecipare alla lotta armata e comunque non nega di aver sognato sempre una Papua libera.
Jimy aveva 16 anni quando fu testimone dell’arresto del padre da parte delle forze di sicurezza, e vide anche la morte del nono per mano della sicurezza.
“Vidi le forze di sicurezza arrestare mio padre e sparare mio nonno. Allora mio madre non si rifugiò nella foresta e fu arrestato a casa nostra a Muliama nella reggenza di Jayawijaya il 27 maggio 2003”
Dopo l’arresto di Linus Hiluka, Jimy e i suoi fratelli persero la figura paterna. Jimy era arrabbiato perché il governo li ignorò e non diede seguito ai loro diritti fondamentali da vittime del conflitto armato di Papua.
“Quando mio padre fu arrestato, mi sentii triste e arrabbiato verso il governo. Chi avrà cura di noi? Quale sarà il nostro futuro? Ma Dio è buono e possiamo finire gli studi”
Jimy dice che il governo avrebbe dovuto prestare attenzione ai figli dei prigionieri politici come alle vittime delle violazioni dei diritti umani e degli omicidi extragiudiziali delle forze di sicurezza.
Per Jimy il governo non vedeva i figli dei soldati del TPNPB come cittadini con diritti fondamentali da garantire e soddisfare. Il governo infatti non ha mai dato forme di riabilitazione, di risarcimento o di cura dei traumi ai figli dei soldati del TPNPB.
“Il governo si è preso le vite, tagliato la custodia dei genitori verso i figli. Anche se i genitori sono in carcere i diritti delle vittime devono essere garantiti. Se li omettono come vissuto da me e dai miei fratelli, se lo stato abbandona i figli delle vittime di violazioni di diritti umani si ritorcerà sull’Indonesia” dice Jimy Hiluka.
Secondo Jimy il governo indonesiano sembra vedere i figli dei militanti del TPNPB o i militanti dell’OPM come nemici.
“Ma da figlio di un ex-prigioniero politico e capo OPM, capisco che è la conseguenza che si deve accettare. Non ho altra opzione che seguire la mia vita”.
La direttrice dell’Alleanza Democratica per Papua, Latifah Anum Siregar, dice che il desiderio dell’indipendenza è sempre esistita tra i figli dei combattenti del TPNPB e dei militanti di OPM. I combattenti spesso portano con sé i figli nella guerriglia. D’altro canto la violenza e le violazioni dei diritti umani da parte delle forze di sicurezza continuano ad aversi.
A Papua il trauma del conflitto non è una storia tramandata da una generazione alla successiva, ma qualcosa che è direttamente vissuta dai Papuani indigeni stessi.
“Si comprende il conflitto non solo con le informazioni ma col loro diretto coinvolgimento negli incidenti. Hanno visto i genitori rispondere, le famiglie cadere vittime. Perciò interiorizzano il desiderio dell’indipendenza.” dice Siregar che aggiunge: “Ci sono ricordi dolorosi nelle loro menti che fanno sentire loro di dover continuare la lotta dei loro genitori. E’ ciò che è accaduto a Egianus Kogoya, Demianus Magai Yogi ed altri figli di persone del TPNPB o OPM”
Siregar dice che la stessa cosa è accaduta ai figli vittime di violazioni di diritti umani, i cui genitori sono stati uccisi da colpevoli che non sono mai stati portati davanti ai giudici.
I ricordi cattivi si sono radicati nella memoria collettiva.
“Tra i figli di chi è stata vittima c’è anche una interiorizzazione del trauma. La pratica dell’impunità è un flagello per i papuani. La sofferenza vissuta non è solo la loro, è una sofferenza collettiva, problema comune, particolarmente per lo stile di vita comunitario che vivono” sostiene Siregar.
“Quando dai uno sguardo alla storia amara della tua famiglia, non puoi fare altro che riprodurre i pensieri per un futuro migliore. Questi figli hanno visto cosa è accaduto ai genitori come un crimine da combattere insieme. Allora non riuscirono a combattere e rimasero ad osservare impotenti la strage della loro famiglia. Sono cresciuti nella rabbia, tristezza e delusione” racconta.
Il direttore esecutivo di Amnesty International Usman Hamid dice che fino ad ora non ci sono stati progressi significativi dei diritti umani nella situazione papuana. I casi irrisolti del passato hanno reso papuani più restii verso lo stato. Il conflitto armato a Papua si è diffuso ancor di più.
Inoltre le parti in conflitto, sia i militari del TNI che la polizia e lo stesso TPNPB ignorano allo stesso modo le norme della legge umanitaria che protegge i civili nei conflitti.
“In termini di legge umanitaria ci sono tante norme che sono state ignorate dal governo e gruppi armati. Le norme di questa legge non permettono alle parti in conflitto di attaccare obiettivi civili, civili, uffici del governo e case di civili. Ma accade. In guerra gli attacchi possono essere fatti contro militari e obiettivi militari ed in modo proporzionale. Generalmente non accade così”
Hamid dice che la legge umanitaria non si applica a Papua dove non esiste politica governativa che afferma di doverla applicare.
“Ci sono stati tanti casi in cui figure indipendentiste sono state arrestate e torturate. Attacchi e arresti secondo la legge umanitaria sono permesse contro obiettivi militari o parti in guerra” dice Hamid.
Secondo Hamid Usman un approccio di sicurezza non porterà alla fine del conflitto a Papua. Il governo deve usare metodi non violenti per prevenire la perdita di vite umani di tutte le parti, specie civili.
“L’impiego di truppe porta solo alla violenza che è negativa per tutte le parti”
Comunque il capo della polizia Papuana generale Mathius D Fakhiri afferma che il governo non vuole discriminare i figli dei membri del TPNPB e OPM perché sono di una nuova generazione differente dai loro genitori. Fakhiri dice che questi figli potrebbero essere uno stimolo per le loro famiglie ad abbandonare il movimento indipendentista papuano.
“Li vediamo come una comunità che dobbiamo servire. Si spera che possano diventare un modo per illuminare i genitori o le famiglie che pensano sempre di lasciare l’Indonesia” dice il generale.
“Non abbiamo mai pensato di ostracizzarli. Dobbiamo invece avvicinarci a loro che possano tirare fuori gli altri membri della famiglia dal loro credo di Papua libera e diventare buoni cittadini. Sono sicuro che ci sono persone che vogliono far parte della polizia. Possiamo essere uno stimolo per le loro famiglie ad allontanarsi dal movimento di indipendenza”
Fakhiri dice che la polizia porrà attenzione speciale verso di loro affinché non siano influenzate dalle idee separatiste. I figli di persone di quei movimenti sono già diventati un ponte di comunicazione tra forze di sicurezza e TPNPB.
“Finora abbiamo dato istruzione a meno di una decina di loro. Provengono dalle zone di montagna dove si sono avuti scontri tra le parti” ha detto il generale.
Comunque il sentimento anti-indonesiano e il desiderio di Papua libera restano vivi nella giovane generazione di indigeni papuani, e sono alimentati da una serie di violenze che continuano ad accadere a Papua.
In molti hanno detto più volte che gli sforzi del governo di affrontare il problema papuano non tocca le radici.
Questa volta il governo li ascolterà?
Hengky Yeimo, JUBI.CO.ID