Presidente della Corte Suprema filippina sotto accusa e la democrazia

Chiunque abbia una certa familiarità con i modi peculiari di operare della politica filippina riconoscerà una certa aria da circo che può prevalere sotto circostanze ordinarie.

Quando si trovano mescolate dinamiche di alto profilo, il risultato può diventare surreale. Questo è il caso che riguarda le accuse di corruzione a carico contro l’ex presidente Gloria Arroyo, accusata di aver distratto fondi statali e di brogli elettorali durante la campagna presidenziale nel 2004, di aver manipolato le elezioni del Congresso nel 2007 e di aver dato inizio ad una corruzione in stile Marcos durante la sua lunga presidenza durata 9 anni. Sono in molti a credere nelle Filippine che lei e suo marito fossero di fatto peggiori dei Marcos in quel campo.

Arroyo è giunta ad emulare la teatralità di Imelda Marcos cercando ripetutamente di provare a lasciare il paese con la scusa di cercare cure mediche (e presumibilmente per non tornare mai più), facendosi vedere costretta ad una sedia a rotelle e imbracata in un collare a causa di supposti grandi dolori alle spalle che non sono mai stati conosciuti prima, con una folla prevedibile di devoti e fotografi al seguito.

Dichiarò di poter avere adeguate cure mediche per le sue misteriose condizioni fuori del paese, anche se molti dei dottori filippini hanno studiato e lavorato all’estero, ed esiste almeno un ospedale privato in Manila che gareggia alla pari con il migliore in Asia.

Il presidente Aquino ha avuto ragione nell’impedirle di lasciare il paese e a non cedere alle pressioni di lasciare andare via il passato e di perdonarla, come lei fece col suo predecessore, l’ex presidente Estrada. Sarebbe stata la cosa peggiore che avrebbe potuto fare, e lo sapeva.

Troppo per la parte circense della storia, ed ora per il buon senso. Quello che sta accadendo nelle Filippine questa settimana mi ricorda che talvolta il governo riesce a fare la cosa giusta.

Lunedì, la Camera dei Rappresentanti Filippini ha votato per la richiesta di mettere sotto stato di accusa (impeachment) il presidente della Suprema Corte Corona per aver presumibilmente violato la costituzione e di aver tradito la fiducia pubblica in relazione al procedimento della ex presidente Arroyo, che alla fine del suo mandato nominò proprio Corona a presidente della Corte Suprema. Corona è di fatto il primo capo di alta corte ad essere stato messo sotto accusa dalla Camera.

Secondo la Costituzione Filippina, la Camera ha il potere esclusivo di dare inizio ai casi di messa sotto accusa contro il Presidente, il Vice Presidente, i membri della Corte Suprema e le Commissioni Costituzionali e l’Ombudsman.

La procedura di messa sotto accusa richiede almeno un terso delle firme dei deputati per essere portata avanti. Alla fine sono stati almeno 188 dei 284 membri della Camera (contro i 95 richiesti) a votare per mettere Corona sotto stato di accusa, rimettendo così formalmente il caso al Senato che lo dovrà valutare.

Questo caso è l’esempio appropriato per imparare dall’esperienza degli Stati Uniti, le cui pratiche e provvedimenti istituzionali furono trasportate nella Costituzione FIlippina quasi come copia carbone, e la cui giurisprudenza è di solito citata direttamente nel sistema giudiziario filippino.

Il giudice Samule Chase, nominato da George Washington, rimane il solo caso di giudice d’Alta Corte statunitense che ha subito un processo di messa sotto accusa, e il suo proscioglimento giocò un ruolo importante nel prevenire una politicizzazione aperta del processo.

Il nucleo delle accuse contro Chase erano che il suo estremo orientamento federalista lo avesse portato ad un trattamento non equo degli imputati e dei loro avvocati. In risposta alle accuse, Chase affermò che tutte le sue azione fossero state motivate dall’aderenza al precedente, al dovere giudiziario di far astenere gli avvocati dal fare impropri affermazioni di legge e considerazioni dell’efficienza giudiziaria.

Il Senato prosciolse Chase da tutte le accuse sostenendo il punto di vista per cui le basi della messa sotto accusa si dovrebbero basare su criminalità o abuso di ufficio piuttosto che partigianeria.

In modo ironico, Corona ha detto che chi ha creato le costituzioni filippina e americana «consideravano la messa sotto accusa uno strumento da ultima risorsa, una misura draconiana da esercitarsi solo quando non ci sono altre alternative possibili».

Ha scritto che si deve esercitare tantissima prudenza nel processo che non dovrebbe essere usato come una forma di contrattazione  o un’arma di forza politica. Sin dai tempi di Jefferson, tutti i presidenti e la maggioranza dei membri del congresso negli USA hanno evitato il procedimento di messa sotto accusa per la sua partigianeria e per le difficoltà, se si considera che il tempo e le risorse destinate per il processo legislativo sono invece dirottate sul procedimento di messa sotto accusa. L’economia filippina subì, durante il procedimento di messa sotto accusa del presidente Estrada nel 2001, un forte contraccolpo.

Gli otto capi di accusa contro Corona, che serviranno come articoli di accusa quando il processo inizierà, includono la violazione colpevole della Costituzione, corruzione e disonestà e tradimento della fiducia pubblica con la citazione specifica della sua «vicinanza non dovuta» alla Arroyo e l’affinità sospetta per aver preso posizione in casi importanti politicamente con la sua amministrazione.

Il portavoce della Corte, Marquez, ha confermato che Corona non si dimetterà e affronterà con coraggio il procedimento contro di lui che definisce «un assalto a tutti i diritti, poteri e privilegi dell’intero sistema giudiziario» I suoi sostenitori sostengono che la procedura è una forma di macchinazione politica avvalorata da un sentimento popolare percepito conto Corona e la Suprema Corte stessa che essi credono sia costretta a lasciare le sue funzioni costituzionali e i poteri al «capriccio e forza delle macchinazioni politiche».

Nelle scorse settimane il presidente Aquino criticò in modo chiaro la corte suprema in vari discorsi ed interviste per la sua parzialità che è culminata nell’emissione di un ordine di blocco temporaneo contro il provvedimento del Dipartimento di Giustizia che impediva alla Arroyo di lasciare la nazione.

Mentre questa strategia sembra essere molto pericolosa per Aquino, per mettere l’esecutivo ed ora anche il legislativo contro il giudiziario, i punti di vista di entrambi gli schieramenti sul problema hanno dei fondamenti. E’ solo ragionevole attendersi che la Corte Suprema si innalzi al di sopra della politica, della gratitudine personale e delle affinità, in ogni nazione, e prendere decisioni basandosi sulla costituzionalità, imparzialità e l’equità nell’interpretare le leggi e nel dirimere le controversie attraverso l’apprezzamento di un dato gruppo di fatti e di leggi applicabili, mentre si tengono in considerazione i loro rispettivi credi e filosofie legali.

Quando un giudice d’alta corte commette degli errori e non regge a tali aspettative, è responsabilità di chi al potere fare qualcosa. La messa sotto accusa è un processo legale che parte e dono di una democrazia in salute. Benchè sia vista dall’opposizione come un tentativo di destabilizzare la Corte, il processo di messa sotto accusa è ciononostante un rimedio legale e costituzionale che mira ad accertare la responsabilità delle possibili violazioni commesse dai giudici dell’Alta Corte.

Il procedimento della Camera deve essere esatto nell’affrontare le debolezze del caso. I sostenitori di Corona nel Congresso e nelle corti sostengono che Corona è preso ad esempio per le decisioni collegiali della Corte Suprema, e che alcune questioni sono state già affrontate dal Congresso e dall’Ufficio della Presidenza, quali la «nomina della mezzanotte» di Corona e la presunta manipolazione delle unità di governo locale.

Quando Aquino stesso ammette che Corona è l’ultimo ostacolo al suo programma di riforma, non ci sideve sorprendere di vedere il Senato, che ha il compito di processare e decidere sulla procedura di messa sotto accusa, assumere atteggiamenti partigiani durante il processo. Come giudici durante il procedimento, i senatori filippini dovrebbero ignorare le affiliazioni politiche e analizzare molto bene e votare sui meriti della causa che sarà presentata così da non essere visto come un altro scandalo politico che distoglie l’attenzione da altri problemi legislativi urgenti.

Si profila una strada difficile per il futuro del sistema giudiziario. In un periodo in cui sono necessarie prese di decisione collettive nelle Filippine, il paese guarda al ramo giudiziario e alla corte suprema come entità imparziali, capaci di decidere sugli argomenti legali più difficili e causa di divisioni politiche con esattezza e equità. Considerato il passato di Corona per la sua parzialità a favore della Arroyo, la fiducia è una grande questione.

I cittadini filippini si aspettano che i loro giudici dell’Alta Corte siano persone di provata fiducia, integrità, probità e indipendenza, anche se non è stato il caso di numerosi casi passati. La rarità della messa sotto accusa e la riluttanza dei legislatori ad utilizzare questo metodo costituzionale è una misura della gravità della situazione.

Non si invoca il processo per meri sospetti di cattivi comportamenti ed altre questioni meno serie, o persino di condivisione di diversi o poco popolari punti di vista, ma di atti criminali e sostanziali abusi di potere. Quindi la condanna deve accadere solo se è lampante. E’ compito del gruppo di accusa della Camera fornire la sostanza alle accuse contro Corona senza compromettere l’autorità e indipendenza della corte suprema come istituzione.

Il compito che i legislatori hanno davanti è della massima importanza. Hanno un’opportunità di dimostrare che sono capaci di innalzarsi al di sopra della puzzolente «situazione solita» tra la classe privilegiata, e di fare quello per cui sono stati eletti. La capacità di affermare (non restaurare) la fiducia pubblica nel processo legislativo dovrebbe essere vista come obiettivo irrinunciabile del legislatore. La paura che abbiamo è che, alla fine, politiche partigiane, interessi intrecciati e la solita vecchia avidità prevarranno sul senso comune e sul fare semplicemente la cosa giusta.

Se di fronte alla sostanziale prova del misfatto i legislatori non metteranno sotto accusa Corona, non sarà solo un altro giorno triste per le Filippine, ma si starà inviando un altro dei tanti prevedibili messaggi al resto del mondo: il paese non riesce a funzionare come una democrazia legittima, qualcosa che tante altre democrazie hanno provate a se stesse di poter fare da tanto tempo.

Edsel Tupaz e Daniel Wagner

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