Posto sulla pendenza del Monte Ranaka è una scena di una campagna pittoresca in una regione di chiara abbondanza agricola. Eppure il programma dell’ONU World Food Program posizione il distretto di Manggarai di Yohanes come “fortemente insicuro negli alimenti”.
Yohanes condivide la sua risaia con i suoi tre fratelli e il raccolto non è mai abbastanza per sostenere la sua famiglia durante tutto l’anno. Ha bisogno di comprare dell’altro riso o granturco dal vicino mercato a Ruteng. Ma il prezzo del caffè è crollato di recente per la grande offerta e il raccolto comunque si avrà tra qualche mese, lasciandogli così poche speranze di poter comprare gli alimenti al mercato. Yohanes non ha né l’istruzione né la manualità per trovare un lavoro al di là della campagna. La sua famiglia così è ridotta a mangiare una sola volta al giorno con una dieta di radici di cassava polverizzata mista a granturco. I suoi figli malnutriti hanno pochissime possibilità di andare avanti nella scuola locale del villaggio.
Per contrasto, a qualche centinaio di metri di distanza, Mariana e la sua famiglia hanno una certa sicurezza alimentare, non perché abbia un terreno più fertile ma perché suo figlio le invia rimesse regolari da BalikPapan nel Calimantano orientale, dove lavora per una compagnia di costruzioni. Solo così può comprarsi da mangiare al mercato di Ruteng.
La insicurezza alimentare in Indonesia è vissuta da individui come Yohanes e da famiglie che non hanno le possibilità di guadagnarsi abbastanza da vivere che permetterebbe loro di accedere agli alimenti altrimenti ottenibili.
Nel 1952 nei primissimi anni dell’indipendenza, il presidente Sukarno fece un discorso appassionato nel porre la prima pietra della nuova università di agraria del campus universitario di Bogor, usando questa opportunità per parlare della sicurezza alimentare, “una materia di vita o di morte per la nazione”. Paragonò lo spettro della scarsità di alimenti in Indonesia ad una pistola che è tenuta alla testa metaforica della nazione. La costante personificazione della nazione da parte di Sukarno significava che gli sembrava logico paragonare la sicurezza alimentare con l’autosufficienza su scala nazionale. “Perché continuare a parlare di libertà politica” chiedeva Sukarno in un discorso “se non abbiamo la libertà di gestire il nostro riso, e dobbiamo sempre supplicare l’aiuto a comprare il riso dalle nostre nazioni vicine.”
Qui Sukarno fissò il tono ideologico per il modo in cui il problema della sicurezza alimentare sarebbe stato incorniciato per i successivi 60 anni. Presentò il problema della sicurezza alimentare in un modo matematico: bilanciare la produzione nazionale di riso con la richiesta di calorie della popolazione. Era fondamentalmente necessario accrescere la produzione alimentare nazionale espandendo l’area a produzione di riso attraverso la conversione delle foreste, sosteneva, intensificando la produzione con nuove varietà di riso, sostenendo la manifattura domestica di fertilizzanti ed offrendo ai contadini consigli agronomici. Previde anche lo sviluppo agricolo di larga scala a secco, ad imitazione dei granai delle pianure nordamericane, come facile uscita. Per gli studiosi di sicurezza alimentare questo era un approccio che metteva l’accento sulla “ottenibilità” di alimenti.
L’incapacità di Sukarno a gestire il problema della sicurezza alimentare fu ironico a dirsi una delle cause del della sua caduta dal potere nel 1965. Lo spettro della carestia è sempre stata un problema politico persistente e talvolta volatile in Indonesia. Nei primi anni 60 la combinazione di siccite, della piaga dei topi a Giava, della distruzione dei raccolti per l’eruzione del vulcno Agung a Bali e la politica economica disastrosa portarono ad una penuria alimentare di larga scala per l’arcipelago. Un articolo del 1964 del Time Magazine dal titolo “Il riso ed i Ratti” descriveva la durissima situazione: “Quasi un milione di persone erano in uno stato di fame a Giava; tantissimi erano già morti di malnutrizione. I villaggi dei contadini si svuotavano con le riserve alimentari che scomparivano, mentre le famiglie si riversavano nelle già sovrappopolate città.” Infatti le ramificazioni dalla crisi del riso del 1964 e le rivolte relative si sentono ancora quando si stende la politica alimentare nell’Indonesia di oggi.
Il regime dell’Ordine Nuovo di Suharto fece della sicurezza alimentare una colonna portante della politica economica e sociale mettendo in pratica una parte della retorica di Sukarno. Pr il presidente Suharto l’autosufficienza alimentare del riso a livello nazionale rifletteva una prospettiva internazionale dominante sugli alimenti e la fame. Fu un punto di vista largamente ritenuto fino ai recenti anni 90. Rendeva prioritaria le spiegazioni centrali della produzione mirate a mantenere dei magazzini alimentari nazionali. In altre parole la sua politica poneva l’enfasi su una definizione stretta di “disponibilità alimentare”.
Negli anni 70 e 80, l’Indonesia raggiunse notevoli progressi sul piano della disponibilità di alimenti a livello nazionale. Il governo forniva aiuti al credito, per i fertilizzanti e irrigazione, restringeva le importazioni di riso e regolava i prezzi attraverso un programma di acquisti pubblici implementati dall’Agenzia Logistica nazionale (BULOG). Come risultato di queste politiche Suharto ricevette un premio dalla FAO durante un summit internazionale alimentare per aver trasformato con successo il paese da essere il maggiore importatore di riso ad essere autosufficiente. Questa conquista fu celebrata molto in Indonesia alimentando un forte senso di orgoglio nazionalista e instillando profondamente un credo nella popolazione di significato intrinsecamente culturale di una nazione capace di nutrirsi.
Forse la nazione ha avuto la sufficienza alimentare nel riso, ma cosa si può dire delle famiglie singole? La più larga nozione che l’insicurezza alimentare possa essere vissuta da una famiglia, o da individui come Yohanes, piuttosto che dalla nozione astratta di nazione, era totalmente assente dal discorso di Sukarno del 1952. E da allora era rimasto largamente assente dal discorso pubblico. Le famiglie rurali, sembra, entrano nell’equazione della sicurezza alimentare come ostacoli alla modernizzazione, o forse come unità di produzione, piuttosto che come individui che sperimentano potenzialmente l’insicurezza alimentare come una realtà di vita.
Come illustrato dall’economista vincitore del Nobel Amartya Sen nel suo studio che cambia il paradgma della fame del Bengala del 1943, la disponibilità di alimenti non impedisce la fame se le famiglie con insicurezza alimentare non posseggono le capacità necessarie per accedere a quel cibo. Secondo Sen, le capacità hanno a che fare con le libertà positive godute dagli individui nella loro funzione sociale derivata per esempio dalle loro perizie, dall’istruzione e dallo stato di salute buono che permettono agli individui di migliorare le loro condizioni di vita. Le idee di Sen stimolarono un cambio globale della politica di sicurezza alimentare dalla attenzione esclusiva alla disponibilità alimentare alle preoccupazioni sulla accessibilità agli alimenti, e di conseguenza alla terza dimensione della nutrizione alimentare. Non è che la disponibilità alimentare non sia importante, ma è un elemento criticamente importante ad un quadro più grande di sicurezza alimentare, e la chiara resilienza dell’Indonesia di fronte alla crisi alimentare del 2008 fu discutibilmente dovuta al rifornimento adeguato nazionale di riso. Comunque la disponibilità non è sufficiente ad assicurare la sicurezza alimentare dove se ne ha bisogno dentro la famiglia.
L’insicurezza alimentare non è distribuita uniformemente per l’arcipelago. Secondo il Food Security and Vulnerability Atlas (FSVA), prodotto nel 2010 dal World Food Programme e la National Food Security Agency, ci sono 30 distretti, su un totale 346 distretti totali, dove l’indice di sicurezza alimentare composito segna la priorità 1, vale a dire che vivono una cronica insicurezza alimentare. Di questi trenta distretti 16 si trovano nella provincia di Papua e Papua occidentale e sei nella provincia di Nusa Tenggara. Le ragioni di questa criticità stanno nelle mancate capacità di accedere agli alimenti della comunità e delle famiglie quando la produzione di sussistenza manca. Infatti è una triste ironia che la maggioranza delle famiglie con insicurezza alimentare in Indonesia sono famiglie che sono basate essenzialmente su economia di sussistenza come Flores Occidentale.
In modo simile la fame e la mancanza locale di alimenti che colpirono il distretto Yahukimo nelle alture papuane alla fine del 2009 non fu causata da una insufficienza alimentar di riso a livello nazionale. Fu poiché le famiglie, i cui orti di patata dolce di sussistenza furono colpiti da una malattia della pianta, mancavano delle possibilità di acquisto ed erano isolati dal commercio e dai canali sociali. Non poterono quindi accedere al riso disponibile a livello nazionale.
Di recente il governo indonesiano ha introdotto programmi come Riso Per I Poveri, RASKIN) che hanno provato ad affrontare in modo esplicito l’insicurezza alimentare a livello di famiglia. Il programma RASKIN fu introdotto nel 200 per sostituire i controlli del prezzo sotto il BULOG ed ha migliorato il diritto delle famiglie povere oggetto del progetto attraverso una razione di riso di grado intermedio (di circa venti chili al mese). Mentre ci sono stati i problemi relativi al programma senza dubbio ha fornito una salvaguardia ben accetta per tante famiglie povere. Per la maggior parte comunque il governo continua a rendere prioritaria in modo costoso l’autosufficienza alimentare a livello nazionale (riso, granturco, soia, zucchero e carne) nella sua attuale politica di sicurezza alimentare piuttosto che affrontare la sfida più grande di accresce l’accesso individuale delle famiglie agli alimenti.
Forse la conseguenza politica più audace di un approccio alla sicurezza alimentare orientato alla produzione in Indonesia è stata di stabilire a Papua la Merauke Integrated Food and Energy Estate (MIFEE). Secondo i difensori del governo MIFEE ha grandi sogni di accrescere la produzione di riso, granturco, zucchero, soia ed olio di palma. Sono sorte serie domande riguardo alle implicazioni ambientali e sociali del progetto soprattutto da alcuni che considerano il progetto come un accaparramento appena velato di risorse da parte degli investitori. E’ possibile che grandi aree di coltivazione di sagù, una fonte di alimenti importante per la popolazione indigena locale, saranno cambiati nel processo. E’ tristemente ironico che si invoca la retorica nazionale della sicurezza alimentare per giustificare azioni che peggioreranno i problemi di accesso agli alimenti per le comunità tradizionali che vivono in queste province criticamente insicure sul piano alimentare. La follia di un approccio simile illumina i pericoli del rendere prioritario la disponibilità di alimenti a livello nazionale mentre si ignora le condizioni che comandano sull’insicurezza alimentare a livello di famiglia.
Approcci di politica prescrittiva in modo specifico, come l’autosufficienza a tutti i costi oppure la liberalizzazione completa del mercato agricolo non risolveranno probabilmente l’enigma della sicurezza alimentare nell’arcipelago che potrebbe essere probabilmente raggiunta attraverso un vasto sviluppo rurale dove le strategie di sopravvivenza delle famiglie sono sostenute per migliorare l’accesso alle risorse e ai fattori di produzione attraverso l’approccio delle capacità.
Jeff Nielson, Inside Indonesia